FRANCESCO: LA MORTE METTE A NUDO LA NOSTRA VITA

foto Osservatore Romano

ROMA\ aise\ - “Carissimi fratelli e sorelle, buongiorno! Oggi vorrei mettere a confronto la speranza cristiana con la realtà della morte, una realtà che la nostra civiltà moderna tende sempre più a cancellare”. Così Papa Francesco ha introdotto nell’udienza generale di questa mattina a piazza San Pietro la sua meditazione sul tema “Beati i morti che muoiono nel Signore” proseguendo così il ciclo di catechesi sulla Speranza cristiana.
“Quando la morte arriva, per chi ci sta vicino o per noi stessi, ci troviamo impreparati, privi anche di un “alfabeto” adatto per abbozzare parole di senso intorno al suo mistero, che comunque rimane”, ha osservato il Papa. “Eppure i primi segni di civilizzazione umana sono transitati proprio attraverso questo enigma. Potremmo dire che l’uomo è nato con il culto dei morti. Altre civiltà, prima della nostra, - ha ricordato – hanno avuto il coraggio di guardarla in faccia. Era un avvenimento raccontato dai vecchi alle nuove generazioni, come una realtà ineludibile che obbligava l’uomo a vivere per qualcosa di assoluto. Recita il salmo 90: “Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio”. Contare i propri giorni – ha sottolineato Papa Francesco – fa sì che il cuore diventi saggio! Parole che ci riportano a un sano realismo, scacciando il delirio di onnipotenza. Cosa siamo noi? Siamo “quasi un nulla”, dice un altro salmo; i nostri giorni scorrono via veloci: vivessimo anche cent’anni, alla fine ci sembrerà che tutto sia stato un soffio. Tante volte io ho ascoltato anziani dire: “La vita mi è passata come un soffio…”. Così – ha osservato – la morte mette a nudo la nostra vita. Ci fa scoprire che i nostri atti di orgoglio, di ira e di odio erano vanità: pura vanità. Ci accorgiamo con rammarico di non aver amato abbastanza e di non aver cercato ciò che era essenziale. E, al contrario, vediamo quello che di veramente buono abbiamo seminato: gli affetti per i quali ci siamo sacrificati, e che ora ci tengono la mano”.
“Gesù ha illuminato il mistero della nostra morte”, ha sottolineato il Santo Padre. “Con il suo comportamento, ci autorizza a sentirci addolorati quando una persona cara se ne va. Lui si turbò “profondamente” davanti alla tomba dell’amico Lazzaro, e “scoppiò in pianto”. In questo suo atteggiamento, sentiamo Gesù molto vicino, nostro fratello. Lui pianse per il suo amico Lazzaro. E allora Gesù prega il Padre, sorgente della vita, e ordina a Lazzaro di uscire dal sepolcro. E così avviene. La speranza cristiana attinge da questo atteggiamento che Gesù assume contro la morte umana: se essa è presente nella creazione, essa è però uno sfregio che deturpa il disegno di amore di Dio, e il Salvatore vuole guarircene. Altrove i vangeli raccontano di un padre che ha la figlia molto malata, e si rivolge con fede a Gesù perché la salvi. E non c’è figura più commovente di quella di un padre o di una madre con un figlio malato. E subito Gesù si incammina con quell’uomo, che si chiamava Giairo. A un certo punto arriva qualcuno dalla casa di Giairo e gli dice che la bambina è morta, e non c’è più bisogno di disturbare il Maestro. Ma Gesù dice a Giairo: “Non temere, soltanto abbi fede!”. Gesù sa che quell’uomo è tentato di reagire con rabbia e disperazione, perché è morta la bambina, e gli raccomanda di custodire la piccola fiamma che è accesa nel suo cuore: la fede. “Non temere, soltanto abbi fede”. “Non avere paura, continua solo a tenere accesa quella fiamma!”. E poi, arrivati a casa, risveglierà la bambina dalla morte e la restituirà viva ai suoi cari”.
“Gesù ci mette su questo “crinale” della fede. A Marta che piange per la scomparsa del fratello Lazzaro oppone la luce di un dogma: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi tu questo?”. È quello che Gesù ripete ad ognuno di noi, ogni volta che la morte viene a strappare il tessuto della vita e degli affetti. Tutta la nostra esistenza si gioca qui, tra il versante della fede e il precipizio della paura. Dice Gesù: “Io non sono la morte, io sono la risurrezione e la vita, credi tu questo?, credi tu questo?”. Noi, che oggi siamo qui in Piazza, crediamo questo? Siamo tutti piccoli e indifesi davanti al mistero della morte. Però, - ha detto ancora Francesco – che grazia se in quel momento custodiamo nel cuore la fiammella della fede! Gesù ci prenderà per mano, come prese per mano la figlia di Giairo, e ripeterà ancora una volta: “Talità kum”, “Fanciulla, alzati!”. Lo dirà a noi, a ciascuno di noi: “Rialzati, risorgi!”. Io vi invito, adesso, a chiudere gli occhi e a pensare a quel momento: della nostra morte. Ognuno di noi pensi alla propria morte, e si immagini quel momento che avverrà, quando Gesù ci prenderà per mano e ci dirà: “Vieni, vieni con me, alzati”. Lì finirà la speranza e sarà la realtà, la realtà della vita. Pensate bene: Gesù stesso verrà da ognuno di noi e ci prenderà per mano, con la sua tenerezza, la sua mitezza, il suo amore. E ognuno ripeta nel suo cuore la parola di Gesù: “Alzati, vieni. Alzati, vieni. Alzati, risorgi!”. Questa è la nostra speranza davanti alla morte. Per chi crede, - ha concluso – è una porta che si spalanca completamente; per chi dubita è uno spiraglio di luce che filtra da un uscio che non si è chiuso proprio del tutto. Ma per tutti noi sarà una grazia, quando questa luce, dell’incontro con Gesù, ci illuminerà”. (aise)