PLENARIA CGIE/ MOBILITÀ E LAVORO: VERSO UNO STATUTO DEI FRONTALIERI

ROMA\ aise\ - Parte dai frontalieri la terza e ultima giornata di lavoro del Cgie, riunito in assemblea plenaria alla Farnesina. Da un ordine del giorno approvato nella plenaria dell’anno scorso è partito un lavoro che ha portato alla creazione di un tavolo interministeriale che ha elaborato la proposta di uno statuto dei frontalieri.
A spiegare il progetto ai colleghi è stato il consigliere Mirko Dolzadelli che in Consiglio generale rappresenta, appunto, i frontalieri, cioè i lavoratori che ogni giorno si recano in uno Stato diverso da quello di residenza. Un fenomeno che interessa soprattutto il Nord Italia – Lombardia e Piemonte –, ma anche l’area adriatica e addirittura mediterranea.
Dall’Italia partono ogni giorno 90mila lavoratori frontalieri; di questi, 65mila vanno in Svizzera. Il resto si reca in Austria, Francia, Croazia e Slovenia.
Il gruppo di lavoro, istituito su spunto dal Cgie, ha incontrato rappresentanti dei Ministeri del Lavoro, dello Sviluppo Economico, dell’Economia che, insieme ai sindacati, hanno sintetizzato in una bozza i compiti, le funzioni e gli obiettivi da inserire nello Statuto che dovrebbe essere recepito dal Parlamento.
Quello dei frontalieri, ha spiegato Dolzadelli, è "un contesto in forte evoluzione" che coinvolge 1milione e 200mila lavoratori in Europa, di cui, come detto, 90mila solo dall’Italia. Per questo "la discussione è propedeutica ad una definizione europea di statuto".
D’altronde con l’aumento della mobilità "aumenta la complessità del fenomeno che negli anni non ha mancato di generare problemi per le comunità locali, come ad esempio in Ticino, dove sono nate criticità su convivenza, viabilità, mobbing e anche, da ultimo episodi di caporalato". Un fenomeno "strumentalizzato politicamente", ha ricordato Dolzadelli citando come esempio il referendum "Prima i nostri".
In questo contesto, "lo statuto sarebbe un’opportunità per costruire uno spirito positivo che generi cooperazione transfrontaliera e occasioni per le aree coinvolte", da un lato per "migliorare le condizioni di lavoro, la tutela dei lavoratori, l’assistenza e i percorsi di formazione" e dall’altro "generando opportunità anche per gli imprenditori".
Dolzadelli ha quindi ricordato che non ci sono solo i frontalieri italiani, ma anche più di 10.000 stranieri che vengono ogni giorno a lavorare in Italia, "ecco perché lo statuto potrebbe avere anche una legittimazione europea e internazionale. Con il tavolo di lavoro – ha aggiunto - vogliamo anche pensare a definire accordi bilaterali con i Paesi di confine", con nuovi strumenti che Dolzadelli chiama di "bilateralità di confine", in cui "condividere e armonizzare i sistemi formativi, attuare progetti di alternanza scuola-lavoro, prevedere l’accesso alle banche dati per migliorare competitività delle imprese e la professionalità dei lavoratori".
Nella stesura della bozza "sono stati coinvolti sindacati, associazioni di frontalieri, patronati, ma invitiamo anche le associazioni dei Paesi di confine a portare il loro contributo".
La stesura dello Statuto, ha concluso, "contribuirebbe a rilanciare la visibilità del Cgie attraverso un atto concreto, che spero possa vedere la luce entro la fine della Legislatura".
A disposizione del tavolo si è detto Giuseppe Rauseo, residente in Ticino, che ha riferito episodi di "discriminazioni subdole anche verso la nuova emigrazione italiana", come ad esempio la "dequalificazione dei titoli". In Ticino, ha spiegato, "su 230mila persone attiva, più di 65mila sono italiani frontalieri. Se si sommano i 115mila residenti nella circoscrizione di Lugano, di cui la metà anche con cittadinanza svizzera, si può avere un quadro delle dinamiche particolari nel mondo di lavoro in questo fazzoletto di terra". Un problema che riguarda non solo gli italiani, ma anche gli altri, quindi - ha concluso - dovrebbe aprirsi un dialogo "con le altre comunità che possono avere bisogni analoghi ai nostri". (ma.cip.\aise)