IL MINISTRO ALFANO A COLLOQUIO CON L’AGENZIA RUSSA TASS

ROMA\ aise\ - Alla vigilia della sua missione a Kiev e Mosca, "due capitali che in questo momento non godono un rapporto ottimale", il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Angelino Alfano, è stato intervistato ieri dall’agenzia russa Tass, alla quale ha illustrato la sua agenda.
"Si tratta della mia prima missione come Presidente in Esercizio dell’OSCE, che ho ispirato al motto "dialogue, ownership, responsibility". E proprio su questi tre binari intendo instradare le discussioni che avrò sia in Ucraina che in Russia, sia affrontando temi delicati come la crisi in ed intorno all’Ucraina ed i conflitti protratti, che discutendo del futuro dell’Organizzazione. Lancerò chiari messaggi di sostegno ad una soluzione politica della crisi, che passi attraverso l’attuazione degli accordi di Minsk grazie agli sforzi del Gruppo di Normandia e dell’OSCE stessa, nelle sue molteplici dimensioni, da quella di osservazione a quella negoziale. Ci sarà naturalmente spazio per affrontare anche questioni inerenti l’agenda bilaterale politica ed economica, nonché dossier dell’attualità internazionale, a partire dalle crisi nel mediterraneo ed in Medio Oriente.
D. La tratta Kiev-Mosca la fa come il presidente di turno di OSCE. L'OSCE è impegnata nella missione degli osservatori nell'Ucraina Est, Lei aveva già dichiarato che per l'Itala la crisi ucraina sarà uno dei temi prioritari. Che contributo può dare l'Italia e che cosa si aspetta dal suo viaggio, pensa di avere un quadro più preciso della situazione?
R. Avrò ampie consultazioni sia a Kiev che a Mosca su tutti gli aspetti della crisi in ed intorno all’Ucraina, cui parteciperanno, in alcune parti, anche inviati dell’OSCE. Mi aspetto non soltanto di avere un quadro realistico degli sviluppi sul terreno, ma anche spunti interessanti per costruire il futuro dell’impegno dell’OSCE in Ucraina. Ciò vale soprattutto per la missione di monitoraggio speciale, per la quale siamo fortemente impegnati specialmente sotto il profilo della sicurezza. Alcuni recenti accadimenti, compreso il ritiro degli ufficiali russi dal JCCC, sono preoccupanti e richiedono di essere affrontati subito, assieme a Russia ed Ucraina. Sul piano negoziale non vogliamo cambiare l’architettura esistente, ma sostenere ogni iniziativa che possa conferire nuova linfa al dialogo e tenere viva la volontà politica delle parti di giungere ad un compromesso duraturo e sostenibile. Nel motto della Presidenza italiana dell’OSCE ho voluto inserire la “ownership”, per confermare che non vi può essere alcun esito positivo delle crisi regionali se non c’è volontà dei protagonisti di rendersene promotori e sostenitori.
D. L'Italia come gli altri partner europei ha detto diverse volte che è necessaria la piena realizzazione degli accordi di Minsk. Come valuta lo stato di attuazione di tali accordi?
R. Gli accordi di Minsk sono attuati ancora in maniera non soddisfacente, sia sotto il profilo della sicurezza sul terreno che delle clausole politiche. In questa fase abbiamo l’urgenza di stabilizzare la situazione, attuando un cessate-il-fuoco duraturo e procedendo ad un immediato ritiro degli armamenti pesanti. Ciò per evitare il degenerare della situazione umanitaria ed evitare che le popolazioni civili soffrano ancora le conseguenze catastrofiche di un conflitto prolungato. Non meno importante è però la composizione politica della crisi, che passa attraverso interventi normativi strutturali che, nel rispetto dell’integrità territoriale, della sovranità e dell’indipendenza dell’Ucraina, assicurino uno "status speciale" alle aree dell’Ucraina orientale interessate, venendo così incontro alle aspirazioni delle popolazioni russofone che vi risiedono. Resta fuori da questo scenario la Crimea, che rimane una ferita aperta nei rapporti della Russia con l’Occidente.
D. Da quello che si sente in Europa la crisi ucraina ormai sembra una crisi congelata, non se ne parla più, né delle sofferenze del popolo di Donbass. Che sforzo umanitario si può offrire anche tramite i canali OSCE?
R. Non è affatto vero che in Europa non si parla più di crisi in ed intorno all’Ucraina, né tantomeno che non vi sia attenzione ai profili umanitari, che sono anzi tenuti sempre nella massima considerazione. Vi è però un problema strutturale, legato alle difficoltà di accesso degli operatori umanitari alle aree di conflitto, che va risolto senza ritardi. Ed in questo senso, la Russia può fare molto esercitando pressioni sui gruppi separatisti. Ricordo anche che, a titolo nazionale, abbiamo di recente concesso contributi umanitari tramite UNICEF (500.000 euro), il Programma Alimentare Mondiale (500.000 euro) ed il Comitato Internazionale della Croce Rossa (un milione di euro).
D. C'è stata una sorta di polemica intorno i metodi della messa in sicurezza degli osservatori OSCE in Ucraina. Come si potrebbe meglio garantire la sicurezza, con una missione dei caschi blu?
R. La sicurezza degli osservatori OSCE è una questione di massima priorità. Svolgono un ruolo essenziale, poiché offrono una valutazione oggettiva degli sviluppi nelle regioni interessate dal conflitto e, pertanto, ci forniscono elementi preziosi per le decisioni politiche. La loro sicurezza era in parte assicurata dal JCCC, il Comitato Congiunto di Controllo e Coordinamento, da cui purtroppo a dicembre, gli ufficiali russi sono usciti. Dobbiamo quindi ristabilire il funzionamento del JCCC ovvero colmare il vuoto che ha lasciato anche ricorrendo a nuovi canali di dialogo sul piano militare. Ne parlerò sia a Kiev che a Mosca. Dobbiamo anche continuare a lavorare sul progetto di missione ONU, sulla cui opportunità sia la Russia che l’Ucraina hanno convenuto, prestando tra l'altro attenzione al suo mandato, alle modalità ed ai tempi del suo dispiegamento, e al necessario coordinamento fra OSCE ed ONU al riguardo.
D. Lei pochi giorni fa ha incontrato il leader della opposizione siriana. Avete parlato del Congresso nazionale che stanno organizzando la Russia, Turchia e Iran in Soci?
R. Che cosa pensa l'Italia di questa iniziativa? L'Italia ha sempre ritenuto la Russia un attore ineludibile per una soluzione politica del conflitto siriano. La chiave per una transizione politica sostenibile in Siria è consentire finalmente al popolo siriano di scegliere in modo libero e trasparente il sistema di governo e i propri governanti. Soltanto un processo politico a guida ONU che, in linea con la ris. 2254 del CdS, crei le condizioni per una nuova costituzione e elezioni credibili sotto supervisione dell'ONU può realizzare tali obiettivi. L'iniziativa di Sochi può essere utile nella misura in cui sarà incardinata nel processo di Ginevra, preservi la leadership dell'Inviato ONU de Mistura e induca il regime siriano a negoziare in buona fede. Auspichiamo che il Congresso di Sochi vada in questa direzione, altrimenti sarà una occasione perduta. Questo approccio di fondo su Sochi è condiviso anche dall'opposizione siriana che è seriamente impegnata nel processo di Ginevra. È tempo che la Russia usi la propria influenza su Assad affinché non si sottragga più al negoziato ed alla risoluzione 2254 del CdS". (aise)