LA RASSEGNA DEGLI ITALIANI NEL MONDO

ROMA – focus/ aise – Anche questa settimana siamo andati alla ricerca di articoli pubblicati sui media italiani con al centro le vicende dei nostri connazionali all’estero. Ecco quello che abbiamo trovato:
dal “Corriere del Ticino” apprendiamo che molti ticinesi optano per l'Uni dell'Insubria, atenero che festeggia i suoi primi vent'anni e che ha finora dato ospitalità a oltre 700 studenti ticinesi.
Sono circa 180 i ticinesi complessivi iscritti annualmente ai corsi di laurea nelle sedi di Como e Varese; tra gli indirizzi più quotati dagli studenti italiani ci sono Economia, Matematica e Giurisprudenza.
Sul “Giornale di Vicenza”, invece, leggiamo invece che in due anni circa 8 mila vicentini sarebbero “fuggiti” all’estero.
Quella vicentina, infatti, è la prima provincia del Veneto per numero di persone che si trasferiscono all’estero.
I dati Aire, tuttavia, non registrano i dati effettivi: secondo gli esperti di cui parla l’articolo, gli “expat” totali “sono tra il doppio e il quadruplo del numero certificato dai dati ufficiali, dal momento che solo una parte di chi emigra si registra all’anagrafe all’estero immediatamente”.
Sul “Mattino di Padova”, invece, la storia edificante di Sara Buson, padovana arruolata dalla Nasa. Nell’articolo di Elvira Scigliano leggiamo la storia di questo “cervello in fuga”, che in America ha trovato la sua strada, arrivando a essere una delle menti che hanno scoperto la prima sorgente di neutrini cosmici provenienti dalle vicinanze di un buco nero in una galassia lontana, annunciata dalla National science foundation (Nsf) con il Fermi large area telescope (Lat) della Nasa, nella cui equipe ha un ruolo di primo piano proprio l’astrofisica italiana, che ha analizzato insieme alla collega tedesca Anna Franckowiak i dati raccolti dal telescopio Lat.
L’Italia le manca, ma l’astrofisica non nasconde qualche riserva verso un Paese che non è sempre riconoscente con i suoi talenti: “lo Stivale si “dispera” perché i cervelli scappano ma, paragonando le opportunità esistenti negli altri Paesi, da noi si è fatto e si continua a fare davvero poco al fine di incentivare e di promuovere il nostro rientro”.
Sulla rubrica “Cervelli in Fuga” de “Il Fatto quotidiano”, infine, leggiamo l’articolo di Elisa Murgese, con al centro la storia di Vittorio Valentino, docente universitario di Letteratura italiana e Letteratura delle Migrazioni in Tunisia a 37 anni.
Un passato, quello del professore napoletano, segnato dall’emigrazione: sedicenne dovette seguire la famiglia in Francia, dove il padre decise di trasferirsi dopo aver perso il suo lavoro a Pomigliano d’Arco.
“Innegabile l’arricchimento legato all’esperienza della migrazione – racconta il 37enne napoletano alla giornalista – ma per tutti coloro che scelgono o che sono costretti a scegliere questa strada, è altrettanto innegabile il dolore legato alla nostalgia”.
Dopo una prima migrazione a Tolosa, quando aveva 16 anni, è seguito un secondo trasferimento a Tunisi, solo due anni e mezzo fa. Nel passaggio da Italia a Francia, infatti, è nata in lui la passione per la figura del migrante.
Pur non vivendoci da quando aveva 16 anni, Napoli resta la città che sente più sua. “Credo di non essere mai andato veramente via da Napoli, anche se sono ormai passati più di vent’anni. È per me il simbolo dell’appartenenza e delle mie radici. Il dialetto o la musica mi accompagnano sempre, come se non l’avessi mai lasciata”. Tanto che, durante gli anni universitari in Francia, Vittorio ha addirittura fatto richiesta per fare qualche stage nel capoluogo campano. È stato allora che ha avuto la certezza che non sarebbe mai riuscito a iniziare una vita accademica in Italia. “Non hanno voluto mio padre e hanno condannato noi figli a passare solo le vacanze in Italia, nella città che sento mia, circondato dal mio dialetto e vicina al mio modo di essere. So che non potrò mai insegnare in Italia, dove non contano meritocrazia e curriculum ma solo gradi di vicinanza con persone che contano e che decidono chi deve contare”. (focus\ aise)