DALL’ITALSIMPATA AL “MONDO ITALIANO”: GLI ORIZZONTI DI RICCARDI (DANTE ALIGHIERI) ALLA PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO ITALIANI NEL MONDO

ROMA\ aise\ - Le identità multiple degli italiani all’estero, il ruolo delle istituzioni chiamate oggi più che mai a fare rete, abbandonando i vecchi schemi nostalgici verso nuovi orizzonti. Questi i temi al centro delle riflessioni di Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri che è intervenuto alla presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo oggi a Roma.
L’Italia “per decenni ha affrontato la questione migratoria con la prospettiva della italnostalgia”. La Dante – che oggi conta circa 500 comitati – “nacque dall’idea risorgimentale che la Patria non fosse solo quella dentro i confini della Nazione”. A quel tempo – era il 1889 quando fu fondata da un gruppo di intellettuali guidati da Giosue Carducci – “la Dante e l’Italia dovevano tenere vivo il ricordo di una lingua e di una cultura che l’emigrato – povero nella maggior parte dei casi – dimenticava in fretta” e negli anni “le politiche governative non hanno fatto granchè per modificare questa impostazione”, ricorda Riccardi citando i fondi che gli altri Paesi investono nella promozione della lingua e cultura che vedono l’Italia da anni come fanalino di coda.
Il Paese “pur avendo pezzi di italianità nel mondo non ha mai fatto rete”. Ma oggi “ha una chance nuova: il quadro internazionale è cambiato, il va e vieni è realtà. La globalizzazione introduce nuove prossimità e sposta i confini”.
La globalizzazione “ha provocato la ristrutturazione di tutte le identità: degli Stati, delle regioni, delle religioni, delle comunità etniche. Non è un mondo appiattivo tutto cosmopolita, piatto come a Davos”. La globalizzazione “ha prodotto un mondo di identità che si misurano, si combattono, si ripensano” tanto che oggi “il mondo globale non è più solo il mondo delle Nazioni. È anche quello delle identità personali, plurime e arricchite”.
Di fronte a questo scenario, quindi, occorre “ripensare il posizionamento internazionale del Paese con una nuova visione”.
“C’è una forte domanda di Italia e della sua lingua”, ha aggiunto Riccardi. “Gira questo mito sull’italiano come quarta lingua studiata nel mondo, lo lasciamo circolare, ma rimane un mito”, ha precisato, prima di ricordare che nella promozione occorre “qualità e competitività perché l’inglese è una necessità, l’italiano è ancora oggi una lingua di elezione”.
Per Riccardi “ci sono frammenti italiani esportabili, ma non in maniera disconnessa: sono frammenti che fanno parte di un orizzonte da allargare per collocare tutti i pezzi di Italia e di italianità: la lingua, la cultura, lo stile, l’umanesimo italiano”.
Elemento decisivo, in questo nuovo orizzonte, “la mobilità degli italiani”, che oggi continuano a partire ma che, al contrario del passato, non dimenticano la loro lingua “perché non devono più dimettere la loro identità per essere accettati. Oggi non rinunciano a inserirsi nella società di accoglienza, ma neanche alla cultura italiana. Ecco l’identità multipla”.
Per questo “dall’italnostalgia si deve passare all’italsimpatia per rafforzare un vero e proprio “mondo italiano” fuori dall’Italia dove tutto si tiene insieme; uno scenario in cui collocare anche gli immigrati che arrivano qua in Italia. Bisogna trasformare l’unidirezionalità in circolarità”.
Quello dell’identità, ha aggiunto, “è un problema non solo per chi se ne va, ma anche per chi resta. Certo sono più facili e naturali le identità all’ombra dei muri; in realtà, come osserva il franco-libanese Maluf, l’identità non è la pelle, è una maglietta spesso che si indossa, fatta di costruzioni storiche, personali, culturali, fatta di scelte. Contro il muro, l’identità non può che essere dialogica” ed è “la lingua che mette in relazione con gli altri, che dà accesso al mondo”.
In quest’ottica “la diffusione dell’italiano è decisiva. Gli Stati generali di Firenze promossi dalla Farnesina hanno dato una bella scossa; la Dante stessa è protagonista di un processo di rinnovamento, una realtà su cui la politica sta investendo in maniera più copiosa”.
L’Italia “è un paese di media grandezza che può diventare protagonista di un mondo transazionale, che si mescola con altri, ma che mantiene il suo “sapore” italiano. E allora parliamo di un “mondo italiano”; non un’appartenenza anonima”, ma caratterizzata dalla specialità di “regioni e territori”.
“Se non c’è una svolta, se il Rapporto Italiani nel mondo con i 5 milioni di italiani all’estero non si colloca in un orizzonte di italsimpata e di “mondo italiano”, se restiamo ancora legati ad una cultura di nostalgia facciamo un danno ai connazionali e perdiamo una grande opportunità”. (m.c.\aise)