DE LUCA (MAECI): OBIETTIVO CRESCITA DEL 10% IN 3 ANNI/ DIBATTITO E CONCLUSIONI AL CONVEGNO DELLA DANTE
ROMA\ aise\ - "Obiettivo crescita del 10% in tre anni". Si parla di lingua e cultura italiana all’estero e ad annunciare la volontà di far aumentare gli studenti di italiano nel mondo è stato il direttore generale per la Promozione del Sistema Paese della Farnesina, Vincenzo De Luca, chiudendo i lavori del convegno "L’italiano nel mondo che cambia", oggi alla Dante di Roma. Le sedi diplomatiche e consolari saranno "tutte" allertate, ha aggiunto De Luca, perché dovranno lavorare in sinergia con gli altri attori oggi raccolti in Palazzo Firenze per studiare, Paese per Paese, le migliori strategie tese alla promozione della lingua italiana.
L’intervento di De Luca è giunto a chiusura di una mattina intensa, in cui, agli interventi istituzionali, sono seguite due interessanti tavole rotonde.
La prima, intitolata come la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo "L’italiano al cinema, l’italiano nel cinema", è stata aperta dal video di presentazione della Settimana stessa, girato da Fabrizio Bracci tra gli studi di Cinecittà. Tra proiezioni di spezzoni tratti da capolavori del cinema italiano, come "La meglio gioventù" di Marco Tullio Giordana, si sono poi avvicendati l’attore Fabrizio Gifuni, il regista Niccolò Castelli, lo sceneggiatore Stefano Rulli e Francesco Rutelli, presidente ANICA, moderati da Roberto Cicutto, presidente Istituto Luce Cinecittà. Proprio Cicutto ha avanzato una proposta al dg De Luca: Farnesina e Istituto Luce potrebbero "tentare di organizzare assieme dei piccoli corsi di formazione per insegnanti di lingua italiana all’estero", così che siano "messi in grado di trasmettere agli studenti una educazione non solo alla storia, ma anche al linguaggio cinematografico".
Più tecnica la seconda tavola rotonda, dedicata a "Il sistema della formazione e la diffusione della lingua italiana nel mondo", moderata dal direttore centrale per la Promozione della Cultura e della Lingua Italiana della Farnesina, Roberto Vellano.
Gli interventi hanno abbracciato un po’ tutti i continenti.
Il primo è stato quello dell’ambasciatore d’Italia in Svizzera, Marco Del Panta Ridolfi, il quale ha dipinto la non facile situazione dell’italiano curricolare in Svizzera, Paese in cui ad una "immagine piuttosto stereotipata dell’Italia" che penalizza la nostra lingua rispetto al francese, si aggiunge la forte connotazione in senso federalista del Paese e quindi una più complessa gestione degli accordi da siglare con i singoli Cantoni e in base ai quali inserire l’insegnamento dell’italiano nelle scuole. Per questo l’Ambasciata, con l’aiuto concreto dell’Ente Gestore, si è fatta promotrice di una mappatura tesa a meglio comprendere "dove potrebbe esserci interesse per l’italiano" e dalla quale sono emerse "nicchie di interesse", come l’ipotesi di realizzare un liceo italiano a carattere economico e giuridico a Lucerna. L’Ambasciata si è così rivolta all’Ufficio Federale della Cultura per presentare le proprie proposte e ha ottenuto risposta positiva, il che vuol dire anche finanziamenti. "Il gruppo di lavoro italosvizzero c’è. Dobbiamo andare avanti", ha concluso Del Panta Ridolfi, che vorrebbe chiudere il suo mandato in Svizzera con "due o tre sezioni bilingue in più".
È stata poi la volta di Giancarlo Marcheggiano, segretario generale delle Scuole Europee, organizzazione nata per garantire l’insegnamento della lingua d’origine ai figli dei funzionari dell’Ue. Una realtà "poco conosciuta", ma che conta 7 sezioni di italiano in Europa e oltre 100 docenti di italiano che lavorano in favore non solo dell’italiano ma anche e "per natura" di una "educazione multilingue e multiculturale". In Europa, ha rilevato Marcheggiano, "l’italiano è in competizione con altre lingue" anche sul piano della qualità dell’insegnamento. Per questa ragione occorre che il personale docente sia "qualificato, distaccato e di qualità". Non si può, al contrario, fare affidamento su "insegnanti di italiano per italiani che si reinventano all’estero", perché questo "penalizza la promozione della nostra lingua". Bene invece eventuali "sinergie con privati", come racconta l’esperienza di Ferrero in Lussemburgo, che, a fronte della regola per cui l’insegnamento dell’italiano nelle Scuole europee è garantito solo agli "aventi diritto", ovvero ai figli di dipendenti Ue, ha consentito anche ad altri italiani e italofoni di partecipare ai corsi.
Sinergia, coordinamento ovvero fare sistema. È quello che il CGIE - anche facendosi promotore di una proposta tradotta in articolato di legge - chiede da sempre ed è dunque un tema, emerso oggi da più parti, "molto gradito e condiviso" dal consigliere Norberto Lombardi. Rispetto agli anni passati, ha rilevato Lombardi, "gli Stati Generali hanno impresso un cambiamento di tipo qualitativo" alla promozione di lingua e cultura, a partire dal decreto legislativo n.64, quello della Buona Scuola, che "ha rinnovato la mitica 153, ideata 40 fa per insegnare l’italiano ai figli dei nostri emigrati in scenari oggi del tutto anacronistici". La Buona Scuola ha inoltre aperto il dibattito sulla "proposta formativa in un mercato sempre più competitivo", ha continuato Lombardi, ed "ha consentito anche di prendere atto che questo sistema ha più voci, più soggetti" e quindi "va interpretato in una chiave di pluralità, diversità culturale" oltre che in base al differente contesto politico dei singoli Paesi. Soprattutto, ha fatto emergere lo "sfondo multiculturale e multilinguistico nel quale la nostra proposta deve essere calata". Unico neo evidenziato dal consigliere Cgie è quello degli Enti gestori, che "vanno messi in condizione di concorrere con proposte creative" alla strategia di promozione "e diventare nei fatti soggetti attivi cui affidare l’espansione della lingua italiana". Il riferimento è al Fondo quadriennale per la promozione della cultura italiana all’estero, al quale gli unici a non poter concorrere con nuovi progetti sono gli Enti Gestori, relegati alla "sostituzione dei finanziamenti ordinari". Lombardi ha comunque dato atto al vice ministro Mario Giro e alla "bella squadra di cui dispone il Maeci" di aver dato un "indirizzo politico" nuovo e preciso, che intende avvalersi di quei "Piani Paese" ben utilizzati un tempo e poi, chissà perché, messi nel dimenticatoio. "Resta la quadratura del cerchio della Cabina di Regia", che però, ultima nota dolente, per Lombardi "così dimensionata a tavolo di lavoro sulla scuola" proprio non va.
Rimanendo nell’ambito degli Enti gestori, ha preso poi la parola Tony Mazzaro dello Ial-Cisl di Stoccarda, che ha illustrato una situazione simile a quella Svizzera. In Germania, infatti, i Land godono di una loro autonomiae ad essi occorre aprirsi, per poter "interloquire con le scuole locali" ed evitare, anche alla luce della riforma della scuola tedesca verso il tempo pieno, la "ghettizzazione dei corsi di lingua italiana". Mazzaro ha lamentato il ritardo con cui vengono assegnati i fondi ed ha ricordato che "gli attori sul territorio hanno davvero qualcosa da raccontare": vanno messi nelle condizioni di farlo, di "essere operativi" e "attendibili" agli occhi dei tedeschi.
Sono seguite le testimonianze di 3 dei 34 dirigenti scolastici italiani nel mondo: Anna Rita Tamponi a Canberra, che dal 2015 coordina le attività scolastiche di tutte le circoscrizioni consolari d’Australia; Emilio Luzi di Atene, dove presiede anche la risorta Scuola statale italiana; e Gianfranco Rosso, arrivato nel marzo scorso in Cile, Paese che vanta la più antica istituzione scolastica italiana all’estero, quella di Valparaiso. Tre realtà assai diverse, ma che devono fare i conti con le leggi locali e con la scarsità di fondi e docenti, ma che pure si danno da fare.
In Australia, dove l’italiano è la seconda lingua più studiata e nel 2014 è stato introdotto l’italiano curricolare, la dirigente Tamponi ha chiamato a raccolta Ambasciata, Enti gestori, docenti universitari e Cgie per tracciare insieme le "linee guida" da seguire. Così sono stati siglati 5 Memorandum d’intesa con altrettanti Stati e le scuole bilingue iniziano a crescere, sebbene al omento concentrate nella Primary.
Un clima di collaborazione che si riscontra anche in Grecia, dove i vari attori dediti alla promozione di lingua e cultura, comprese la Dante, il Comites e la Scuola Archeologica Italiana e l’IIC. Con loro si interfaccia la Scuola Italiana di Atene, che ad oggi rappresenta "l’unico elemento di coesione culturale e linguistica della comunità" italiana, ha detto il preside Emilio Luzi, orgoglioso del periodo di rilancio che, "dopo periodo difficile", sta vivendo ora la scuola, stimata, grazie anche ai suoi "insegnanti di talento" e nonostante i pochi fondi, anche da chi italiano non è.
Numeri "interessanti" ed in crescita di circa il 25% in Cile, come ha spiegato il dirigente scolastico a Santiago Gianfranco Rosso. Sempre più studenti di età diverse fanno richiesta di accesso ai corsi di lingua italiana, ma per rispondere a questa domanda l’ufficio scolastico deve "stringere accordi con le municipalità" e dunque con scuole locali per inserire l’insegnamento italiano nell’offerta formativa. Un lavoro che già vede raccolti i primi frutti, ma che rischia talvolta di essere "compromesso" dalla mancanza di accordi sul reciproco riconoscimento dei titoli di studio. Per contro, ha concluso Rosso, da quest’anno sono in vigore accordi tra Scuole paritarie italiane in Cile e Università italiane come il Politecnico di Torino e l’Alma Mater di Bologna per consentire agli studenti italocileni di accedere al test d’ingresso.
Ha chiuso la tavola rotonda Ilaria Costa dell’ente gestore Iace di New York, che vanta oltre 1300 corsi e 40mila alunni. E ciò grazie ad una vera e propria "strategia imprenditoriale", che, in un "territorio fertile e dinamico" quale è la città di New York, ha trovato "interlocutori estremamente ricettivi nelle aziende italiane". Così sono stati raccolti fondi "cospicui", al punto che il bilancio dello Iace è costituito al 50% da fondi Maeci ed al 50% da fondi propri. Una "strategia vincente" dunque, portata avanti in "sinergia con il made in Italy", di cui fanno parte anche Ice ed Enit. "Un’ottima formula di collaborazioni tra istituzioni e privati", che ha portato un aumento dei corsi curricolari da 13mila fino a 43mila studenti negli ultimi 10 anni. Infine una proposta: "cambiamo il nostro nome in "enti promotori", perché noi promuoviamo, non gestiamo".
La giornata alla Dante si è conclusa con il saluto di Vincenzo De Luca, che ha voluto rispondere ad alcune questioni emerse oggi nel corso del dibattito. In primo luogo, quella sollevata da Norberto Lombardi, sulla Cabina di Regia, che il direttore generale del Maeci ha auspicato possa risolversi in "incontri e confronti costanti in ogni Paese e in ogni regione", che ruoti attorno alla rete diplomatico-consolare e che veda "protagonisti e testimonial" Enti gestori, IIC, comitati della Dante... Tutti insieme per realizzare un "progetto quasi di natura industriale", con l’obiettivo di far crescere il numero di studenti di italiano del 10% al 2020.
Quanto alle difficoltà nel trasferimento dei finanziamenti alle sedi estere, "quest’anno abbiamo fatti i salti mortali", ha spiegato De Luca, "perché abbiamo dovuto fare un cambio di destinazione capitolo per poter poi trasferire fondi". A ciò si è aggiunto un "altro problema quando la "manovrina" ha scalfito il fondo integrativo": il Maeci ha lavorato da aprile a maggio e "a settembre sono stati trasferiti tutti i fondi". Poi De Luca ha assicurato che "nel 2018 sarà più semplice".
Parlando di fondi, De Luca ha chiosato: "tanto più vi saranno progetti consistenti e concreti, tanti più fondi distribuiremo", anche grazie alla Buona Scuola. Infine ed ancora una volta un invito ad attuare una "strategia di sistema Paese" perché quella "è la chiave di volta". (r.aronica\aise)