DRAGHI E YELLEN ALL’UNISONO

TORINO\ aise\ - L’appuntamento finanziario più atteso dell’estate dalla comunità finanziaria si è svolto, come di consueto, nei giorni scorsi a Jackson Hole, Wyoming, Stati Uniti.
Draghi, nel corso del proprio intervento di venerdì scorso, ha sottolineato i risultati, per altro suscettibili di miglioramento, raggiunti dalla BCE in termini di crescita, grazie all’adozione e al mantenimento di politiche espansive - Quantitive Easing, ovvero acquisto sul mercato, per mano della BCE medesima, di titoli di Stato - in particolare ai fini di stimolare la ripresa economica tramite la riduzione dei tassi d’interesse praticati alla clientela primaria delle banche, sebbene non sia stato tuttora raggiunto in Europa l’obiettivo programmato di un tasso d’inflazione al 2% annuo.
In polemica più o meno aperta nei confronti dell’orientamento di Trump, Draghi auspica che nessuno abbia a metter in atto politiche protezionistiche, poiché potrebbero determinare conseguenze negative sulla produttività e lo sviluppo globale, che invece necessitano di apertura agli investimenti e al commercio, presupposti per la diffusione delle moderne tecnologie. Ciò, nonostante il "consenso sociale" verso l’apertura si sia ridotto e fermo restando, comunque, il ruolo propulsivo che politiche di singole nazioni son in grado d’esercitare, ad esempio relativamente a concorrenza, ricerca e sviluppo.
Altra questione che il presidente della BCE ha voluto enfatizzare con forza è stato il rigetto di ipotesi ventilate, proprio recentemente, dalle autorità americane - ancora nella persona del presidente Trump - di rimozione del sistema di regole adottate dopo l’ultima crisi finanziaria mondiale - noto come Dodd Frank Act - in virtù del quale è stato possibile sopportare un prolungato periodo di bassi tassi d’interesse, pur senza effetti negativi sulla stabilità. Nelle sue parole: "non è mai un buon momento per regole permissive e ci sono alcuni momenti in cui sono molto inopportune". men che meno nell’attuale contingenza globale.
Nell’intervento che l’ha preceduto, aveva assunto in merito un’analoga quanto netta posizione la stessa presidente della FED, Janet Yellen, secondo la quale "qualsiasi aggiustamento alle regole dovrebbe essere modesto", tenuto conto che i mercati stanno ancora adattandosi alle recenti riforme, per altro perfettibili, anche considerato il grado di sicurezza ormai raggiunto dal sistema finanziario rispetto ad allora, cioè prima della crisi, senza dimenticare, in ultimo, l’imposizione alle banche di requisiti di capitali più alti, che ha reso possibile la crescita dei prestiti. La medesima Yellen ha voluto prendere in considerazione, d’altro canto, la possibilità di aggiustamenti nelle regole attualmente in vigore per le banche medio piccole e l’eventualità di rivedere la "Volcker Rule" che limita le banche nel ricavare profitti dall’attività di trading.
Dall’analisi dei discorsi dei presidenti di FED e BCE risulta, oltre alla comunanza d’opinioni su diversi temi, compresa la necessità di non abbassare la guardia sugli obiettivi programmati e le prossime sfide, anche la mancanza di qualunque accenno alle prossime politiche monetarie, a tutto vantaggio dei mercati borsistici e del cambio euro/dollaro - visto sfondare quota 1,19 – e determinando, inoltre, il contemporaneo arretramento della divisa americana rispetto alle altre valute principali. (fabrizio luigi silvio bosi\aise)