IL VICE MINISTRO GIRO AL “FATTO QUOTIDIANO”: NON POSSIAMO VIETARE GLI APPRODI ITALIANI

ROMA\ aise\ - “La normativa internazionale ci impedisce di chiudere i porti ma puoi aprirne altri: perché devono venire tutti in Italia? Ci sono navi di altre nazionalità, ognuno si prenda i suoi". A dirlo è il viceministro degli Esteri, Mario Giro, intervistato da Luciano Cerasa per “il Fatto Quotidiano”. Di seguito la versione integrale dell’articolo.
“Giro ha le idee molto chiare sulle responsabilità dell'emergenza immigrati che l'Italia si trova a fronteggiare in questi giorni: "La relocation non ha funzionato, l'Italia è un Paese membro e fondatore dell'Unione europea invece ci stanno trattando come la Turchia, con tutto il rispetto per quello Stato, un Paese dove si possono ammassare emigranti".
D. In altri tempi sarebbe una dichiarazione di guerra...
R. Chiediamo semplicemente che l'Europa faccia la sua parte, non bastano solo proclami di solidarietà come sono stati fatti anche oggi (ieri per chi legge, ndr), ci vuole una reale condivisione dell'accoglienza. L'Europa si metta in testa che non sono sufficienti i proclami ma neanche dare soldi, siamo anche stanchi di ricevere soltanto parole e mai gesti concreti di aiuto.
D. I confini a sud sono di fatto una frontiera aperta, serve una stretta normativa?
R. La stretta normativa non può esistere sul piano della politica internazionale, le regole in mare obbligano a trarre in salvo i naufraghi. Può esserci invece un cambiamento normativo nel trattato Dublino 3, stabilisce che tutti quanti debbano rimanere nel Paese dove vengono portati e qui ho un dubbio giuridico perché se tu salvi una persona in mare nelle acque internazionali non è detto che debbano scattare gli accordi di Dublino.
D. Che cosa sta succedendo al di là del Mediterraneo?
R. In Libia non c'è lo Stato, ma milizie e gruppi criminali. Altri Paesi di transito con Stati fragili sono il Niger il Burkina Faso, il Mali, il Ciad che so no sfidati dal terrorismo e dei quali dobbiamo assolutamente difendere la statualità, altrimenti ci ritroviamo una seconda Libia. Il terzo livello sono i Paesi di provenienza. Qui stiamo facendo accordi una alla volta per favorire i rimpatri e per attuare programmi di investimenti che creino lavoro".
D. È giusto per lo Stato italiano che a regolare i flussi migratori intervengano privati come le Ong?
R. Questo delle Ong non è un canale umanitario ma salvezza a mare. Il 10% dei salvataggi viene fatto dai mercantili, che lo faccia una nave da guerra o un'ong non cambia nulla. La Francia e la Germania, quando facemmo Mare nostrum, ci dicevano la stessa cosa, che facevamo da fattore di attrazione.
D. Provvedimenti di liberalizzazione come lo ius soli potrebbero incentivare le partenze?
R. È una stupidaggine, non è vero che arrivano donne incinte per partorire in Italia in modo che il figlio sia italiano; per lo ius soli temperato con lo ius culturae, previsto dalla proposta di legge, bisogna stare qua, essere riconosciuti, avere la residenza: un percorso che richiede dieci anni e coinvolge anche i genitori. Si parla di bambini che sono già di fatto italiani”. (aise)