LOS ANGELES ITALIA. GIOVANNI VERONESI: IN 10 ANNI UN MILIONE DI GIOVANI NON VIVRÀ PIÙ IN ITALIA – di Mauro Pileri

LOS ANGELES\ aise\ - "Nella settimana del "Los Angeles Italia", complice l’invito del console generale Antonio Verde, negli uffici del Consolato Italiano abbiamo potuto intervistare alcuni registi che hanno contribuito a portare e far conoscere negli Stati Uniti un importante spaccato dell’Italia. L’esodo dei giovani italiani all’estero, la disabilità e la rilettura di vecchi western sono gli argomenti di cui Giovanni Veronesi, Fabrizio Maria Cortese e Daniele Nicolosi ci hanno parlato". A condurre l’intervista e firmare l’articolo pubblicato dal giornale bilingue di Los Angeles L’Italomericano è Mauro Pileri.
"D. Veronesi, nel suo film viene raccontato l’esodo dei giovani italiani che scappano all’estero: in che chiave ha voluto raccontare tutto questo?
R. Nella trasmissione radiofonica che conduco su Radio Due sento ogni giorno giovani italiani che vivono sparsi per il mondo e ognuno mi racconta la propria esperienza, perché se n’è andato, che cosa gli manca e lì ho capito che potevo gridare quello che non sono riusciti a gridare loro, andandosene in silenzio. 120mila ragazzi all’anno se ne vanno dall’Italia, soprattutto dal Nord che viene elogiato come il posto dove c’è più lavoro. Tra 10 anni un milione di ragazzi non sarà più in Italia e mancherà una generazione. Il film è indirizzato a me, ai genitori. Non si tratta di fare esperienza all’estero o di fuga di cervelli, ma di un milione di ragazzi che se ne vanno perché l’Italia li espelle. Mentre per l’immigrazione c’è un’attenzione mediatica per cui i politici devono muoversi davanti a queste povere persone che muoiono sui gommoni, l’esodo dei giovani è silenzioso, inesorabile. I ragazzi non hanno bisogno solo di soldi, ma di speranze, sogni, desideri.
D. Perché gli italiani scoprono di essere delle risorse all’estero e in Italia vengono considerati un peso?
R. Il liceo è il problema vero del nostro Paese; si dovrebbe insegnare ai ragazzi ad avere un’identità culturale, non scambiandola certamente per nazionalismo. Dobbiamo sapere chi è Renzo Piano, le ditte italiane che costruiscono strade e ponti in tutto il mondo, tutte le eccellenze che non sono solo moda, cibo e la Ferrari, ma scienziati, persone che aprono attività all’estero e che contribuiscono a far lavorare un sacco di persone. I nostri giovani queste cose le dovrebbero sapere prima di partire, portandosi dietro un "know how" forte, invece di scoprirlo all’estero.
D. Quanto pesa l’immobilismo politico?
R. Questo è un problema sociale, ma se un ministro dell’Istuzione o del Lavoro per una legislatura si prendesse a cuore in modo efficace il problema dei giovani che se ne vanno, forse i ragazzi crescerebbero pensando che hanno avuto una gran fortuna a nascere nella patria dei pittori, per esempio. Se un italiano va all’estero a fare il pittore è visto bene, se lo fai in Italia sembri un fannullone. I temi sociali affrontati dai registi sono tanti e un film che mette in luce una realtà difficile, ma con una prospettiva di positività e speranza è "Ho amici in Paradiso" di Fabrizio Maria Cortese che verrà trasmesso su Rai Uno. Si tratta di un film profondo, capace di scardinare preconcetti che ognuno di noi dovrebbe abbandonare.
D. Che tipo di film è quello presentato in questi giorni a Los Angeles e quali temi si affrontano?
R. Il film è una commedia leggera che affronta il tema della disabilità in chiave tragicomica. Nel film recitano otto persone diversamente abili dell’Opera Don Guanella di Roma e sei attori importanti del cinema italiano. Si narra la storia di un uomo e del suo cambiamento quando, dopo aver commesso piccoli reati, viene affidato ai servizi sociali. All’inizio l’uomo avrà dei problemi perché non riesce a confrontarsi con queste persone, ma poi inizia a capirli, a trovare degli amici e l’amore con una psicologa del Centro. Ieri alla proiezione al Chinese Theater molte persone si sono commosse, hanno riso, si sono divertite, Los Angeles ci ha riservato una bella accoglienza, una cosa fantastica.
D. Immagino che questa sia stata un’esperienza forte anche dal punto di vista personale. Che cosa le lascia questo film?
R. Ho scritto questa storia perché prima di tutto sono cambiato io, ho imparato a sdrammatizzare qualsiasi situazione e ho voluto far interpretare al protagonista il mio cambiamento, quello che è accaduto a me conoscendo questa gente. Daniele Nicolosi, torinese, è un giovane regista e sceneggiatore che ha presentato un cortometraggio dal titolo "Along the river", un western interpretato in chiave moderna e con protagonista Franco Nero.
D. Scegliere di girare un western oggi è una scelta atipica: di che cosa tratta e come definirebbe il suo film?
R. È un western particolare perché non segue gli stereotipi del genere, ma tratta tematiche attuali come il rapporto tra padre e figlio o la delicata situazione degli indiani. Il film è ambientato nel 1905 in una città immaginaria del New Mexico e Franco Nero interpreta uno sceriffo disincantato e malinconico che viene incaricato di indagare su un caso di omicidio ai danni di una ragazza indiana. Scoprirà poi il coinvolgimento del figlio e sarà combattuto tra i suoi sentimenti verso il figlio e il suo dovere come tutore della legge.
D. Com’è stato accolto il film e che progetti ha per il fututo?
R. Nonostante sia un progetto abbastanza rischioso, il film è stato accolto molto bene nel circuito dei Festival, ha vinto tre award qui a Los Angeles e la proiezione al Chinese Theatre è stata una grandissima emozione. La presenza di Franco Nero poi ci ha aiutato molto. Per il futuro abbiamo una sceneggiatura per il lungometraggio che vorremmo proporre ai produttori qua in America, per girarlo sul posto con attori americani". (aise)