VENEZUELA: A CHI GIOVA LA VIOLENZA? PDVSA SVENDE – di Mauro Bafile

CARACAS\ aise\ - "C’è chi li chiama i "guerreros de la libertad" e chi, invece, "libertarios". Sono i giovani protagonisti, oggi, di uno strano fenomeno. Non sappiamo se sia già accaduto in altri Paesi, ma in Venezuela mai. Certo, proteste violente non sono mancate anche in passato ed anche con una gran partecipazione di studenti; proteste puntualmente represse con severità. Ieri (lunedì 29 maggio per chi legge, ndr), era la Polizia Metropolitana con gas lacrimogeni e pallettoni di gomma; oggi, la Polizia Nazionale Bolivariana con l’ausilio di mezzi blindati, come se si fosse in presenza di una guerra civile". Come spiega Mauro Bafile nell’ultimo editoriale del giornale da lui diretto a Caracas La Voce d’Italia, "I protagonisti di questi ultimi giorni, adolescenti ai quali ognuno dà il nome che vuole, camminano indisturbati tra chi partecipa alle manifestazioni pacifiche, mostrando le loro armi: maschere antigas di ogni tipo, scudi in legno o in metallo di forme e colori diversi, guanti per evitare le ustioni al momento di raccogliere le granate lacrimogene e lanciarle, spalline e pettorine per motocross, petto protettore per baseball e tante, tante bombe molotov ed anche razzi pirotecnici.
Nei loro occhi, occhi di ragazzi quindicenni, sedicenni che difficilmente arrivano ai venti o venticinque anni, si nota la soddisfazione di essere finalmente qualcuno; la soddisfazione di essere ammirati, di non essere più solo trattati da criminali in potenza. E ad ammirarli sono gli stessi che, quando li vedono in strada, a volte preferiscono cambiare marciapiede.
Molti sono giovani di classe media, studenti, liceisti o universitari di primo o secondo semestre; tanti altri sono ragazzi senza futuro che, quasi vent’anni fa, furono battezzati dall’estinto presidente Chávez con il nome altisonante di "niños de la Patria". Oggi sono la manifestazione lampante del fallimento della "revolución bonita"; dell’incapacità del governo di dare loro una speranza.
Questi giovani, osannati ed esultati attendono nelle retrovie il primo lancio di gas lacrimogeni, i primi spari di pallettoni di gomma, il primo intervento violento delle forze dell’Ordine per entrare in azione. È così che, poi, come Davide contro Golia si rendono protagonisti di battaglie campali combattute con coraggio ma con armi disuguali. Le conseguenze le conosciamo tutti: arresti, feriti e purtroppo morti.
Domenica scorsa, l’azione di questi gruppi pare abbia fatto un salto di qualità. Si sarebbero anticipati all’azione della Polizia Nazionale. Non si sa come ma, superando lo sbarramento massiccio di Polizia e Guardia Nazionale, hanno sequestrato e dato fuoco ad autobus e vetture, rendendo impossibile l’intervento dei mezzi blindati. Complicità delle forze dell’Ordine? Nessuno avrebbe osato esporre una tale teoria se, dopo una prima scaramuccia, la Polizia e la Guardia Nazionale non si fossero inspiegabilmente ritirate per scomparire dalla scena, abbandonare per la prima volta il terreno e permettere che la violenza si estinguesse lentamente. Un atteggiamento insolito, per tanti sospetto, da parte delle forze dell’Ordine che, fino a ieri, hanno represso con estrema violenza e con puntualità da orologio svizzero i cortei del Tavolo dell’Unità.
L’atteggiamento remissivo della Polizia e della "Guardia" ha automaticamente innescato un vortice di domande alle quali ognuno ha dato e da una sua risposta: chi finanzia questi gruppi ribelli che nell’affrontare per ore le forze dell’Ordine hanno destato l’interesse dell’opinione pubblica nazionale e internazionale? Sono veramente espressione di una rabbia covata per anni e che ora esplode spontanea o, dietro le quinte, c’è chi muove i loro fili come se fossero marionette? Cui prodest? Quest’ultima, in realtà, è l’unica domanda alla quale si dovrebbe cercare di dare una risposta.
Di certo la violenza nuoce al Tavolo dell’Unità. I gas lacrimogeni, i pallettoni di gomma, le biglie e le schegge di vetro e ceramica sparate a distanza ravvicinata potrebbero spaventare i cittadini e dissuaderli dal partecipare alle manifestazioni. Il timore di vedersi coinvolti nella repressione post-manifestazione – leggasi, arresti durante il ritorno a casa anche se lontani dai luoghi in cui i giovani sono protagonisti delle loro battaglie campali contro la polizia – potrebbero indurre i cittadini a disertare le manifestazioni alle quali oggi partecipano come mai avevano fatto prima. D’altro canto, bisogna riconoscere, pur senza condividerne l’azione perché la violenza è solo condannabile, che la partecipazione di questi giovani, che rispondono senza paura alla "brutalità di Stato" ha fatto sì che l’opinione pubblica internazionale si rendesse conto che il Venezuela, da paradiso terrestre, si è trasformato in Paese assai problematico grazie ad una crisi alla quale il governo pare non sappia o non voglia porre riparo.
In Venezuela, come scrive Luis Vicente León sul portale Prodavinci, convivono tre Paesi: quello che lotta per un futuro migliore ed è protagonista dei cortei di protesta; quello che attende ogni pretesto per saccheggiare e dare sfogo agli istinti più bassi dell’essere umano e, purtroppo, quello che vive nell’indifferenza, anzi che non vive ma sopravvive e al quale non importano né la crisi né la povertà né il benessere della nazione.
È notizia di questi giorni l’acquisto, come se fosse carta straccia, dei Buoni di Pdvsa da parte della Goldman Sachs. Si è trattato di una vera e propria svendita, quasi una liquidazione, un "saldo di fine stagione". Come altro si potrebbe definire l’operazione realizzata da Pdvsa che ha ceduto i propri titoli con scadenza al 2022 alla Goldman Sachs, una delle più grandi banche d’affari che si occupa principalmente d’investimenti bancari e azionari, di risparmio e di altri servizi finanziari, per l’irrisoria cifra di 865 milioni di dollari quando il loro prezzo nominale era di 2.800 milioni di dollari? Ovvero, con uno sconto del 69 per cento. Fonti vicine all’operazione hanno rivelato che questa non è stata fatta direttamente dal governo, ma da un broker. Forse così la Goldman Sachs spera di aggirare le minacce del Parlamento. Ormai da mesi i deputati hanno assicurato che non saranno riconosciute quelle operazioni di credito del Governo che non siano state avallate dal Parlamento, come stabilito dalla Costituzione. Un rischio calcolato, è evidente, che la Goldman Sachs ha deciso di correre, forse nella convinzione che poi, quando nel Paese tornerà la tranquillità, potrà negoziare con questo o con un nuovo governo e, comunque, ottenere benefici da quest’acquisto". (aise)