CHIRURGO DEL SUD SUDAN VINCE IL PREMIO NANSEN PER I RIFUGIATI DELL’UNHCR 2018

GINEVRA\ aise\ - Il chirurgo sud sudanese Evan Atar Adaha è stato insignito del Premio Nansen per i Rifugiati dell’UNHCR per il 2018.
Atar, spiega l’Agenzia Onu, è stato premiato per il suo eccezionale impegno ventennale nel fornire assistenza medica a coloro che sono costretti a fuggire da conflitti e persecuzioni in Sudan e Sud Sudan, e alle comunità che li accolgono.
Il chirurgo lavora a Bunj, nella parte nord-orientale del Sud Sudan, dove gestisce l’unico ospedale operativo, a cui si rivolgono più di 200.000 persone, tra cui 144.000 rifugiati provenienti dallo Stato del Nilo Azzurro in Sudan e i circa 53.000 cittadini della contea di Maban.
La sua équipe medica che opera presso l’ospedale di Maban effettua, in media, 58 operazioni settimanali in condizioni difficili e con pochi strumenti e attrezzature. Non ci sono macchinari predisposti per l’anestesia generale, il che significa che i medici operano con iniezioni di chetamina e con l’anestesia epidurale.
L’unica macchina per radiografia disponibile è rotta, l’unica sala operatoria è provvista di una sola fonte di illuminazione e l’elettricità proviene da generatori che spesso si guastano. Poiché è l’unico ospedale nello Stato dell’Alto Nilo, è spesso affollato di pazienti e i reparti vengono allestiti all’aperto.
Il Sud Sudan, la nazione più giovane al mondo, ha ottenuto l’indipendenza dal Sudan nel 2011 in seguito a un referendum pacifico.
A causa della guerra civile che dura ormai da cinque anni, il Sud Sudan è alle prese con la peggior emergenza di rifugiati in Africa in termini di numeri e di rapidità di espansione e la terza maggior crisi al mondo. Si stima che siano circa 1,9 milioni le persone sfollate internamente e altri 2,5 milioni le persone che hanno cercato rifugio nei paesi limitrofi.
“La crisi nel Sud Sudan ha avuto un impatto devastante su milioni di persone sradicate dalle loro case o le cui vite sono state dilaniate da conflitti, violenze e insicurezza alimentare”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “Eppure, anche in questa tragedia, sono emersi atti di eroismo e di servizio agli altri. Il lavoro del Dottor Atar, che ha accompagnato decenni di guerra civile e conflitti, è uno splendido esempio di profonda umanità e altruismo. Attraverso i suoi instancabili sforzi, sono state salvate migliaia di vite e moltissimi uomini, donne e bambini hanno avuto la possibilità di ricostruirsi un futuro. Spesso rischiando la propria incolumità, la sua dedizione al servizio delle vittime della guerra e dei conflitti è stata straordinaria e merita attenzione e riconoscimento a livello internazionale”.
Originario di Torit, cittadina del Sud Sudan meridionale, Atar ha ottenuto una borsa di studio per studiare medicina a Khartoum, in Sudan, e successivamente ha esercitato la professione medica in Egitto. Nel 1997, allo scoppio della guerra nello Stato del Nilo Blu in Sudan, si è offerto di lavorare come volontario in quella zona, aprendo dal nulla il suo primo ospedale a Kurmuk e lavorando proprio nel cuore di un conflitto di vasta portata e spesso sotto i bombardamenti aerei diretti.
Nel 2011, l’escalation della violenza ha costretto Atar ad abbandonare il suo ospedale in Sudan, e a fuggire con i suoi collaboratori e con tutto il materiale che poteva portare con sé, iniziando un viaggio che sarebbe durato un mese.
Una volta arrivato a Bunj, ha aperto la sua prima sala operatoria in una clinica locale abbandonato, sovrapponendo uno sull’altro degli assi per creare un tavolo operatorio rialzato. Da quel momento, Atar ha lavorato instancabilmente per ottenere finanziamenti e formare altre giovani infermiere e ostetriche.
Si stima che nel 2017 i rifugiati rappresentassero il 71% dei pazienti sottoposti a interventi chirurgici, ma l’impegno del medico nel curare tutte le persone bisognose di assistenza medica, indipendentemente dalla loro provenienza, gli è valso il rispetto di tutti i rifugiati e delle comunità locali.
“Qui curiamo tutti, a prescindere dal loro status: rifugiati, sfollati interni, membri delle comunità ospitanti”, sostiene Atar. “Ciò che più mi dà gioia e vedere che il mio lavoro ha alleviato la sofferenza di una persona o le ha salvato la vita”.
Il dottore a volte lavora 48 ore senza sosta ed è sempre reperibile. Il sacrificio personale che fa è enorme. Vive in una tenda di tela vicino all’ospedale, mentre la sua famiglia si trova a Nairobi, in Kenya, dove fa loro visita tre volte all’anno durante brevi pause che si concede per riprendersi dal suo estenuante lavoro.
Il Sud Sudan ospita quasi 300.000 rifugiati, di cui il 92% sono sudanesi provenienti dalle regioni del Sud Kordofan e del Nilo Azzurro, vicino al confine sud sudanese.
L’UNHCR dispone al momento solo del 15% dei fondi necessari a far fronte a questa emergenza e finanzia il lavoro del chirurgo attraverso la sua organizzazione partner, Samaritan’s Purse (SP).
L’UNHCR e SP collaborano insieme dal 2012 per fornire servizi sanitari all’ospedale di Maban in assenza di servizi nazionali funzionanti. Dopo la sua apertura, l’ospedale viene potenziato ogni anno dal 2012, ma è necessario fare di più.
Il Premio Nansen per Rifugiati dell’UNHCR è un riconoscimento agli straordinari servizi prestati a favore di coloro che sono costretti a fuggire.
La cerimonia di premiazione per il 2018 si terrà il 1° ottobre a Ginevra, in Svizzera, e per l’occasione verrà tenuto un discorso ufficiale dall’attrice Cate Blanchett, Ambasciatrice di Buona Volontà dell’UNHCR; ad assegnare il riconoscimento sarà l’attrice sudafricana Nomzamo Mbatha, sostenitrice della campagna LuQuLuQu dell’UNHCR. (aise)