LA GUERRA DIMENTICATA

ROMA – focus/ aise – A distanza di cinque anni dall’interpellanza dell’attuale sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, affinché la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia si adoperasse presso le opportune sedi istituzionali affinché venisse revocata l’onorificenza conferita dalla Repubblica italiana a Josip Broz “Tito” nel 1969, un analogo provvedimento, come riporta Renzo Codarin, presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, è andato a buon fine. Se il primo appello, infatti, cadde nel vuoto, così pare non essere stato per quello lanciato dall’assessore Roberti. Certo, l’iter non è semplice, poiché adesso il sollecito dovrà essere recepito dal governo e dovrà intanto proseguire la proposta di legge che richiede la modifica del regolamento che presiede alla concessione dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, in maniera tale da poterla ritirare anche con riferimento a personalità che nel frattempo sono defunte, ma si è intanto fatta luce su attività criminali a loro carico. Quella nei confronti degli italiani al confine orientale, a tutti gli effetti, è stata una guerra. Una guerra per molti anni nascosta e da molti dimenticata. I parigiani comunisti di Tito si macchiarono infatti di veri e propri massacri e crimini dei più orrendi: le foibe, le deportazioni, il clima di terrore instaurato per tutti quelli che avevano la “colpa” di essere italiani. Non si trattò solamente di una vendetta contro gli ex fascisti. È accertato infatti che furono anche molti comunisti e socialisti a morire, così come i cattolici, i monarchici e, ovviamente, anche i fascisti e i loro congiunti, che in molti casi non avevano altra colpa se non quella di aver avuto un congiunto tra le fila di Benito Mussolini. Per molti anni la pulizia etnica perpetrata a danno degli italiani e il conseguente esodo che li vide loro malgrado protagonisti, furono nascosti dai vari governi della Democrazia Cristiana, che non voleva suscitare uno scomodo scandalo e rischiare di entrare in rotta di collisione con il pericoloso vicino. Solo in tempi recenti si è cominciato infatti a parlare di certi argomenti al di fuori di facili e sciocche strumentalizzazioni, analizzando acriticamente quanto avvenuto e accorgendosi che si trattò niente di più e niente di meno di una barbarie. Tante, oggi, le associazioni che cercando di mantenere vivo il ricordo. È il caso, per esempio, dell’Associazione sportiva Il Delfino di Udine che la scorsa settimana ha organizzato una camminata storico naturalistica che dal paese di Porzus porta alle malghe di Topli Uorch, quelle dell’eccidio perpetrato dai partigiani comunisti a danno della Brigata Osoppo, che lì ebbe luogo nel febbraio del 1945. A presenziare anche l’Associazione Partigiani Osoppo Friuli, costola della FIVL, Federazione Italiana Volontari della Libertà, sigla che racchiude al suo interno una miriade di gruppi di ex partigiani appartenenti all’ala democratica e cattolica della Resistenza. Gli escursionisti sono arrivati in cima al monte Carnizza, dove gli osovani avevano creato un posto di osservazione: da lì si domina tutta la pianura friulana da Gemona fin quasi al mare.
Gli osovani di guardia, in quel tragico giorno, videro arrivare i gappisti, ma non compresero la gravità del pericolo che stava incombendo su di loro: l’ordine dei gappisti, comandati da Giacca” Mario Toffanin, operaio dei cantieri di Monfalcone, noto per la sua inesorabile crudeltà e freddezza e grande ammiratore di Tito, era infatti quello di “dare una lezione a quelli della Osoppo”. Il resto è storia nota. I partigiani dell’Osoppo (il cui comandante, Francesco De Gregori, era lo zio del noto cantautore), furono trucidati da quelli che credevano compagni di lotta contro il nazismo e che invece si erano biecamente presati ai piani di espansione del comandante jugoslavo. (focus\ aise)