TRAGEDIE DEL MARE: IL DOLORE DEL PAPA

ROMA\ aise\ - "Sono giunte in queste ultime settimane drammatiche notizie di naufragi di barconi carichi di migranti nelle acque del Mediterraneo. Esprimo il mio dolore di fronte a tali tragedie ed assicuro per gli scomparsi e le loro famiglie il mio ricordo e la mia preghiera". Così Papa Francesco al termine della recita dell’Angelus, ieri, in piazza San Pietro.
Salutando i fedeli e i pellegrini raccolti come ogni domenica a Roma, il Pontefice ha rivolto "un accorato appello affinché la comunità internazionale agisca con decisione e prontezza, onde evitare che simili tragedie abbiano a ripetersi, e per garantire la sicurezza, il rispetto dei diritti e della dignità di tutti".
Il Papa aveva aperto il tradizionale incontro spiegando che "il Vangelo di oggi (cfr Mc 6,30-34) ci racconta che gli apostoli, dopo la loro prima missione, ritornano da Gesù e gli riferiscono "tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato" (v.30). Dopo l’esperienza della missione, certamente entusiasmante ma anche faticosa, essi hanno un’esigenza di riposo. E Gesù, pieno di comprensione, si preoccupa di assicurare loro un po’ di sollievo e dice: "Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’" (v.31). Ma questa volta l’intenzione di Gesù non si può realizzare, perché la folla, intuendo il luogo solitario dove si sarebbe diretto con la barca insieme ai suoi discepoli, accorse là prima del loro arrivo".
"Lo stesso può accadere anche oggi", ha detto Bergoglio. "A volte non riusciamo a realizzare i nostri progetti, perché sopraggiunge un imprevisto urgente che scombina i nostri programmi e richiede flessibilità e disponibilità alle necessità degli altri. In queste circostanze, siamo chiamati ad imitare quanto ha fatto Gesù: "Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose" (v.34). In questa breve frase, l’evangelista ci offre un flash di singolare intensità, fotografando gli occhi del divino Maestro e il suo insegnamento. Osserviamo i tre verbi di questo fotogramma: vedere, avere compassione, insegnare. Li possiamo chiamare i verbi del Pastore. Lo sguardo di Gesù non è uno sguardo neutro o, peggio, freddo e distaccato, perché Gesù guarda sempre con gli occhi del cuore. E il suo cuore è così tenero e pieno di compassione, che sa cogliere i bisogni anche più nascosti delle persone. Inoltre, la sua compassione non indica semplicemente una reazione emotiva di fronte ad una situazione di disagio della gente, ma è molto di più: è l’attitudine e la predisposizione di Dio verso l’uomo e la sua storia. Gesù appare come la realizzazione della sollecitudine e della premura di Dio per il suo popolo".
"Dato che Gesù si è commosso nel vedere tutta quella gente bisognosa di guida e di aiuto, ci aspetteremmo che Egli si mettesse ora ad operare qualche miracolo. Invece", ha continuato il Santo Padre, "si mise a insegnare loro molte cose. Ecco il primo pane che il Messia offre alla folla affamata e smarrita: il pane della Parola. Tutti noi abbiamo bisogno della parola di verità, che ci guidi e illumini il cammino. Senza la verità, che è Cristo stesso, non è possibile trovare il giusto orientamento della vita. Quando ci si allontana da Gesù e dal suo amore, ci si perde e l’esistenza si trasforma in delusione e insoddisfazione. Con Gesù al fianco si può procedere con sicurezza, si possono superare le prove, si progredisce nell’amore verso Dio e verso il prossimo. Gesù si è fatto dono per gli altri, divenendo così modello di amore e di servizio per ciascuno di noi".
"Maria Santissima ci aiuti a farci carico dei problemi, delle sofferenze e delle difficoltà del nostro prossimo, mediante un atteggiamento di condivisione e di servizio", ha concluso infine Papa Francesco. (aise)