TEDESCHI TROPPO DIRETTI E ITALIANI CHE NON ARRIVANO AL DUNQUE? LA COMUNICAZIONE TRA CULTURE DIVERSE – di Concetta D’Arcangelo

MONACO\ aise\ - “Sarà capitato probabilmente anche a voi di essere stati spiazzati da risposte od osservazioni troppo dirette, fatte da conoscenti, colleghi o amici tedeschi. Nel ricordo mi riecheggia ancora lo “Ja” secco e duro alla domanda “Störe ich?” (Disturbo?). Avevo telefonato alla mamma di un amichetto di mio figlio verso le 18, per noi ancora pomeriggio ma per loro già orario di cena, e la mia domanda retorica era per me un modo di iniziare cortesemente la telefonata, prevedendone già la risposta, ma non così schietta. Oppure il “Nein” del mio collega alla mia domanda, anche questa retorica, “Hast du Zeit?” (Hai tempo?), che avevo usato come espediente retorico per intavolare una conversazione, senza minimamente sospettare un rifiuto. In quell’occasione la mia reazione è stata di stupore e d’indignazione per una tale mancanza di rispetto e il nostro rapporto è stato troncato sul nascere”. Ne scrive Concetta D’Arcangelo su “Rinascita flash”, bimestrale dell’omonima associazione, diretto a Monaco da Sandra Cartacci.
“Sarà capitato probabilmente anche a voi di sentirvi rinfacciare di parlare troppo: “Komm endlich zum Punkt!” (Arriva al dunque!). Nel mio caso allo stupore iniziale subentrava irritazione, inasprita dal suggerimento successivo “Nehm es nicht persönlich!”. “Non me la devo prendere personalmente?”, mi chiedevo.
È pur sempre una critica rivolta a me, non un’osservazione generica ed impersonale. Con il tempo e grazie ad una serie di seminari ho imparato a decodificare i messaggi senza tralasciarne gli aspetti culturali, che sono spesso la causa di gravi malintesi.
Anche nella mediazione linguistica è a volte opportuno chiarire tali malintesi in una seduta supplementare, a conclusione dell’interpretariato, come nel caso di una signora italiana a colloquio con l’Arbeitvermittler del Job Center (agente di collocamento).
La donna ripeteva le istruzioni e i suggerimenti dell’impiegato, sia per essere sicura di averli capiti correttamente (la sua insicurezza nasceva probabilmente dal fatto che si muoveva in un Paese, ambiente e situazione a lei estranei, essendo appena arrivata in Germania), ma anche per segnalare attenzione ed interesse al suo interlocutore. L’agente l’aveva invece presa per “dura di comprendonio” ed è stato necessario chiarire l’equivoco con qualche delucidazione a riguardo.
Il concetto di alto e basso contesto, per distinguere lo stile di comunicazione di una cultura (high and low context cultures), di cui ho sentito parlare per la prima volta nei seminari d’interculturalità, mi ha aiutata a valutare meglio diverse situazioni comunicative, comprese quelle di cui ho parlato all’inizio. L’idea di fondo è che ci siano culture nelle quali tutto (o quasi) viene esplicitato nella comunicazione e culture nelle quali la comunicazione si basa su un implicito background culturale comune.
La comunicazione a basso contesto è la trasmissione della maggior parte dell’informazione attraverso il codice esplicito della lingua.
Quella ad alto contesto, invece, dà molto valore agli aspetti extra-linguistici dell’atto comunicativo, come emozioni, luoghi, comunicazione non verbale etc. In una cultura prevalentemente a basso contesto, come quella tedesca, la comunicazione è solitamente esplicita e diretta, a favore dell’efficienza, e viene posta enfasi su una logica di tipo lineare, che mira direttamente al nocciolo del problema. Meno importanza è data alla scelta delle parole.
In una cultura prevalentemente ad alto contesto, come potrebbe essere quella italiana, la comunicazione indiretta è vista come una forma d’arte. L’informazione è trasmessa non solo attraverso le parole, ma anche attraverso elementi contestuali, come il tono della voce, il linguaggio del corpo e le espressioni facciali. La comunicazione è “ammortizzante”, indiretta e mira a promuovere l’armonia.
Dal momento in cui ho preso coscienza di questa distinzione – a cui però evito di far riferimento in modo rigoroso, altrimenti rischierei di alimentare i miei stereotipi – accetto anche che mi si risponda, “Ja, du störst” (sì, disturbi) senza offendermi. E senza “prendermela personalmente””. (aise)