A NEW YORK FINISCE LA BELLA AVVENTURA DEGLI ARTISTI ITALIANI AL FESTIVAL INSCENA! – di Manuela Caracciolo

NEW YORK\ aise\ - “Si parla molto spesso di fuga di cervelli, di eccellenze italiane in America, di viaggi pieni di speranza, con la valigia di cartone ricolma di sogni verso la Terra delle Promesse. Perchè per un attore, calcare il palcoscenico di un teatro storico newyorchese è qualcosa di importante che diventa realtà. Forse è anche questo lo spirito con cui le otto compagnie italiane hanno vissuto la settima edizione di In Scena! Italian Theater Festival NY, il festival di teatro italiano svolto nei cinque distretti newyorkesi, dal 29 aprile al 13 maggio 2019”. A scriverne è Manuela Caracciolo per “La voce di New York”, quotidiano online diretto da Stefano Vaccara.
“Grazie all’impegno di uno staff onnipresente, capitanato da Laura Caparotti, ogni anno In Scena! presenta a New York una rassegna appositamente proveniente dall’Italia, includendo spettacoli che hanno già circolato in Italia e letture di testi in traduzione, conferenze, incontri e scambi fra artisti italiani e internazionali. Scopo è promuovere la conoscenza del teatro e degli artisti italiani presso il pubblico newyorkese, e costruire un ponte fra la scena artistica dei due Paesi.
Attori, registi, scenografi, costumisti da ogni parte della penisola si sono incontrati prima e dopo gli spettacoli, per momenti di scambio, in un’informalità che ha suggellato amicizie e collaborazioni.
Perchè gli italiani, all’estero, soprattutto se accomunati da una passione comune, sanno dare e ricevere. Anche la visita al consolato italiano, con Francesco Genuardi in veste istituzionale ma assolutamente accogliente e curioso di conoscere le eccellenze artistiche italiane sbarcate a New York, ha dimostrato la coesione di chi vuole portare all’estero la bellezza e la cultura costruendo una rete di professionalità e umanità.
Tra questi, un grande ritorno, forse scritto tra le pagine del destino: Giorgio Faletti è tornato a New York, città a lui molto cara, con l’importante incarico di mettere in scena la sua ultima fatica teatrale. “L’ultimo giorno di sole” (di cui ha scritto testi e canzoni) è andato in scena con due repliche, una alla Casa italiana Zerilli- Marimò, il 7 maggio, che ha accolto con calore e partecipazione il ritorno di un ospite che già alcune volte aveva portato la forza della sua personalità e della sua scrittura al pubblico italo americano.
Con sette monologhi e otto canzoni, spettacolo scritto e pensato da Faletti per l’attrice Chiara Buratti, “L’ultimo giorno di sole” è un racconto sulla fine delle cose, la fine del mondo, in senso letterale, dove un sole devastatore porge all’ umanità la fine. Mentre tutti fuggono alla ricerca di un improbabile luogo dove potersi salvare da una imminente esplosione solare, la protagonista Linda (Chiara Buratti) decide di restare nel paese dov’è nata, e di guardarsi dentro. Racconta ciò che ha visto e chi ha incontrato, le cose che ha vissuto e quelle che ha sognato. E canta per esorcizzare il buio. Ci sono uomini che scrivono delle donne meglio delle donne stesse. Lui mi venne a trovare dopo un mio spettacolo e mi disse che aveva in mente qualcosa per me. In due settimane aveva scritto la metà delle canzoni”.
Il suo “romanzo a teatro” affidato all’attrice Chiara Buratti, scelta personalmente dall’autore per dare il viso e la voce a Linda, la protagonista della storia “alla fine del mondo” con sette monologhi e otto canzoni.
Ha commentato così Roberta Bellesini Faletti, moglie di Giorgio e produttrice dello spettacolo: “Credo che questo sia uno spettacolo impegnativo, ma che aiuta a riflettere. Quando si esce dal teatro, di solito ci si pongono domande che tutti ci siamo fatti almeno una volta nella vita ma a cui non abbiamo mai avuto il coraggio di dare una risposta. E attraverso l’interpretazione magistrale di Chiara Buratti, attraverso il suo personaggio, siamo messi davanti agli interrogativi universali, in primis: Quale vita sarà la mia? Questo è ciò che si è chiesto Giorgio, in un momento molto particolare della sua vita, come se già avvertisse qualcosa di imminente… È una ricerca profondissima, un guardare in faccia la paura della fine (se esiste?), per aprire cassetti della memoria per ricostruire se stessi con più consapevolezza, umanità e accettazione di un destino disegnato per ognuno di noi. A tutto questo, però, non manca mai un pizzico di ironia che era tipica della scrittura di Giorgio”.
E tra un sopralluogo nelle location che accolgono le pièce e una prova dei suoni, c’è il tempo per ritrovarsi intorno ad un tavolo e condividere esperienze, risate, selfie e far nascere nuovi progetti e collaborazioni, in America o in Italia, ha poca importanza.
Poi si arriva inevitabilmente a salire sul palco, con tanta emozione, tirando fuori energia e passione, trovando il conforto negli applausi anche al Cherry Lane Theatre, il più antico teatro di Broadway.
Insomma, un’esperienza che resterà sicuramente tra le più suggestive sia nei ricordi del pubblico che in quelli chi ne è stato il diretto protagonista, sul palco o dietro, ad organizzare e coordinare, tutti accomunati dalla volontà di portare oltre i confini il linguaggio universale del teatro”. (aise)