CONOSCERE LA NOSTRA TERRA

ROMA – focus/ aise - Mappate, mediante l’integrazione di tecniche avanzate di analisi di interferometria radar e sismica, le porzioni della struttura interna del supervulcano flegreo, attualmente più attive in termini di concentrazione degli sforzi, di dinamica del suolo ed emissione fumaroliche superficiali. A rivelarlo è la ricerca “Volcanic structures investigation through SAR and seismic interferometric methods”, condotta dal Cnr, dall’Ingv e dall’Università Federico II di Napoli, e pubblicata su Remote Sensing of Environment.
Sono state individuate, dunque, le regioni interne più attive dei Campi Flegrei mediante l’integrazione di indagini geofisiche, della sismicità e delle deformazioni del suolo dell’area telerilevata. A mettere in luce le parti più attive del supervulcano flegreo, situato ad occidente dell’area urbana napoletana, uno studio condotto dall’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irea), dall’Osservatorio vesuviano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv-Ov) e dal Dipartimento di scienze della terra dell’ambiente e risorse dell’Università degli studi di Napoli Federico II, in collaborazione con Involcan (Instituto Volcanológico de Canarias, Tenerife, Spagna) e Institute for Geosciences JGU (Johannes Gutenberg-Universität Mainz).
“L’integrazione di tecniche di analisi innovative dei dati satellitari e sismici - spiega il coordinatore scientifico Pietro Tizzani, ricercatore Cnr-Irea - ha permesso di mappare le porzioni della struttura interna del supervulcano flegreo attualmente più attive sia in termini di concentrazione degli sforzi, che di dinamica del suolo”. In particolare, i risultati sono ottenuti dai dati radar satellitari in banda X della costellazione Cosmo-SkyMed dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), elaborati presso i laboratori del Cnr-Irea di Napoli insieme ai dati sismici acquisiti dalla rete di monitoraggio permanente dell’Ingv-Ov.
Inoltre, spiega Francesca Bianco, direttrice Ingv-Ov, le analisi integrate hanno evidenziato “come l’area a est della solfatara, in prossimità della regione fumarolica di Pisciarelli, rappresenti la porzione di caldera caratterizzata dai più alti tassi relativi di deformazioni del suolo, tra il 2011 ed il 2014, a cui corrisponderebbe, a una profondità tra gli 0.8 ed 1.2 km, una regione caratterizzata dalla massima concentrazione di sismicità registrata: tendenza che prosegue anche dopo il 2014”.
I risultati della tecnica di interferometria sismica impiegata nell’analisi, nota come Ambient Noise Tomography (ANT), hanno poi evidenziato in quest’area una porzione di crosta in cui si registra un significativo cambiamento nella velocità di propagazione delle onde sismiche, che testimonierebbe la presenza di corpi geologici con caratteristiche meccaniche diverse rispetto alla regione ad est di Pisciarelli. Variazioni probabilmente legate a intensi fenomeni idrotermali estesi tra la superficie topografica e circa 1.5 km di profondità, che andrebbero a costituire strutturalmente il sistema di interconnessione della sorgente magmatica profonda con la superficie. Tale interpretazione è supportata anche dall’intensa attività fumarolica registrata tra la solfatara e la località Pisciarelli nel periodo 2011-2014.
“Lo sviluppo di nuove tecniche di analisi dei campi di potenziale nel contesto dei dati telerilevati di deformazione del suolo - sottolinea Maurizio Fedi, ordinario di geofisica applicata dell’Ateneo federiciano e coautore della ricerca - è un valore aggiunto prezioso per la caratterizzazione-individuazione delle strutture subvulcaniche e nello studio della dinamica superficiale dei vulcani. L’analisi dei lineamenti strutturali ottenuti da questi dati, integrata con quelli già desunti dai dati gravimetrici e magnetometrici, è molto significativa per le strutture a bassa velocità a circa 1 km di profondità”.
Queste metodologie di analisi aprono a nuovi e significativi percorsi nello studio dei segnali geodetici multipiattaforma.
“La ricerca - conclude Riccardo Lanari, direttore Cnr-Irea - rappresenta un esempio di come la collaborazione e l’integrazione multidisciplinare delle professionalità presenti nel contesto scientifico partenopeo delle scienze della terra, abbiano portato ad un avanzamento significativo della conoscenza della natura e del comportamento del vulcano flegreo e dello sviluppo tecnologico dei sistemi per il monitoraggio vulcanico, fondamentale sia per lo studio della loro struttura interna sia per il riconoscimento delle regioni dinamicamente più attive con relativa gestione del rischio”. Cambiamo tema, ma rimanendo sempre concentrati sul nostro pianeta: infatti ha preso il via la 35a spedizione scientifica italiana in Antartide con l’apertura della stazione italiana “Mario Zucchelli” (MZS) sul promontorio di Baia Terra Nova. La campagna estiva durerà 4 mesi e ospiterà 250 partecipanti tra tecnici e ricercatori, italiani e stranieri, a supporto di 45 progetti di ricerca, alcuni presso altre basi antartiche. Quest’anno, per la prima volta, la base chiuderà il 20 marzo, per consentire l’esecuzione di lavori di ristrutturazione dopo la partenza del personale scientifico.
Finanziate dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), le spedizioni italiane sono gestite dall’ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica e dal CNR per la programmazione e il coordinamento scientifico.
La base MZS è stata riaperta da un gruppo di 20 persone, composto dal capo spedizione Gianluca Bianchi Fasani, personale logistico specializzato dell’ENEA, addetti alla sala operativa delle Forze Armate, piloti di elicottero, un medico e un cuoco.
Il team è partito da Christchurch (Nuova Zelanda) con un volo diretto alla stazione statunitense di McMurdo e ha raggiunto la stazione italiana a bordo di un altro velivolo più piccolo (un Basler) che ha effettuato due voli atterrando sul ghiaccio di Tethys Bay, accanto a MZS. Oltre a riattivare i servizi dopo la chiusura dello scorso febbraio, questo primo gruppo ha preparato la pista di 3 km sul pack marino, idonea all’atterraggio dei vettori aerei intercontinentali.
Questa spedizione vedrà per la prima volta l’impiego dell’unica nave italiana in grado di operare nelle aree polari, la “Laura Bassi”, acquisita dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste (OGS), grazie un finanziamento del MIUR, e gestita congiuntamente da CNR, ENEA e OGS. Partita dall’Italia il 21 ottobre, la rompighiaccio “Laura Bassi” arriverà nel porto neozelandese di Lyttelton il prossimo 5 dicembre; nell’ambito della 35a spedizione effettuerà due viaggi di A/R da Lyttelton a Baia Terra Nova e condurrà una campagna oceanografica.
Dopo venti anni di assenza, la 35a campagna estiva vede il ritorno in Antartide dei velivoli dell’Aeronautica Militare, grazie ad un accordo di collaborazione con ENEA. Un aereo C-130J della 46^ Brigata Aerea di Pisa, con equipaggi addestrati ad operare in condizioni climatiche ed ambientali estreme, nel caso specifico su piste ghiacciate (atterraggio sul pack), supporterà la spedizione con voli tra Christchurch e le basi antartiche MZS e McMurdo, assicurando il trasporto sia di passeggeri che di materiali.
In questa spedizione saranno impegnati 26 militari italiani di Esercito, Marina, Aeronautica ed Arma dei Carabinieri, nell’ambito delle competenze specifiche della Forza Armata d'appartenenza. Le eccellenze provenienti dalle varie Forze Armate collaborano con personale specializzato per tutte le attività, dalla sala operativa, alle guide alpine dell’Esercito che coordinano le attività esterne e contribuiscono al supporto specialistico durante le attività di ricerca. I palombari della Marina, insieme ad un carabiniere, realizzano la conduzione e il coordinamento di tutte le attività subacquee. I meteorologi dell’Aeronautica redigono le previsioni climatiche, le quali hanno un ruolo determinante per l’efficace pianificazione e svolgimento in sicurezza delle molteplici attività del personale scientifico e delle operazioni terrestri aeree e navali, sia per l’attuazione del programma scientifico che per il rifornimento della stazione italo-francese Concordia di Dome C durante la campagna invernale.
La positiva esperienza della campagna precedente permetterà l’impiego, anche in questa spedizione, di un Airbus-A319 della Australian Antarctic Division, che effettuerà alcuni voli da Hobart (Tasmania, Australia) a MZS, trasportando ricercatori e tecnici italiani, e coreani della limitrofa stazione Jang Bogo. In questa spedizione continuerà l’importante contributo da parte di personale dei Reparto Genio dell’Aeronautica Militare per la realizzazione di una pista di volo semi-preparata a Boulder Clay, di cui sono già stati completati circa i due terzi. Una volta terminati i lavori, la stazione italiana sarà autonoma dal punto di vista dei trasporti aerei, anche nei mesi successivi alla rottura del pack, diventando un punto di riferimento per le basi limitrofe.
Il prossimo 8 novembre verrà avviata anche la campagna estiva a Concordia, che si trova a oltre 3mila metri sul plateau antartico, dove sono previsti osservatori, studi e ricerche nei settori della glaciologia, chimica e fisica dell’atmosfera, astrofisica, astronomia, geofisica e biomedicina. Nell’ambito del nuovo progetto internazionale “Beyond Epica”, inizierà quest’anno a Little Dome C, a 40 chilometri da Concordia, l’allestimento del campo che ospiterà le attività di perforazione del ghiaccio più antico del mondo, con l’obiettivo di ricostruire il clima del pianeta fino a 1,5 milioni di anni fa.
A partire da novembre inizierà anche il graduale arrivo dei nuovi 12 winter over – 5 del PNRA, 6 dell’Istituto polare francese Paul Emile Victor (IPEV) e 1 medico dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) – che andranno a sostituire il team precedente, restando poi in completo isolamento fino a novembre 2020 durante la stagione invernale, quando si toccano temperature esterne di -80°C (percepite fino a-100°C). (focus\aise)