I 4 MAGHI DELLE APP: "MIRACOLO A MILANO, CORRIAMO PIÙ DI NETFLIX" – di Federico Fubini

MILANO\ aise\ - La Bending Spoons di Corso Como è diventata in sei anni la nona società al mondo per numero di applicazioni scaricate (giochi esclusi). Ha 80 dipendenti, deve assumerne altri 50, età media 28 anni. I fondatori? Giovani ingegneri corteggiati dai fondi. Ne parla Federico Fubini in un articolo pubblicato sulla versione on line del Corriere della Sera, che riportiamo di seguito in versione integrale.
"La sensazione che investe l’ospite quando esce dall’ascensore al sesto piano di Corso Como 15 è di mancanza di spazio. Non dovrebbe, a dire il vero. Fuori dalle grandi finestre di cristallo si staglia la nuova skyline di Milano con la torre di Unicredit su Piazza Gae Aulenti e il Bosco verticale. All’interno non manca nessuna delle trovate di un’azienda di ultima generazione: un tappeto di erba sintetica, i rampicanti che scendono dalle pareti, gli spazi aperti dove ognuno siede dove vuole o può con il suo laptop.
Eppure qui a Bending Spoons si sta stretti tutto il giorno. Improvvisamente un intero piano di un vasto edificio del nuovo centro degli affari di Milano non basta più. Un’azienda di software, nata alla fine del 2013 da quattro giovani ingegneri, sembra entrata in una traiettoria esponenziale che ogni pochi mesi non la fa più stare negli abiti di prima. In un’Italia dove milioni di lavoratori hanno conosciuto ore di cassa integrazione, part-time forzato, contratti di solidarietà, a Bending Spoons gli ospiti vengono accolti da una spiegazione venata di strano imbarazzo: "Facciamo i turni per lavorare da casa, qui dentro non ci stiamo più. Ma da maggio si libera il piano di sotto". Erano 50 un anno fa — ingegneri di software e designer, in gran parte — sono 80 ora e nel 2019 si cercano altre 50 persone da assumere. Età media leggermente salita, di recente, a 28 anni.
A luglio scorso Sensor Tower, una società di analisi dei dati di San Francisco, ha registrato Bending Spoons come la nona società al mondo per il numero di proprie applicazioni digitali scaricate e la prima in Europa (giochi esclusi). Una posizione che la mette davanti a Netflix, Twitter o Adobe. Sei mesi fa venivano scaricate nel mondo 270 mila app di Bending Spoons ogni giorno, all’inizio 2019 il volume è cresciuto del 10%. Il 3 gennaio scorso il prodotto di punta dell’azienda, "30-day Fitness", è stato il più scaricato al mondo, davanti a Instagram. L’ultima app prodotta qui in Corso Como è una guida chiamata Yoga Wave, che per l’appunto è il nome della palestra che qualcuno ha aperto proprio davanti alla nuova sede di Apple a Cupertino, California. I risultati finanziari di Bending Spoon vanno di pari passo alla crescita sul mercato: 49 milioni di ricavi l’anno scorso, quasi quadruplicati dal 2017; i margini prima di tasse e ammortamenti quasi triplicati a otto milioni, benché l’azienda nel 2018 ne abbia spesi più di dieci in pubblicità su Facebook, Instagram o Snapchat.
Le app rivolte al consumatore sono la gallina dalle uova d’oro del ventunesimo secolo, purché uno sappia allevarla. L’investimento iniziale è limitato e il mercato è, immediatamente, il pianeta Terra: ci sono centinaia di milioni di ventenni o trentenni con una carta di credito in tasca e raggiungibili con facilità, se si è disposti a corrispondere alle piattaforme distributrici di Apple (iOs) o Google (Android) il 30% sui ricavi lordi il primo anno e il 15% in seguito. Ma proprio perché le barriere all’ingresso sono tanto basse, la competizione è violenta e dominata dalla prima legge dell’innovazione: chi vince, prende tutto. Bending Spoons, nata in Danimarca nel 2013, trasferita a Milano nel 2014 dai suoi quattro fondatori italiani, inizia a trovarsi dalla parte giusta di questa equazione.
Ai quattro — Luca Ferrari (33 anni), Francesco Patarnello (33), Matteo Danieli (34) e Luca Querella (31) — si è già presentata una processione dei nomi più celebri del venture capital e del private equity americano. "Non vendiamo", taglia corto Ferrari. Forse magari invece fra qualche anno si quotano, se e quando saranno cresciuti ancora. I quattro fondatori erano partiti con poche migliaia di euro in tasca da alcuni punti in comune: erano tutti espatriati per studio e lavoro a Copenaghen; hanno condiviso per anni lo stesso appartamento, oltre al doloroso naufragio della loro prima startup, Evertale, che offriva ai Millennials un diario digitale della vita quotidiana.
La seconda volta hanno mirato all’essenziale. Meno innovazione sui concetti di fondo, probabilmente, ma una cura ossessiva della qualità per scalare i mercati globali. La prima scelta strategica è stata di trasferire Bending Spoons da Copenaghen in Italia, per almeno due ragioni. Le spiega Ferrari, il figlio di una coppia di parrucchieri di Settimo di Pescantina (Verona) che ha la guida operativa: "Ci siamo spostati su Milano per la qualità delle persone che potevamo reclutare qui. L’Italia ha un ottimo sistema di istruzione e molti venticinquenni oggi sono affamati di lavoro, perché nella loro vita adulta non hanno mai conosciuto anni di abbondanza". E poi: "Volevamo provare a dimostrare che si può ancora costruire un’azienda di livello mondiale dall’Italia. Speriamo di contribuire a una rivoluzione economica e culturale nel Paese".
I quattro fondatori sono convinti che la ragione di fondo del loro successo sia quella che chiamano "l’ossessione per la qualità nel reclutamento" e il benessere e il coinvolgimento dello staff. Per 80 dipendenti Bending Spoons ha selezionato fra 15 mila candidature e continua a investire nella ricerca di altri giovani. Con l’iniziativa "First Ascent" porta ogni anni i migliori 20 studenti di informatica e ingegneria informatica a Copenaghen per tre giorni di test e vita di gruppo. Sempre con cadenza annuale, tiene due concorsi con un montepremi totale di 80 mila euro per programmatori e designer.
Non sono richieste solo competenze e disponibilità a lavorare duro, però. Conta almeno altrettanto l’adesione alla cultura d’impresa. Dice Ferrari: "Crediamo nella responsabilità sociale dell’azienda di contribuire alla felicità delle persone che ci lavorano". L’obiettivo è creare un nuovo modello produttivo. E una delle sue regole, sul modello del fondo Blackstone di Ray Dalio in Connecticut, è la "trasparenza radicale!". Tutti vedono tutto, inclusi i risultati dell’azienda in ogni momento. E tutti sono incoraggiati a "dare feedback", dire quello che pensano: non farlo significa negare agli altri l’opportunità di migliorarsi. Ma cosa succede se un dipendente preferisce non dare feedback? "Allora ti diamo feedback noi che il tuo feedback è atteso — risponde Ferrari —. La tua trasparenza è uno degli elementi per la valutazione"". (aise)