IL VANGELO SECONDO MATTEO: IL COMITES BASILEA PROIETTA PASOLINI
BASILEA\ aise\ - Nell’ambito della mostra “Lo sguardo di Pasolini attraverso gli occhi di Notarangelo”, il Com.It.Es di Basilea e Zurigo, in collaborazione con il gruppo GIR e l’Associazione Pasolini a Matera, ha organizzato la proiezione del film “Il Vangelo secondo Matteo”, di Pier Paolo Pasolini, che avrà luogo sabato 30 novembre alle 19.30 presso la sala teatro della Parrocchia San Pio X, a Basilea.
L’iniziativa gode del sostegno dell’Ambasciata d’Italia in Svizzera, del Consolato d’Italia in Basilea, dell’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, della Società Dante Alighieri, del Forum per l’italiano in Svizzera, della Fondazione ECAP, dell’ASRI, di Italiani in Movimento/Svizzera e di Parini’s.
Nel 1964, vedeva la luce uno dei film più rivoluzionari e intensi di Pier Paolo Pasolini. Nato per caso, frutto di una vera e propria folgorazione non solo spirituale, ma anche intellettuale ed estetica, “Il Vangelo” per cui Pasolini scelse Matera come set per ambientare la sua Palestina.
Il tempo della folgorazione biblica fu, per Pier Paolo Pasolini – ateo e marxista – il tempo di una rivelazione spirituale iscritta nel corpo del cinema. Era l’autunno del 1962 quando, relatore ad un convegno dal titolo “Il cinema come forza spirituale del momento presente”, Pasolini si trovò ad Assisi, ospite della Cittadella di Don Giovanni Rossi. Nonostante il suo ateismo dichiarato, furono la forte coscienza delle proprie radici cristiane, l’amore per la tradizione contadina e la concezione profondamente umana dell’esistenza, a spingerlo sempre incontro al tema della trascendenza.
Ad Assisi avrebbe dovuto parlare del suo “Accattone”. Il 4 di ottobre, tuttavia, i lavori si interruppero per via della straordinaria decisione di Papa Giovanni XXIII, in visita a Loreto, di concludere la sua giornata proprio nella cittadina francescana. Pasolini fu invitato a prendere parte alla delegazione che avrebbe reso omaggio a Roncalli, ma rifiutò. Si chiuse nella sua camera, in foresteria, e attese. Accanto al letto giaceva, come in ognuna delle stanze, un’edizione del Vangelo di San Matteo: lo prese in mano, cominciò a sfogliarlo, e nel giro di poche ore lo divorò. D’un fiato. Quell’“incidente” letterario – avrebbe raccontato dopo – fu per lui “una furiosa ondata, un trauma, un impulso che in quel momento lì era assolutamente oscuro, una forma di esaltazione, quella che Bernard Berenson chiama “l’aumento di vitalità” che dà la lettura di un grande testo, la visione di un grande quadro”.
Non aveva voluto incontrare il Papa, Pasolini, forse per timidezza, forse per inquietudine o diffidenza. Ma in qualche modo fu la parola di Dio a raggiungere lui. Quella sera stessa si confidò con Don Rossi: “Farò un film sul Vangelo di Matteo. L’ho deciso dopo aver letto, sdraiato sulla branda, il libretto che ho trovato sul comodino. Però dovete aiutarmi, io non sono un credente. E sono anche marxista”. E lo aiutarono, alcuni illuminati uomini di Chiesa, nonostante i preconcetti di certi ambienti borghesi conservatori, che non vedevano di buon occhio la sua cinematografia, provocatoria e non ortodossa, tantomeno la sua omosessualità.
Lo stesso Papa incoraggiò la produzione. “Alla cara, lieta e familiare memoria di Giovanni XXIII”: con questa dedica Pasolini siglò il suo film, uscito nel 1964 e premiato con il Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia e che resta tutt’oggi uno tra i film più monumentali e rivoluzionari mai girati sulla vita di Gesù. (aise)