LA BREXIT E GLI EUROPEI: COSÌ HO OTTENUTO IL PERMESSO PER RESTARE A LAVORARE IN GRAN BRETAGNA – di Enrico Franceschini

LONDRA\ aise\ - "E così, dopo quindici anni e cinque mesi in Gran Bretagna, ho ottenuto il permesso di continuare a viverci: Brexit o non Brexit. Questa mattina (ieri per chi legge, ndr) una email del ministero degli Interni britannico mi ha comunicato che la mia richiesta di "settled status" è stata accettata. Non è una notizia importante in sé: ma quasi 4 milioni di cittadini europei residenti in questo Paese, tra i quali circa 700 mila italiani, stanno facendo la stessa esperienza. Raccontare come è stata la procedura per uno può essere utile anche agli altri" e a farlo è Enrico Franceschini dalle pagine on line del quotidiano nazionale La Repubblica.
""Dear Enrico Franceschini, I am pleased to inform you", comincia la lettera del funzionario dell'Home Office: "mi fa piacere informarla", prosegue, che la richiesta di "settled status" ha avuto successo e mi è stato concesso "indefinite leave to remain in the United Kingdom", che in sostanza significa "diritto di rimanere nel Regno Unito a tempo indeterminato".
Il procedimento è stato rapido, anzi rapidissimo: avevo compilato la mia richiesta online martedì sera e la risposta positiva è dunque arrivata in quattro giorni. Potrei pensare di essere stato facilitato dal fatto che avevo già ottenuto, un anno fa, la Permanent Residence Card, il documento di residenza permanente che veniva concesso con il vecchio sistema, molto più complicato: il modulo era lungo 80 pagine e bisognava inviare per posta una imponente documentazione cartacea per dimostrare di avere lavorato e pagato le tasse per almeno cinque anni in Gran Bretagna.
Ma un amico italiano che non aveva la Permanent Residence Card e ha fatto richiesta del "settled status" lunedì ha ricevuto risposta positiva ancora più in fretta: in poco più di 24 ore. Lui ha pagato 65 sterline, che gli verranno rimborsate perché mercoledì Theresa May ha abolito ogni tassa per la concessione del "settled status", facendo risparmiare ai 4 milioni di europei qualcosa come 200 milioni di sterline, che ora saranno spese dal ministero degli Interni. Io non ho pagato niente perché era comunque previsto che la procedura sarebbe stata gratuita per chi ha già la Permanent Residence Card. Per ottenere la quale avevo già pagato 65 sterline: soldi che non verranno restituiti, a meno che il primo ministro non ci ripensi anche su questo.
A conferma che il sistema funziona velocemente ci sono le cifre diffuse nei giorni scorsi dal governo britannico: nella fase sperimentale del "settled status", dal settembre scorso fino al 20 gennaio 2019, l'Home Office ha ricevuto 29.987 richieste. Nel 69 per cento dei casi ha dato una risposta entro 3 giorni, nell'81 per cento dei casi entro una settimana. In tutto 27.211 sono state approvate in questo arco di tempo, pari al 90 per cento del totale. Il restante 10 per cento ha avuto bisogno di inviare precisazioni o documenti. Dal 21 gennaio la richiesta è aperta a tutti i 4 milioni di europei del Regno Unito.
La maggiore novità è che il "settled status" si può ottenere online, usando un'applicazione scaricabile sul proprio telefonino. Il problema è che per ora la app funziona solo con gli smart phone dotati di sistema Android: dunque non con l'iPhone. Ma, a parte che si può fare la richiesta anche per posta o rivolgendosi ad appositi uffici di quartiere (la lista è su gov.co.uk, il sito del governo), basta conoscere qualcuno che ha un cellulare con Android e chiedergli di usarlo: da un solo telefonino, per intendersi, si possono fare richieste di "settled status" per più persone. La app, insomma, si può usare più volte. E in futuro il governo promette di adeguare il "settled status" anche all'iPhone.
Nel mio caso, ho un iPhone per il cellulare inglese e un Samsung dotato di sistema Android per quello italiano, quindi ho utilizzato quest'ultimo, scaricando gratis la app "Eu Settlement Scheme" da Google Play. L'applicazione fornisce una breve guida, spiegando che bisogna fare quattro cose: scannerizzare il proprio documento d'identità, controllare le informazioni del documento, scannerizzare la propria faccia e farsi una foto. È importante tenere con sé il proprio cellulare inglese, perché durante la compilazione si ricevono dei codici da inserire nella app a riprova della propria identità.
Non tutto fila liscio, ma non bisogna spaventarsi. Dopo avere scansionato la pagina del passaporto con le informazioni personali, per esempio, per verificare le medesime informazioni occorre appoggiare il telefonino sul passaporto chiuso: a me è capitato di dover ripetere l'operazione, perché la prima volta la scansione non è riuscita. Dunque ho dovuto ricominciare tutto da capo.
Anche la scansione del volto non è riuscita, ma un messaggio sullo schermo avverte che non è un ostacolo a continuare la compilazione. Per farsi una foto bisogna fare rientrare il proprio volto in un ovale dentro allo schermo del telefonino: anche in questo caso al primo colpo non sono riuscito a scattare una foto che rientrasse nelle dimensioni richieste, ma al secondo tentativo sì. Al termine, una scritta chiede se si è soddisfatti della foto: in caso contrario, si può rifare.
Va chiarito, a questo punto, che il "settled status" non comporta il rilascio di un documento cartaceo: è soltanto uno status digitale, che ciascuno - il possessore o un doganiere all'aeroporto o un datore di lavoro - può verificare online. E che il possessore dovrà comunque aggiornare ogni volta che rinnova il passaporto (italiano, nel mio caso), aggiornandone i dati online. Dunque la foto scattata non finisce in alcun documento: rimane soltanto sul web.
Al termine di queste operazioni per così dire tecniche si passa alla compilazione dei dati veri e propri: nome, indirizzo, email, telefono. Non c'è più bisogno di allegare documenti per dimostrare di avere vissuto e lavorato qui: basta fornire il proprio numero di identificazione fiscale e il national insurance number, collegato al Ministero del Lavoro e delle Pensioni. Nel mio caso, avendo già presentato tutta la documentazione necessaria per la Permanent Residence Card, non ho dovuto aggiungere alcun dato. Altrimenti il controllo viene fatto autonomamente dall'Home Office incrociando i dati delle dichiarazioni dei redditi con quelli di busta paga o pensione. Per i lavoratori autonomi è possibile scannerizzare documenti e allegarli alla richiesta online (anche se un amico mi segnala che non si possono scansionare più di 10 pagine e questo è un limite che dovrebbe essere migliorato in future versioni della app).
Pochi minuti o poche ore dopo l'invio digitale della richiesta, una email dell'Home Office conferma che è stata ricevuta. In media tre-quattro giorni più tardi, come è capitato anche a me, arriva la risposta. Chi è in Gran Bretagna da almeno cinque anni ottiene il "settled status"; chi da meno tempo ottiene il "pre-settled status", cioè il diritto a maturare i cinque anni necessari ad ottenere il settled status.
La lettera che mi è arrivata questa mattina via email precisa che il "settled status" dà diritto a tempo indeterminato, ovvero per sempre, a risiedere e lavorare nel Regno Unito, con tutti i diritti attuali inalterati, come ricevere assistenza sanitaria nelle strutture pubbliche o iscrivere i figli a scuola. Tutto cioè rimarrà valido sia che la Brexit si concluda con un accordo fra Gran Bretagna ed Unione europea sia che si concluda con un "no deal", cioè un'uscita dalla Ue senza alcun accordo.
C'è tempo sino al giugno 2021, o fino al dicembre 2020 in caso di "no deal", per presentare la richiesta online. Se una volta ottenuto il "settled status" si lascia la Gran Bretagna per più di due anni di seguito, al ritorno bisogna ripresentare la richiesta (ma il limite dovrebbe essere esteso a cinque anni da una prossima legge del parlamento britannico). E un anno dopo l'ottenimento del "settled status" è possibile richiedere la cittadinanza britannica: personalmente, per ora non sento l'esigenza di diventare un suddito di Sua Maestà. L'unica differenza concreta è che, da cittadino, si potrebbe votare alle elezioni nazionali del Regno Unito. E continuare a votare anche a quelle del proprio Paese: gli accordi bilaterali fra Londra e Roma consentono la doppia cittadinanza.
Se poi alla fine invece la Brexit non ci sarà, perché i britannici con un secondo referendum decideranno di rimanere nella Ue, sarà stata tutta fatica per niente. Per noi 4 milioni di europei residenti in Gran Bretagna e per l'Home Office". (aise)