LA RICERCA NON SI FERMA

ROMA – focus/ aise - Un naso elettronico in grado di rilevare imperfezioni negli incollaggi dei pannelli in composito degli aerei che potrebbero compromettere la robustezza dell’intera struttura. È quanto mette a disposizione un team multidisciplinare del Centro ricerche ENEA di Portici nell’ambito del progetto europeo ComBoNDT (Quality assurance concepts for adhesive bonding of aircraft composite structures by extended non-destructive testing), finanziato dal programma di ricerca europeo H2020 per lo sviluppo di tecnologie sulla sicurezza dei moderni aeromobili che fanno largo uso di materiali in fibra di carbonio.
“Grazie alle tecnologie sensoristiche e all'utilizzo dell'intelligenza artificiale il nostro team ha sviluppato un sofisticato naso in grado di valutare, anche quantitativamente, contaminazioni anche molto limitate delle superfici in composito, che potrebbero avere effetti catastrofici sulla robustezza degli incollaggi”, spiega Saverio De Vito, ricercatore ENEA e responsabile scientifico del progetto. “Il naso ha una testa di rilevazione mobile per potersi adattare a superfici a diversa curvatura e potrebbe poi essere montato su una testa robotizzata. Il progetto si è focalizzato sull'aumento del TRL della soluzione sviluppata nel corso degli anni, per poter analizzare reali parti in fibra di carbonio provenienti da aeromobili”, continua De Vito.
Molte componenti dei moderni aeromobili, dalle fusoliere ai timoni, vengono assemblate incollando tra loro pannelli in fibra di carbonio. Questi materiali consentono di realizzare aerostrutture più leggere rispetto a quelle in metallo, con conseguente significativa riduzione del consumo di carburante e dell’impatto ambientale. Per queste ragioni è sempre maggiore la richiesta di tecnologie che garantiscano la qualità degli incollaggi e dell’intero assemblaggio degli aeromobili sia in fase di produzione che di manutenzione. “Il team ENEA ha inoltre curato tutti gli aspetti di studio, dall’interazione chimica di specie contaminanti con i pannelli CFRP alla loro rilevazione” conclude Mara Miglietta, ricercatrice ENEA del team di sviluppo.
Il naso elettronico ENEA è risultato tra i migliori strumenti per rilevare agenti di rilascio e oli idraulici durante i test finali tenutisi a Brema nella sede dell’istituto tedesco Fraunhofer IFAM, che coordina il progetto, destando l'interesse piccole e medie imprese europee specializzate nella manutenzione di aeromobili.
E ancora: Le enormi potenzialità offerte dalle telecomunicazioni ottiche in ambito spaziale e i possibili benefici per la società necessitano di opportune azioni di coordinamento a livello nazionale, che permettano la creazione di sinergie e la definizione di forme di supporto per sviluppi tecnologici, applicativi, scientifici, che garantiscano al Paese di competere in uno scenario internazionale volto a rafforzare la crescita e la valorizzazione delle eccellenze della ricerca italiana.
Proprio in questo ambito, l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) - in collaborazione con l'Agenzia Spaziale Italiana - ha organizzato il workshop "Optical & Quantum Communication", che si terrà presso la sede dell'ASI il prossimo 2 luglio. Obiettivo del workshop è condividere, a livello nazionale, quanto fatto in ambito “ARTES” nel settore delle comunicazioni ottiche e presentare lo stato, ad oggi, delle competenze nelle comunicazioni ottiche del comparto industriale e scientifico italiano. Infine: Una ricerca coordinata dall’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ipda), ora Istituto di scienze polari (Cnr-Isp), le cui misure sono state effettuate presso i laboratori di radioattività dell’Università di Milano-Bicocca, ha individuato la presenza di Rutenio-106 nei filtri che hanno campionato l’aria del capoluogo lombardo a partire da inizio settembre 2017. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Atmospheric Environment.
“Anche l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Iaea) ha raccolto dagli stati membri un dataset delle misure del particolare radioisotopo di origine artificiale, confermandone la presenza dall’Ucraina all’Italia fino alla Svezia e alla Francia”, spiega Niccolò Maffezzoli dell’Istituto Cnr. “Il dataset è stato quindi rilasciato dall’Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare (Irsn), prima struttura a indagarne la possibile origine. I risultati della ricerca sono stati poi confermati dall’Istituto meteorologico danese (Dmi)”. (focus\ aise)