LIBERI DI PENSARE, STUDIARE, FARE RICERCA E SPOSTARSI: UNITRENTO CON LA RETE SAR ITALY

TRENTO\ aise\ - Come garantire l’accoglienza e l’accesso all’alta formazione ai rifugiati e alle rifugiate? Fare ricerca è un lavoro pericoloso? Quanto valgono la libertà accademica e il diritto di accesso alla formazione universitaria?
Sono domande che assumono un valore particolare davanti ai numeri delle violenze, delle intimidazioni e degli episodi di repressione a cui è sottoposto chi studia e fa ricerca in molti Paesi del mondo. In un anno, tra il settembre 2017 e l’agosto 2018, sono stati 294 i casi di accademici o istituzioni educative presi di mira da attori statali e non statali in 47 nazioni e nel 2019 le richieste di assistenza sono già salite a 581. A raccogliere le voci di ricercatrici e ricercatori in tutto il mondo è la rete Scholars at Risk (SAR), nata nel 1999 per difendere la libertà di ricerca e l’indipendenza di pensiero. La sezione italiana è stata istituita a febbraio di quest’anno per volontà delle università di Padova e di Trento. Proprio nelle scorse settimane, l’Ateneo trentino ha sottoscritto insieme ad altre 40 università italiane il Manifesto dell'Università inclusiva promosso dall’UNHCR per favorire l’accesso dei rifugiati all’istruzione universitaria e alla ricerca e promuovere l’integrazione sociale e la partecipazione attiva alla vita accademica di studenti, studentesse, studiosi e studiose.
Sulla tutela dei rifugiati e del loro diritto di accesso all’alta formazione si terrà a Trento nei prossimi giorni un convegno internazionale promosso dall’Ateneo trentino, dal titolo "Refugees and Higher Education. Hosting and Integrating Scholars and Students", che si aprirà martedì prossimo, 10 dicembre, alle 9.00 presso l’aula Andreatta di Palazzo Sociologia, e proseguirà anche mercoledì 11, per poi concludersi con l’assemblea nazionale della rete SAR Italia.
SAR Italia intende favorire un coordinamento nazionale volto alla realizzazione di iniziative congiunte a tutela di studiosi/e a rischio, e della libertà accademica in generale, attraverso attività di accoglienza, sensibilizzazione, ricerca e advocacy.
Durante il convegno si parlerà di mobilità e inclusione di studenti e studentesse rifugiati, di accademici e accademiche a rischio, del ruolo dei “corridoi universitari”, di strategie di protezione e dei bisogni concreti di chi è oggetto di minacce, persecuzioni e atti di violenza a causa del proprio pensiero o dell’attività scientifica che svolge. Parteciperanno i rappresentanti di istituzioni, atenei, organizzazioni che aderiscono alla rete italiana e internazionale Scholars At Risk per presentare buone pratiche e sviluppare collaborazioni future. Il convegno è promosso dalla rete SAR Italia e, per l’Università di Trento, dall’Ufficio Equità e diversità e dal Laboratorio internazionale sulle migrazioni (IML). All’incontro parteciperanno il rettore Paolo Collini, la prorettrice Barbara Poggio e il direttore del Dipartimento di Giurisprudenza e del Laboratorio internazionale sulle migrazioni, Fulvio Cortese. Coordinerà i lavori Ester Gallo del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Trento, delegata di Ateneo per SAR e co-coordinatrice nazionale di SAR Italia. Previsto durante la mattinata di martedì 10 anche l’intervento di Angelo Pittaluga, rappresentante UNHCR.
La rete SAR nasce all'Università di Chicago nel 1999, e conta ad oggi più di 400 atenei membri in tutto il mondo. Oggi esistono sezioni nazionali nel Regno Unito, Paesi Bassi, Irlanda, Norvegia, Canada, Svizzera, Svezia, Germania, Finlandia e Stati Uniti.
Nel 2012 SAR ha lanciato un progetto di monitoraggio della libertà accademica con lo scopo di denunciare pubblicamente le violazioni e proteggere le persone vulnerabili. Nel 2015 è stato redatto il primo documento (Free to Think) che analizzava 333 attacchi (dal 2011 al 2015) in 65 paesi, dimostrando la pressante necessità di sensibilizzare l’opinione pubblica.
Nel 2018, in un solo anno, gli attacchi sono stati 294 in 47 paesi. Si tratta di violenze da parte di individui armati e gruppi contro campus o singoli studenti e studiosi; di detenzione illecita, pratiche illegali e persecuzioni per limitare ogni libera espressione accademica; di repressione di manifestazioni; di costrizione in campi di rieducazione dove è negata l’assistenza legale e praticata la violenza fisica e psicologica; di pressioni indebite da parte di attori statali e non statali che prevedono reclusione, licenziamenti di massa, azioni penali, restrizioni ai viaggi all’estero, rifiuto mirato di ingresso o uscita dal paese ed espulsioni; di minacce all'autonomia istituzionale, comprese le azioni statali per far chiudere le università e centri di ricerca.
L’analisi dimostra che gli attacchi sono condotti da attori statali e non statali, in società democratiche e non: questa violenza non solo danneggia direttamente le persone, ma compromette il sistema di istruzione superiore riducendo il libero spazio di pensiero mettendo in discussione la condivisione di idee in modo libero e sicuro. (aise)