PRIMAVERA LETTERARIA ALL'IIC DI OSLO CON LE POESIE SCELTE DI LUIGI DI RUSCIO

OSLO\ aise\ - L’edizione 2019 della serie Primavera letteraria all'IIC, organizzata dall’Istituto Italiano di Cultura di Oslo, si terrà il 6 marzo e sarà dedicata allo scrittore Luigi Di Ruscio. Nell’occasione verrà presentato il libro "Poesie scelte 1953-2010", uscito di recente in per Marcos Y Marcos nella collana "Le ali" diretta da Fabio Pusterla.
All’incontro interverrà il curatore del libro Massimo Gezzi, anche lui marchigiano, poeta, critico letterario, traduttore, insegnante di italiano presso un liceo di Lugano, dove risiede, il quale con la raccolta di versi "Il numero dei vivi" (Donzelli, 2015) ha vinto il Premio internazionale di poesia Carducci 2015 e il prestigioso Premio Svizzero di Letteratura 2016.
Prima di lui relazionerà lo scrittore Angelo Ferracuti, alle prese con una biografia narrativa di Luigi Di Ruscio, il quale in diversi viaggi fatti a Oslo nel 2018 ha raccolto la memoria della piccola comunità di donne e uomini che a partire dalla fine degli anni ’50 condivise con lo scrittore marchigiano la sofferta esperienza dell’emigrazione.
Alla fine della serata, il pubblico potrà ascoltare alcune poesie del libro lette dallo stesso Di Ruscio nella registrazione fatta alla sede romana di Radio 3 Rai in via Asiago,10, con traduzione "a fronte" dalla viva voce di Liv Aaavik, attrice fondatrice del Tramteatret, storico gruppo di teatro politico norvegese.
Dice di Luigi Di Ruscio il filologo e critico letterario Massimo Raffaeli: "La sua scrittura si produce al crepuscolo in un appartamento della periferia di Oslo, nella stanza piena di carte in cui domina una vecchia Olivetti. Nessuno in casa parla l’italiano, né sua moglie Mary né i quattro figli, così come nessuno immagina in fabbrica la sua attività di scrittore, ma è proprio questa doppia condizione di parzialità a garantire alla sua poesia il segno della totalità compiuta. Essere ‘sotto’ e nel frattempo essere ‘fuori’ significa per lui non poter essere che lì, eternamente, sulla pagina. Egli non deve nemmeno liberarsi di zavorra eccessiva e, pure se in realtà ha letto tutti i libri, proclama la propria ignoranza menzionando pochissimi riferimenti d’avvio come i sillabati di Ungaretti e Lavorare stanca di Pavese. Benché parli volentieri neanche in italiano ma in dialetto fermano, in realtà conosce le lingue, traduce le liriche di Ibsen dal norvegese, legge di continuo i filosofi, ed è dalle lezioni di estetica di Hegel che deduce una volta per tutte l’idea secondo cui la poesia corrisponde a una coscienza disgregata che nella sua inversione si esprime in un linguaggio scintillante capace di verità. Per questo in ogni poesia di Di Ruscio c’è potenzialmente tutta la sua poesia e la sua intera produzione ha la circolarità di un autentico poema".
"Nato a Fermo nel 1930, al tempo della dominazione fascista e in un ghetto di sottoproletari, alunno indocile che non andrà oltre la quinta elementare, monello sbandato, comunista con evidenti venature anarchiche, poi ragazzo di mille mestieri, infine nel 1957 migrante a Oslo dove per quarant’anni lavorerà alla catena di montaggio di una fabbrica metallurgica: tale", afferma sempre Raffaeli, "è il suo cursus honorum, dove il tempo della poesia è un residuo sottratto con tenacia al tempo dell’asservimento ed è il solo privilegio concessogli da quello che chiama, alternandosarcasmo e ironia, il paradiso socialdemocratico. Per lui, chiedersi come un uomo diventi un uomo equivale a chiedersi come e perché un uomo diventi un poeta. E infatti Luigi Di Ruscio non è stato né un poeta operaio né un operaio poeta ma, più semplicemente, qualcuno che ha saputo tradurre con i mezzi della poesia la condizione operaia nella condizione umana tout court".
"Per decenni rimasta in uno stato di marginalità geografica e di semiclandestinità editoriale (a parte il consenso di alcuni mallevadori d’eccezione, quali Franco Fortini, Salvatore Quasimodo, Giancarlo Majorino, Antonio Porta) la poesia di Luigi Di Ruscio è emersa all’improvviso come un iceberg al passaggio del millennio e dunque nel contesto di una grave crisi sistemica, innanzitutto economico-politica, che", conclude Raffaeli, "ne ha svelata finalmente l’essenzialità". (aise)