REDDITO DI CITTADINANZA/ GARAVINI, SCHIRÒ, UNGARO (PD): UN DECRETO CHE FERISCE I DIRITTI SOCIO-PREVIDENZIALI DEI LAVORATORI EMIGRATI

ROMA\ aise\ - "Che questo Governo avesse scarsa attenzione per le realtà delle migrazioni ce ne eravamo già accorti e lo avevamo denunciato a più riprese. Il Decreto sul Reddito e sulle Pensioni di cittadinanza appena approvato dal Consiglio dei Ministri non solo rafforza la nostra convinzione, ma dimostra una totale insensibilità e ottusità politica nei confronti delle nostre collettività all’estero. L’esempio più eclatante è il vincolo - dei 10 anni di residenza di cui gli ultimi due continuativi al momento della presentazione della domanda - necessario per ottenere il reddito e la pensione di cittadinanza. Si tratta di un requisito che esclude dai benefici previsti tutti i nostri emigrati, sia se risiedano all’estero sia se intendano tornare in Italia". È quanto dichiarano in una nota i parlamentari PD eletti in Europa Laura Garavini, Angela Schirò e Massimo Ungaro, a commento del decreto sul Reddito di cittadinanza.
"Anche l’aumento delle pensioni minime da 513 a 780 euro è subordinato alla residenza in Italia per almeno 10 anni di cui gli ultimi due continuativi al momento della presentazione della domanda”, ricordano i tre parlamentari. “Si tratta ovviamente di un obbligo che i nostri pensionati e pensionandi che risiedono all’estero (nelle aree dove è ancora esportabile il trattamento minimo) non possono far valere”.
“Ma anche gli italiani i quali dovessero decidere di rientrare in Italia da Paesi che stanno attraversando periodi di disagio sociale ed economico come il Venezuela (che non paga le proprie pensioni all’estero) non potendo far valere il requisito dei due anni non potrebbero richiedere la pensione di cittadinanza”, spiegano Garavini, Schirò e Ungaro. “La stessa situazione si verifica se un giovane italiano emigrato all’estero e iscrittosi all’AIRE decidesse di rientrare in Italia e volesse richiedere il reddito di cittadinanza: non potendo far valere i due ultimi anni di residenza in Italia, immediatamente prima della presentazione della domanda, non ne avrebbe diritto”.
“Infine anche Quota 100 sarà difficilmente applicabile ai cittadini italiani residenti all’estero perché il diritto è subordinato all’incompatibilità con redditi da lavoro dipendente e autonomo e l’eventuale piccolo pro-rata pensionistico ottenuto con il meccanismo della totalizzazione non consentirebbe la cessazione di una attività lavorativa da parte dei nostri connazionali”, aggiungono. “Ci impegniamo quindi a presentare una serie di emendamenti in Parlamento per denunciare questa ingiustizia, nell‘augurio che la maggioranza non faccia nuovamente ricorso alla fiducia e allo svuotamento delle prerogative del Parlamento come è già avvenuto con la legge di Bilancio”.
“Inoltre facciamo presente che da parte di italiani emigrati in Paesi comunitari, si potranno presentare ricorsi alla Corte di Giustizia europea per violazione da parte dello Stato italiano delle norme che disciplinano i principi di libera circolazione, di parità di trattamento e – concludono – soprattutto di assimilazione dei territori ai fini della presa in considerazione dei periodi di residenza fatti valere in altri Paesi UE". (aise)