SPIEGAZIONE PER GLI ITALIANI SUL PERCHÉ GLI ITALO AMERICANI DIFENDONO COLOMBO – di Wolfgang Achtner

NEW YORK\ aise\ - “Durante i giorni scorsi, ho seguito attentamente i principali media qui in Italia per vedere se c’erano servizi sulla controversia riguardante la sostituzione negli Stati Uniti del Columbus Day con l’Indigenous People’s Day (Giornata dei Popoli Indigeni) e ho trovato soltanto un breve articolo di pochi paragrafi sul sito del Corriere.it. Anche sui social l’argomento ha ricevuto una copertura minimale. Pur se, apparentemente, questo tema interessa poco agli italiani nella madre patria vale la pena tentare di capire perché per gli italoamericani che vivono negli Stati Uniti la questione è tanto importante e per alcuni addirittura è una nota dolente”. Inizia così il lungo articolo che Wolfgang Achtner, giornalista freelance e regista di documentari nato e cresciuto a New York, da molti anni residente a Roma, firma per “La voce di New York”, quotidiano online diretto da Stefano Vaccara.
“Gli italoamericani sono molto orgogliosi del fatto che sia stato un navigatore italiano, Cristoforo Colombo, a compiere la scoperta dell’America, e il giorno in cui si celebra la ricorrenza di questa scoperta, avvenuta il 12 ottobre 1492, è stata chiamata Columbus Day, il Giorno di Colombo. Dal 1971, la ricorrenza è fissata per il secondo lunedì del mese di ottobre. In quel giorno l’Empire State Building di New York City accende le sue luci riproducendo il tricolore italiano. E in tutti gli Stati Uniti, banche, uffici postali e uffici federali sono chiusi, proprio come gli uffici dell’ambasciata italiana a Washington D.C. e i vari consolati italiani che si trovano nel Paese.
Ma da alcuni anni, sono state mosse diverse critiche a tale ricorrenza legate al fatto che l’arrivo di Colombo nel nuovo continente avrebbe dato inizio allo sterminio delle popolazioni indigene. Per questo motivo, dozzine di città americane e alcuni stati hanno cessato di festeggiare il Columbus Day e festeggiano invece l’Indigenous Peoples Day, la Giornata delle Popolazioni Indigene.
I difensori del Columbus Day ricordano che la strada per un pieno riconoscimento dell’integrazione e dei diritti degli italoamericani fu lunga e dolorosa e il Columbus Day è stata per anni la festa che celebrava l’inclusione e il fatto che fossero finalmente considerati cittadini americani a pieno titolo. Qualcosa da ricordare soprattutto a quei connazionali che in patria e negli USA hanno frettolosamente aderito al revisionismo spicciolo che sta demonizzando il Columbus Day.
Secondo Roberto Bonzio, un giornalista che si è dedicato da molti anni a riscoprire e a celebrare la storia degli italiani d’America: “L’ottusa tendenza a valutare una persona di 500 anni con criteri del XXI secolo, rimuovendo la portata della sua eccezionale impresa, non è diffusa solo in un Paese in cui a scuola si studia solo la storia americana ma coinvolge purtroppo pure diversi italiani, in patria e negli USA. A loro tocca ricordare,” continua Bonzio, “come ha fatto il New York Times in un lungo articolo ripreso dal Corriere della Sera, che il Columbus Day fu istituito nel 1892 dal presidente Benjamin Harrison per ricucire lo strappo diplomatico con il governo italiano, dopo che a New Orleans l’anno prima erano stati linciati 11 italo-americani ingiustamente accusati di aver partecipato all’omicidio del capo della polizia David Hennessy. Celebrazione che fu Franklin Delano Roosevelt nel 1937 a trasformare in festa federale. Come ricorda il New York Times, l’ondata d’immigrati che stava arrivando da tutta Europa aveva generato il panico. Bisognava porre un argine, anche se questo poteva portare ad adottare politiche più restrittive per identificare cosa significasse essere ‘bianco’ e quindi degno di cittadinanza. E già in Italia ‘i settentrionali avevano a lungo sostenuto che i meridionali — in particolare i siciliani, di pelle più scura — fossero un popolo ‘incivile’ e di razza inferiore, troppo africani per far parte dell’Europa’”.
A proposito del 14 marzo 1891, questa giornata segnò il nadir di quel periodo lungo e complicato che sembra accomunare la storia di ogni gruppo d’immigranti in America prima che possano essere accettati come americani a pieno titolo. Quel giorno una folla infuriata a New Orleans, tirò fuori dal carcere e uccise 11 italiani ritenuti, ingiustamente, colpevoli dell’omicidio del capo della polizia.
Gli italoamericani avevano un bisogno disperato d’un eroe che li rappresentasse, che simboleggiasse gli sforzi compiuti e i contributi da essi fatti alla loro patria adottiva. Gli immigranti italiani, sostenuti dall’organizzazione cattolica, “Knights of Columbus”, i Cavalieri di Colombo, scelsero un eroe leggendario che li potesse rappresentare. Colombo fu la scelta perfetta perché era italiano, cattolico e già ammirato. L’anno successivo, nel 1892, gli italoamericani della città di New York eressero una statua di Cristoforo Colombo nel luogo che poi divenne Columbus Circle e vi scrissero le seguenti parole: “Al mondo ha donato un mondo”.
Gli attacchi virulenti contro Colombo, l’icona che rappresenta i 20 milioni di cittadini americani d’origine italiana, hanno angosciato e provocato il risentimento della comunità italoamericana negli States.
“Questo è un tentativo palese per cancellare la storia e le conquiste della civiltà occidentale”, ha affermato un partecipante ad una recente riunione di italoamericani. Secondo un altro “è un attacco al cattolicesimo”, e secondo un altro ancora, “è un insulto a tutti gli italo americani”.
A proposito degli attacchi portati contro Colombo, Aileen Riotto Sirey e Angelo Vivolo, rispettivamente fondatrice della National Organization of Italian Women e presidente del Columbus Heritage Coalition, sul New York Post hanno sostenuto che Cristoforo Colombo sia diventato il capro espiatorio per le colpe che hanno gli americani nei confronti nei neri africani per averli strappati alla loro terra e ridotti in schiavitù, per lo sfruttamento dei popoli indigeni, per avere rapinato le risorse naturali e per tutti gli abusi legali, finanziari e territoriali che hanno commesso gli europei dopo essere arrivati nel nuovo mondo. “Colombo”, dicono “è un uomo del 15esimo secolo che viene sottoposto a processo nel 21esimo secolo, dove la giuria consiste principalmente d’individui presuntuosi, che appartengono alla presunta parte lesa e che giudicano i fatti col senno di poi”. Inoltre, “colpevolizzare Colombo non modifica le ingiustizie della storia, ma delegittima tutte le realizzazioni e i progressi raggiunti dalla civiltà occidentale. Abbattere le statue a lui dedicate non cancellerà i danni prodotti da uno scontro tra due mondi ma oscurerà i progressi e i risultati ottenuti grazie alla convergenza dei medesimi due mondi”.
Ma quali sono le colpe di Colombo per cui viene demonizzato?
La prima critica rivolta a chi celebra le imprese del navigatore italiano è che “nessuno tanto meno Colombo ha scoperto l’America”. In verità, quando Cristoforo Colombo sbarcò nelle Antille il 12 ottobre del 1492 c’erano già oltre 100 milioni di Americani che vivevano lì. Da millenni.
I viaggi transatlantici di Colombo furono finanziati dai reali di Spagna, Ferdinando ed Isabella, solo dopo che era riuscito a convincerli che avrebbe potuto portargli oro, spezie, e seta in grandi quantità, scoprendo una rotta diretta per l’Asia attraverso il mare. Ferdinando ed Isabella restarono intrigati dalla proposta di Colombo, che intendeva commerciare con l’Oriente viaggiando verso occidente.
Lo stesso Colombo non pensò mai di essere arrivato in una terra sconosciuta agli europei ma era convinto di essere arrivato in una regione dell’Asia non descritta da Marco Polo o altri viaggiatori europei. Inoltre, pensava di avere scoperto una nuova rotta per le Indie Orientali che avrebbe permesso ai commercianti europei di evitare di attraversare o dover veleggiare accanto a terre controllate dai musulmani. Per questo al continente fu dato il nome di un altro navigatore italiano, il fiorentino Amerigo Vespucci, che era convinto della “novità” del Sud America.
Colombo aveva organizzato il suo viaggio in base ai suoi calcoli riguardanti la circonferenza della terra. Ma questi erano gravemente errati essendo il pianeta molto più grande di quando egli aveva stimato. Per fortuna sua, c’era un continente situato tra l’Europa e l’Asia, altrimenti pochi giorni dopo il 12 ottobre, Cristoforo Colombo e i suoi uomini sarebbero morti di fame e di sete.
Soprattutto, numerosi studiosi sottolineano come nei cinquant’anni susseguenti alla cosiddetta “scoperta” di Colombo, dal 1492 al 1550, tra l’80% e il 95% della popolazione indigena delle Americhe – un decimo dell’intera popolazione mondiale di allora (500 milioni circa) – perse la vita per effetto delle malattie importate dagli europei.
Nel 1493, a Santo Domingo, la prima di tante epidemie che ebbero luogo nel Nuovo Mondo, causata da un germe dell’influenza dei suini, annientò la popolazione riducendola da 1.100.000 a 10.000 abitanti.
Poi fu il vaiolo a destabilizzare l’impero Inca favorendo la campagna di conquista di Francisco Pizarro e il massacro della popolazione. E, successivamente, il morbillo e le epidemie che giungevano dall’Africa insieme ai nuovi schiavi. Come se non bastasse, alla ricerca di oro, gli europei bruciarono villaggi sterminando le intere popolazioni e facendo prigionieri e schiavi. Insomma, dove non ebbero il loro letale effetto le malattie, la popolazione indigena venne decimata con le armi, la schiavitù, la deportazione, i lavori forzati e la fame.
Ma oltre a questi fatti, diversi storici menzionano una serie specifica di crimini commessi da Cristoforo Colombo. Ognuna di queste accuse è documentata in maniera esaustiva, e spesso oltre alle prove vengono citate testimonianze di membri degli equipaggi dello stesso Colombo.
1) Nel corso della seconda spedizione nelle Americhe, Colombo rapì una donna Caribe e la diede ad un membro del suo equipaggio affinché la stuprasse.
2) Precedentemente, durante la prima spedizione, Colombo aveva scoperto un grande isola chiamò La Española, ma il nome, più tardi, venne latinizzato in Hispaniola. Quest’isola si trova nelle Grandi Antille, è la seconda per estensione dopo Cuba ed oggi è politicamente divisa tra la Repubblica di Haiti e la Repubblica Dominicana. Ad Hispaniola, dopo un attacco da parte di 2,000 nativi, Colombo fece tagliare la testa a 3 capi indiani e ordinò ad un membro del suo equipaggio di tagliare le orecchie di un altro in pubblico per indurre alla sottomissione tutti gli altri.
3) Colombo rapì e ridusse in schiavitù oltre mille indigeni sull’isola di Hispaniola. Tra questi, 500 vennero inviati in Spagna e di essi circa 200 morirono durante la traversata dell’Atlantico e furono gettati in mare.
4) Colombo ordinò che per non essere giustiziato, ogni nativo di età superior ai 14 anni dovesse consegnare una grande quantità d’oro agli spagnoli. A coloro che abitavano in regioni in cui non c’era oro sufficiente fu permesso di consegnare cottone.
5) Gravati dalla richiesta di consegnare quantità d’oro che non avrebbero mai potuto trovare, circa 50,000 indigeni si suicidarono in massa per non essere uccisi o catturati dai cristiani, e per non dover spartire con costoro la loro terra, i raccolti, e le donne.
6) Secondo alcune stime, al momento dell’arrivo di Colombo ad Hispaniola nel 1492, sull’isola c’erano all’incirca 300,000 abitanti. Di questi, 100,000 morirono tra il 1494 e il 1496, di cui la metà si erano suicidati, e nel 1548 non restavano in vita più di 500 nativi.
7) Colombo trattò in maniera brutale anche gli spagnoli al suo comando. Ordinò che almeno 12 uomini fossero frustati in pubblico per avere scambiato dell’oro con cibo, per non morire di fame. Ordinò che ad una donna che aveva parlato male di lui e dei suoi fratelli venisse tagliata la lingua. Decretò che per gli spagnoli sull’isola, il furto del pane venisse punita venisse punita con l’impiccagione, ecc.
8) I coloni spagnoli rapivano le bambine indigene di 9-10 anni d’età per farne schiave sessuali.
9) In diverse occasioni, dopo avere usato gruppi di nativi legati gli uni agli altri per trasportare merci, gli spagnoli gli tagliarono la testa per non dover sciogliere i nodi.
Se vogliamo capire davvero l’impatto dell’arrivo di Cristoforo Colombo in America, dobbiamo esaminare il significato esatto di tre parole: scoprire, invadere e conquistare.
Come scrive Irwin Ozborne in “Celebrating Genocide – Christopher Columbus’ Invasion of America”, Scoprire si definisce il ritrovamento di qualcosa nel corso di una ricerca. Invadere è ciò che avviene quando una forza armata o il suo comandante entrano in un paese/territorio per soggiogare o conquistare. Conquistare significa sconfiggere e prendere il controllo di un luogo o su di un popolo mediante l’uso della forza militare.
“Si potrebbe utilizzare il verbo “scoprire” se fosse stato davvero scoperto qualcosa ma le terre scoperte da Colombo appartenevano a qualcun altro da almeno 30,000 anni. (…) L’aspetto più interessante riguardo al concetto di “invasione” è il verbo “soggiogare”, la parola usata proprio da Colombo per descrivere il suo primo incontro con il popolo Taino che abitava nel nordest del continente sud americano.
Dal Diario di bordo di Colombo: “Ci hanno portato in dono pappagalli e palline di cottone e lance e molte altre cose che hanno scambiato per perline di vetro e campanellini, come quelli che si fissano al collo dei falchi. Hanno volontariamente scambiato tutto quello che possedevano. Erano individui prestanti, con corpi atletici e di bell’aspetto. Gli ho mostrato una spada e l’hanno afferrata per la lama, tagliandosi per ignoranza. Non hanno ferro. Le loro lance sono fatte con le canne. (…) Potrebbero diventare ottimi servitori. Con 50 uomini potremmo soggiogarli e fargli fare tutto quel che vogliamo”.
È interessante notare che il verbo soggiogare viene definito “l’atto di esercitare un dominio o controllo, in particolare mediante una conquista. Mentre il termine conquista riguarda soltanto l’atto stesso, che a sua volta è strettamente collegato con la definizione di soggiogare. E, quindi, in base alle parole dello stesso Colombo, è indiscutibile che i territori e le popolazioni delle Americhe fossero state prese mediante l’uso della forza militare. Infatti, la definizione specifica utilizzata dagli storici è “la Conquista Spagnola”.
Insomma, ce n’è quanto basta per ipotizzare un cambio di nome per la festa nazionale che rappresenta gli italoamericani.
Già l’anno scorso, Joe Curtatone, il sindaco della cittadina di Somerville, nel Massachusetts, decise che i sui cittadini avrebbero celebrato la Giornata dei Popoli Indigeni invece del Columbus Day.
Per Curtatone, è stata una decisione semplice. “Il Columbus Day è un cimelio di una versione della storia che è datata e non corrispondente alle conoscenze attuali”, scrisse il sindaco nell’annunciare la sua decisione. “La questione assomiglia molto a quella che riguarda la bandiera confederata per la gente del Sud. Come italoamericano sono contento che ci sia una celebrazione tutta per noi. Siamo orgogliosi della nostra eredità. Ma ci sono alcuni aspetti di questa particolare celebrazione che riguardano enormi sofferenze per tanti esseri umani, per cui è doveroso trovare un altro modo per celebrare il nostro orgoglio”.
A New York, l’idea di cancellare il Columbus Day assume una rilevanza particolare. In questa città ci sono una serie di giornate in cui i cittadini celebrano le loro origini. C’è la celebrazione del nuovo anno lunare per i cinesi, la festa di San Patrizio per gli irlandesi, la Giornata del Tartan per i scozzesi, la Giornata dei portoricani, quella dei tedescoamericani, quella degli originari delle Indie Occidentali e il Columbus Day per gli italoamericani. Ognuna di queste ricorrenze viene celebrata con una grande parata.
Quella del Columbus Day inizia sulla Quinta Avenue all’altezza della 44esima Strada e prosegue verso nord sino alla 79esima Strada. Circa 35,000 persone di origine italiana, opportunamente dotate di migliaia di bandiere tricolori – verde, bianco e rosso – appartenenti a bande musicali in divise colorate, veterani, gruppi ed associazioni, carri allegorici, attori e personalità, nonché qualche celebrità giunta appositamente dall’Italia, partecipano a questa grande parata che celebra l’italianità ed è un tributo al fondamentale apporto che la popolazione italo-americana ha fornito al progresso degli States. Solitamente, la parata del Columbus Day attira all’incirca un milione di spettatori lungo le strade di Manhattan.
È assolutamente impensabile che gli italoamericani di New York siano disposti a rinunciare alla giornata in cui si celebra l’orgoglio italiano e alla propria parata. Qui e altrove, il riconoscimento di essere diventati cittadini americani a pieno titolo è stato conquistato dopo decenni di discriminazioni e tanto sudore, lacrime e sangue, per cui l’ipotesi di cancellare la festa e di sostituirla con un’altra è impronunciabile.
La soluzione migliore nonché l’unica accettabile per milioni di italoamericani sembrerebbe essere quella suggerita da John M. Viola, allora presidente della National Italian American Foundation (NIAF), la rispettata e potente associazione culturale statunitense, nata nel 1975 con lo scopo di promuovere la storia, la lingua e la cultura dell’Italia negli Stati Uniti, e di fare da punto di riferimento per i circa 20 milioni di statunitensi che vantano origini italiane.
“(…) Mi appello alle municipalità e ai leader delle popolazioni indigene in tutta la nazione per adoperare una strategia comune che permetterà a tutti di celebrare e di scoprire i propri patrimoni storico-culturali. Se è opportuno eliminare il Columbus Day lo si sostituisca con una “Giornata del patrimonio storico-culturale italoamericano”, e lavoriamo insieme per trovare un periodo alternativo dell’anno per celebrare la Giornata dei Popoli Indigeni, in modo da poter celebrare (e per molti di noi scoprire) la storia dei primi popoli di questa ineguagliabile nazione che ha saputo accogliere tante culture arrivate qui in cerca di una vita migliore.
Per me questa giornata non riguarda un solo uomo, famoso o scellerato che sia, ma riguarda milioni di uomini e donne, trascurati e ignorati, il cui coraggio e la capacità di sacrificarsi per il bene altrui ha permesso agli italoamericani di ottenere questa vita migliore””. (aise)