UN LIBRO AL GIORNO…

ROMA – focus/ aise - Mercoledì 27 marzo, alle 18, presso la Galleria del primaticcio di Palazzo Firenze, sede della Società Dante Alighieri, si è tenuta la presentazione del libro “Nessuno sa di lui. Carlo Pitti, il vero artefice del ghetto ebraico di Firenze” (Le lettere) di Ippolita Morgese. Firenze 1567. La politica di accoglienza di Cosimo I verso gli ebrei muta all’improvviso. Per ottenere il titolo di Granduca, osteggiato dalle maggiori potenze europee, cede alle pressioni di papa Pio V, disposto ad appoggiare la sua richiesta in cambio della fondazione del ghetto. I primi gesti di conformità religiosa attuati da Cosimo sono la richiesta agli ebrei di indossare il segno sui propri abiti e una campagna contro i banchieri ebrei. A operare dietro le quinte, firmando e producendo rapporti, inchieste, richieste e memoriali, è uno dei membri del Magistrato Supremo, l’organo giudiziario per eccellenza dello Stato Mediceo: Carlo Pitti. Chi è Carlo Pitti? Grazie al ritrovamento del suo Archivio privato, Ippolita Morgese, archivista e paleografa, ricostruisce il processo storico che ha portato all’istituzione del ghetto ebraico di Firenze (1571) e compone un ritratto fino a oggi sconosciuto sul ruolo determinante e decisivo di un personaggio chiave nel sistema di potere della Firenze al tempo dei Medici. È lui a investigare sui banchieri ebrei che operano in Toscana, a ordinare il censimento degli ebrei che vivono nello Stato mediceo, a stilare la bozza del decreto di espulsione degli ebrei. I suoi dossier porteranno Cosimo I a compiere il verdetto definitivo: la chiusura dei banchi ebraici, l’espulsione degli israeliti, l’istituzione del ghetto. Il testo, che racconta con una scrittura fluida e scorrevole un mondo di intrighi e destini come la trama di un film, rappresenta un’assoluta novità in campo storico e archivistico. Una pietra miliare che, basata sui diari manoscritti originali di Carlo Pitti, ricostruisce per la prima volta l’intera storia del ghetto ebraico di Firenze, ma anche il milieu dell’epoca, con la descrizione delle abitudini, delle tradizioni familiari e delle usanze di vita nel secondo Cinquecento. Un affresco in cui si svelano i mille volti di un’epoca che ha segnato la fine del lungo Rinascimento fiorentino.
“Gino Bartali. Una bici contro il fascismo” è il titolo del libro di Alberto Toscano che è stato presentato lunedì 25 marzo sempre a Palazzo Firenze. Edito da Baldini+Castoldi, con la prefazione di Gianni Mura e la postfazione di Marek Halter, ne “Gino Bartali. Una bici contro il fascismo”, Alberto Toscano analizza la figura del leggendario ciclista, vincitore di tre Giri d’Italia e due Tour de France, a partire da tutti gli aspetti del suo essere: l’uomo, lo sportivo, il credente, il marito fedele “di due mogli” (la sua bicicletta da corsa e quella in carne e ossa, Adriana), l’antifascista, l’anima controversa e schiva lacerata dalla morte prematura del fratello Giulio. Un uomo giusto, che preferiva inimicarsi il potere piuttosto che concludere una gara col saluto romano. La sua religiosità ha giocato un ruolo importante nell’avversione verso le leggi razziali, nel rifiuto dei simboli della dittatura, oltre che nello straordinario dinamismo della rete clandestina nata nel 1943 per nascondere e salvare moltissimi ebrei. Per questo motivo oggi leggiamo il suo nome sul Muro dei Giusti al Memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme.
“Ginettaccio” non amava parlare dei suoi meriti extra sportivi e tantomeno dei suoi “chilometri per la vita”, percorsi fra la Toscana e l’Umbria per salvare gli ebrei perseguitati, procurando loro i documenti falsi, che nascondeva nell’intelaiatura metallica e nella sella della sua bicicletta. Non lo considerava un gesto fuori dal comune, ma la reazione che ogni persona dovrebbe avere di fronte alla vita minacciata degli altri. Un esempio di umanità per ricordarci la nostra. Un esempio importante soprattutto nei momenti difficili della nostra storia passata, presente e futura. “Roma non perdona. Come la politica si è ripresa la RAI” (Feltrinelli) è il titolo del libro di Carlo Verdelli che mercoledì 27 marzo è stato presentato nella sede centrale della Società Dante Alighieri, a Roma. Nella Galleria del Primaticcio, a partire dalle 17.30, sono intervenuti insieme all'autore il presidente della Dante, Andrea Riccardi, e il giornalista Loris Mazzetti. (focus\ aise)