VIESTE: INAUGURATO IL MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO “MICHELE PETRONE”

VIESTE\ aise\ - Ricche collezioni archeologiche, corredi funerari, iscrizioni e molti reperti esposti per la prima volta al pubblico: è stato inaugurato giovedì scorso a Vieste il Museo civico archeologico “Michele Petrone”.
Il museo è stato realizzato dal Comune di Vieste con la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le provincie di Barletta-Andria-Trani e Foggia e con il contributo della Regione Puglia sostenuto dai finanziamenti del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. Un progetto che parte da lontano, nei primi anni duemila con l’allora sindaco, Domenico Spina Diana e con il presidente del Parco Nazionale del Gargano di quel periodo, Matteo Fusilli.
Il nuovo allestimento del Museo civico archeologico “Michele Petrone” si sviluppa all’interno del complesso conventuale della Beata Vergine degli Angeli, interessando le sale al piano terra che danno sul piccolo chiostro ed alcune sale del primo piano dell'ex convento dei Cappuccini.
Intitolato al medico Michele Petrone (1867 – 1935), Regio Ispettore Onorario dei Monumenti e Scavi di Antichità di Vieste, il museo presenta, nelle prime due sale del percorso di visita, una selezione dei numerosi reperti dal territorio databili dall’Età dei Metalli all’Età ellenistico-romana, provenienti dalla raccolta archeologica che Michele Petrone lasciò in eredità al Comune. Tra i reperti esposti meritano di essere citate le epigrafi con testo in greco antico ritrovate a Vieste nel XIX secolo all'interno della proprietà Abatantuono, le cosiddette "iscrizioni messapiche", iscrizioni votive dedicate a Demetra dea della nascita e della fertilità, e il ricco nucleo di anfore da trasporto ed ancore in pietra e in piombo, testimonianza dell’antica vocazione marinara viestana in età romana e tardoantica.
Le altre sale del piano terra sono riservate alle miniere preistoriche di selce del territorio di Vieste, tra cui la miniera n.1 della Defensola A, oggetto di ricerche pluriennali da parte dell’Università degli Studi di Siena, la miniera più antica d’Europa. Le formazioni calcaree del Gargano, molto ricche in selce, sono state fonte di approvvigionamento durante tutta la Preistoria, in particolare a partire dal Neolitico antico, fra il VII e il VI millennio a.C., proprio nel comprensorio di Vieste, fino all'inizio dell'Età del Bronzo (fra il III e il II millennio a.C.), con uno sfruttamento sistematico attraverso miniere sotterranee di vario tipo. Di eccezionale valore sono i reperti del Neolitico antico della Defensola, per la gran parte esposti per la prima volta al pubblico, tra cui i vasi in ceramica, che servivano agli antichi minatori neolitici per il trasporto di acqua e cibo all'interno della miniera, i picconi e i mazzuoli che, opportunamente immanicati, erano destinati alla frantumazione del calcare per il recupero dei noduli di selce e, infine, le lucerne indispensabili per l'illuminazione delle camere e dei corridoi bui della miniera.
Salendo al primo piano, invece, nella grande sala è esposto, anch’esso per la prima volta, il ricco corredo della tomba a semicamera rinvenuta nel 2006 al di sotto del cortile del Palazzo Comunale di Vieste a tre metri di profondità. Utilizzata per sepolture plurime, al suo interno sono stati recuperati i resti di ventisei individui, deposti durante un arco cronologico compreso tra il III e il II sec. a.C.; ha restituito un insieme estremamente ricco di reperti in ceramica e in metallo. Tra i reperti dei ricchi corredi, è particolarmente rilevante il sigillo in cristallo di rocca, con la pregevole incisione di un cane dal profilo slanciato, forse identificabile con il Cirneco dell’Etna, razza molto antica di cane da caccia.
La floridezza del centro daunio di Vieste, probabilmente identificabile con l'Uria garganica a cui fanno riferimento le fonti antiche (Strabone, Tolomeo, Pomponio Mela, Plinio il Vecchio e Dionigi il Periegeta), è testimoniata dall'individuazione di tratti dell'antica cinta muraria databile al IV-III secolo a.C., insieme ad aree sepolcrali da cui provengono i corredi funerari esposti nelle tre sale seguenti. Risalenti al passaggio dall'età classica a quella ellenistica (IV-III sec. a.C.), sono esposti i corredi dalla tomba I di loc. Carmine e le tombe 2-3 e 7-8 dalla scarpata di Ripe Castello che si affaccia sulla famosa spiaggia di Pizzomunno. Un sostegno all’identificazione con l'Uria delle fonti antiche può essere considerata la presenza del culto a Venere, con l’appellativo di Sosandra (Salvatrice), testimoniato dalle oltre 200 iscrizioni votive in greco e latino nella grotta-santuario, individuata e indagata sistematicamente nel 1987, sull’isolotto di Sant’Eufemia (che ora ospita il faro di Vieste).
Il culto a Venere Sosandra è documentato, oltre che dalle frequenti raffigurazioni della colomba, animale sacro a Venere, anche da alcuni reperti esposti e databili ad età ellenistica.
La continuità di vita dell’abitato durante la fase di passaggio alla romanizzazione è testimoniata nell'area urbana, compresa tra viale XXIV Maggio e Corso Fazzini, dal rinvenimento nel 1987 nel quale fu messo in luce un complesso residenziale di età tardo repubblicana-imperiale dotato di un complesso termale, di cui è esposta, per la prima volta, la mano in bronzo di una grande statua.
Lo sviluppo della grande proprietà terriera in età romana imperiale e tardoantica si esprime con l'impianto delle grandi ville rustiche, come quella di Santa Maria di Merino, nei pressi della quale si trova la necropoli della Salata e Salatella. Dallo scavo della villa provengono i reperti esposti nell’ultima sala del percorso di visita, fra cui lucerne e ceramica sigillata. (aise)