Donne e diplomazia: l'Ispi a colloquio con Laura Carpini (DID)

ROMA\ aise\ - “Le donne in diplomazia sono un fatto relativamente recente se pensiamo che le prime donne sono entrate in carriera diplomatica nel 1967. Tuttavia ancora oggi la percentuale femminile in carriera è bassa rispetto a quella maschile; secondo i dati del MAECI aggiornati ad aprile 2020, le donne infatti rappresentano circa il 23% di tutto il personale diplomatico. I numeri dell'Annuario statistico 2019 del MAECI confermano questa minor presenza delle donne: nei gradi apicali della diplomazia italiana si registra la presenza di 4 Ambasciatrici, mentre negli altri gradi della carriera sono 23 le Ministre Plenipotenziarie, 40 le Consigliere d'Ambasciata, 53 le Consigliere di Legazione e 105 Segretarie di Legazione, per un totale di 225 donne su 996 diplomatici nel complesso”. L'ISPI ne ha parlato con Laura Carpini, capo Unità per le politiche e la sicurezza dello spazio cibernetico presso il MAECI e presidente dell'Associazione DID, Donne Italiane Diplomatiche e Dirigenti.
Di seguito il testo dell'intervista.
D. Perché le donne sono ancora in minoranza in questo ambiente?
R. Si tratta di un numero basso in termini assoluti che va senz’altro migliorato, contrasta con altri dati che abbiamo e che vedono le donne grandi protagoniste di altri concorsi come quello prefettizio o in magistratura. La spiegazione potrebbe essere legata a diversi elementi. Tra questi, una percezione legata a schemi forse un po’ antiquati sulla difficoltà di progredire in carriera che potrebbe influire sulla motivazione ma che non si ritrova poi tanto nella realtà: si pensi che il vertice amministrativo della Farnesina, la posizione di Segretario Generale, è attualmente occupata da una donna l’Amb. Elisabetta Belloni, e che donne sono a capo dell’Ambasciata a Parigi o della Rappresentanza presso l’ONU per esempio. In generale, poi, una studentessa universitaria ha meno occasione di entrare in contatto con una donna diplomatica che con una magistrata e forse anche il fatto che il MAECI sia fisicamente a Roma e non abbia uffici dislocati sul territorio nazionale accentua la distanza e fornisce meno occasioni di contatto con modelli di donne diplomatiche. Certo, la natura stessa della carriera diplomatica, che ti porta in giro per il mondo, non può essere sottovalutata: viaggiare e cambiare spesso sedi è una scelta individuale e può richiedere qualche sforzo in più per conciliare vita privata e lavoro. Ma i pro e i contro del lavorare all'estero interessano oggi sempre di più anche gli uomini e l’Amministrazione si dà molto da fare per assicurare il benessere organizzativo dei dipendenti, nella consapevolezza che da questo dipende anche la propria efficacia. Perciò questi elementi non devono scoraggiare assolutamente le giovani donne. Si può metter su famiglia e figli che, anzi, avranno la possibilità di crescere in un ambiente multilinguistico e multiculturale, il che può essere solo un valore aggiunto alla loro formazione. Con il giusto approccio e la giusta organizzazione si può trovare un buon compromesso tra vita e carriera.
D. Ci racconti meglio cosa significa lavorare in diplomazia.
R. Normalmente più della metà della carriera si svolge all'estero e sono davvero tante le attività. All’estero si può lavorare nelle Ambasciate o presso i Consolati presenti in uno dei Paesi in cui l'Italia è accreditata. Ci si può immaginare in una Sede all’estero come su una sorta di navicella che rappresenta un’Italia in miniatura, attraccata in un porto straniero e che da lí gestisce le relazioni politiche, economico-commerciali, culturali ecc. con il governo ospitante, se si tratta di un’Ambasciata, o fornisce servizi ai cittadini italiani residenti nella propria circoscrizione (passaporti, atti di stato civile ecc…) o agli stranieri (visti per esempio) se si tratta di un Consolato. I diplomatici si occupano di tutte queste cose e si capisce la varietà di incarichi e funzioni che può capitare di ricoprire, dalla gestione di iniziative politiche, al negoziato di trattati e convenzioni, all’organizzazione di eventi culturali, al sostegno alle imprese. Soprattutto nei periodi all’estero, non è un lavoro da “cartellino”: è il lavoro dirigenziale e di rappresentanza per eccellenza. Come diplomatica, rappresenti il tuo Paese all'estero sempre, soprattutto se sei a capo di un’Ambasciata; puoi trovarti a contribuire a gestire crisi consolari inaspettate o molto serie, come mi è capitato in occasione dell’attentato alle Torri Gemelle nel 2001 a New York, senza orari almeno per le prime settimane, o dover vivere una fase di difficoltà di rapporti politici come a Cuba nel 2003 o riuscire a far crescere le esportazioni italiane del 30% come a completamento della mia missione in Ghana. Dal punto di vista interno invece, la carriera ha una struttura gerarchica ben precisa. Un po' come la carriera militare se vogliano azzardare un paragone: da questo punto di vista, forse l'inserimento può essere più semplice per gli uomini, che possono avere maggiore conoscenza di questa dimensione, e un po' spiazzante per le donne all’inizio. Ma si impara presto, anche perché il sistema gerarchico è molto chiaro e quindi tutti sanno cosa fare e a chi fare riferimento, il che aiuta sempre e agevola le attività quotidiane.
D. Di cosa si occupa l'Associazione Donne Italiane Diplomatiche e Dirigenti di cui è presidente?
R. L'Associazione nasce nel 2001 proprio perché in carriera c'erano poche donne e tante questioni da affrontare, tra cui il bisogno di sostenersi reciprocamente anche solo con lo scambio di idee ed esperienze in un ambiente quasi interamente maschile, favorire la conciliazione donna e lavoro, e di assicurare una maggiore inclusività in ogni ambito, contribuendo cosí a modernizzare la cultura organizzativa dell’Amministrazione. L'Associazione si fa quindi portavoce di interessi generali, lavora insieme all’Amministrazione per favorire la piena applicazione della normativa sulla parità di genere portando all'attenzione tematiche che altrimenti potrebbero rimanere ignorate, semplicemente perché non sollevate dalla maggioranza e quindi non percepite come importanti. Per fare qualche esempio: abbiamo lavorato per un orario di lavoro più favorevole a conciliare vita privata e carriera, o per far sì che i periodi di maternità all'estero non vengano percepiti come negativi per la Sede, tanto che l’Amministrazione offre oggi la possibilità di sostituire le colleghe nei periodi di congedo obbligatorio e così via. Inoltre l'Associazione rappresenta un modo di fare rete, fondamentale anche in questo contesto: immaginate di essere una donna di meno di trent’anni con un nuovo incarico, in un Paese straniero e per lo più in un ambiente ancora prettamente maschile.
D. Non vi sarebbe utile sapere di avere delle colleghe che prima di voi hanno ricoperto quel ruolo, sono state in quella sede e possono darvi consigli e suggerimenti?
R. Come donne possiamo dare ovunque grandi contributi per abbattere il cosiddetto soffitto di cristallo – che esiste dovunque, in Italia e nel mondo - con tutti quegli ostacoli invisibili che per definizione non agevolano le donne, tra usi, costumi, ambienti dove vige una cultura organizzativa decennale, se non secolare, plasmata su un modello di società declinata al maschile. Secondo il Global Gender Gap Index 2020 del World Economic Forum, l'Italia si trova al 76esimo posto in un ranking di 153 Paesi: a penalizzarci sono una serie di aspetti tra cui il basso tasso di occupazione femminile, quindi l’opportunità di partecipare all’economia del Paese, la differenza salariale tra donna e uomo ecc. Ulteriore conferma che c'è ancora tanto da fare per raggiungere la parità di genere in ogni ambito. Come Associazione continuiamo perciò a lavorare fianco dell’Amministrazione e con la consapevolezza che il Paese fino a oggi si è perso tante meravigliose rappresentanti diplomatiche donne, che avrebbero reso la nostra diplomazia più ricca e diversificata. Perché vede, alla fine è anche questo il senso dell’obiettivo della parità: oltre a un dovere di equità e giustizia verso le donne, una maggiore occupazione femminile è direttamente proporzionale alla crescita economica e al benessere del Paese nel suo complesso.
D. Lei ha ricoperto diversi e importanti ruoli durante la sua carriera. Quando ha capito di voler lavorare in diplomazia?
R. Da piccola avevo una passione per le lingue straniere e grande facilità di contatto con persone di Paesi diversi; arrivata alla maturità, mi sono accorta di sapere veramente poco del mondo reale, anche dal punto di vista dell’organizzazione della società e del sistema internazionale, e così all'università ho scelto di studiare scienze politiche portando avanti i due interessi. Credo che ognuno abbia il suo talento: io sentivo di essere brava a gestire i rapporti con le altre persone e sentivo anche di avere una vocazione per il sociale che volevo mettere al servizio del mio Paese. Ho deciso perciò di prepararmi per il concorso diplomatico. Mio padre cercò di scoraggiarmi, lo faceva per il mio bene dal suo punto di vista, perché era convinto che avrei avuto più certezze studiando giurisprudenza o con un lavoro più tradizionale, appunto. Ma non lo ascoltai perché proprio non potevo pensare di passare tutta la mia vita in Italia facendo lo stesso lavoro per tutta la vita. Ce l'ho fatta e ne sono entusiasta.
D. Un messaggio alle giovani che sognano questo percorso?
R. Go for it! Informatevi, approfondite gli aspetti di questo bellissimo mestiere e se sentite che può essere quello giusto per voi, provateci! È un lavoro impagabile, offre opportunità straordinarie e combina elementi diversi, raramente riscontrabili in altre professioni. Si pensi al servizio che si presta al proprio Paese, all'arricchimento personale che ne deriva e al fatto che non ci si annoia davvero mai. Ci si mette sempre in gioco e ci si trova a svolgere mansioni ogni volta diverse, specializzandosi man mano in più ambiti. Assolutamente questo è un lavoro per donne, senza mettersi barriere da sole. Qualche pregiudizio o stereotipo ci sarà senz’altro, cosi come barriere e ostacoli, ma quelli ci sono sempre per tutti, credetemi. Dipende dunque molto da voi, dalla vostra vocazione e dal vostro impegno. Preparandovi bene per il concorso potrete anche voi essere le future donne diplomatiche d'Italia e con una carriera piena di soddisfazioni tutta da vivere!”. (aise)