ITALIANI IN ARGENTINA/ L’AMBASCIATORE MANZO IN SENATO: PUNTARE SUI GIOVANI

ROMA\ aise\ - La numerosa comunità italiana d’Argentina è stata al centro della lunga audizione che ieri, in Commissione Affari Esteri del Senato, ha visto protagonisti – in videoconferenza - l'Ambasciatore Giuseppe Manzo, il Console Generale a Buenos Aires, Marco Petacco, e il Console Generale a Bahia Blanca, Antonio Petrarulo.
L’audizione, seguito dell'indagine conoscitiva sulle condizioni e le esigenze delle comunità degli italiani nel mondo, è stata introdotta dal presidente Petrocelli.
“Per una realtà quale l’Argentina, l'indagine conoscitiva della Commissione Esteri del Senato può abbracciare varie dimensioni, compreso il ruolo che una comunità così numerosa e radicata ha per la promozione dell’Italia e dei suoi interessi nel mondo e in questa regione”, ha esordito Manzo. “Infatti, in un’ottica strategica, tesa a promuovere l'interesse nazionale nel lungo periodo, si può guardare all’Argentina e all’America Latina come già nei decenni passati si guardava ad altri continenti per le opportunità economiche che offrivano in prospettiva”.
L’ambasciatore, quindi, ha ricordato che “il 20% delle riserve mondiali di petrolio è in America Latina; solo in Argentina il giacimento Vaca Muerta è il secondo al mondo per shale gas e il quarto per shale oil; più del 50% del litio del mondo si estrae tra Argentina-Cile-Bolivia; il Sud America è il continente con maggiori riserve di acqua dolce accessibili; sulle risorse alimentari, l’Argentina (ottavo Paese più grande al mondo, con il 53%) è il primo esportatore mondiale di biodiesel e il secondo per soia e mais. Un simile processo di potenziale crescita del ruolo strategico della regione latino-americana – ha osservato il diplomatico – porta con sé opportunità, di natura economica (grandi opere, macchine per l’agroindustria), ma anche di tipo sistemico, valoriale, relative all'affermazione di modelli sociali - e dei prodotti che questi modelli esprimono - in un mercato potenziale di 500 milioni di persone. Se riferiti all’Argentina, questi modelli restano fortemente influenzati da quelli europei e italiani”.
Quanto alla comunità italiana, quella in Argentina “è la più grande al mondo”; non solo: “20 dei 45 milioni di argentini ha origini italiane. Si tratta di un patrimonio eccezionale, una straordinaria eredità, che ha creato un modello culturale di riferimento unico: metà della popolazione di un Paese ha un forte attaccamento ad un altro Paese. Non è il concetto "vivere all’italiana", non è l’italianità – ha spiegato Manzo – è qualcosa di più”.
A sostegno della sua tesi, l’ambasciatore ha citato l’inaugurazione, l’anno scorso, della prima cattedra di italicità al mondo, all’Università di Mar del Plata, dove, ha spiegato, “si studia il modello locale di italianità e i suoi effetti sulla società. Il concetto di italicità sta a significare, nello specifico argentino, che il 3 giugno si festeggia insieme il padre della patria e inventore della bandiera argentina, Manuel Belgrano, e l’eredità dell’immigrazione italiana. In una sorta di identificazione rappresentata da un eroe argentino, figlio di una famiglia immigrata da Oneglia a metà del ‘700 e figlio di quei valori, italici appunto, su cui solo nei decenni successivi sarebbero state costruite le due nazioni, Italia e Argentina”.
E ancora: “il secondo più grande e prestigioso teatro argentino, il Coliseo, una struttura che ospita 1.800 spettatori, centrale per la cultura locale, vede il demanio italiano come proprietario dell’edificio storico che lo ospita e l’Ambasciatore italiano pro-tempore è il presidente della Fondazione che lo gestisce. E, per questo motivo, su iniziativa del Governo, il Parlamento italiano ha approvato nell’ultimo bilancio un finanziamento triennale di 500 mila euro”.
Ricordato che “tra il 1870 e il 1960 si calcola siano arrivati nel Paese 3 milioni di italiani, con una provenienza regionale eterogenea (quelli di origine piemontese in Argentina sono i più numerosi, oltre 110 mila, ma c’è anche una comunità di italiani discendenti di immigrati dalla Val d’Aosta)” per Manzo “è decisamente prioritario, in un'ottica strategica di lungo periodo, investire affinché questa eredità unica abbia una prospettiva di sviluppo futuro e favorisca il ruolo dell’Italia in tanti settori, non solo quello economico, ma anche, ad esempio, nell’affermazione del modello italiano di lotta alla criminalità transnazionale, dove sta lavorando con la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e le Forze dell’Ordine, soprattutto Guardia di Finanza e Carabinieri, che collaborano con i colleghi argentini”.
Tuttavia, ha tenuto a precisare Manzo, “se si vuole rinnovare l’attaccamento all’Italia, occorre puntare sui giovani della comunità italiana e tener conto che le nuove generazioni guardano all’Italia in modo diverso (solo il 10% degli italiani qui residenti sono nati in Italia). In effetti, ci si trova di fronte a giovani pronti a prendere l’eredita dei propri padri e dei propri nonni, capaci di fare rete, di parlare di temi nuovi e che, quindi, vanno sostenuti per sviluppare una "cittadinanza attiva". In proposito, l’attuale dirigenza dalla comunità è molto attiva. Ad esempio, la scorsa estate è stato organizzato un incontro con 80 giovani leader della comunità”.
La globalizzazione, ha proseguito, “sembra stia offrendo anche una inattesa opportunità di ridurre le distanze che negli anni si sono create tra l’Italia e la sua rappresentazione in Argentina. E, in questo, possono giocare un ruolo anche i nuovi flussi di giovani italiani che arrivano in Argentina. I nuovi flussi migratori di giovani italiani che hanno deciso negli ultimi dieci anni di venire in Argentina sono caratterizzati, infatti, da alcune tendenze interessanti: oltre il 70% ha un titolo universitario; quasi il 70% di loro aveva già vissuto all’estero prima di arrivare in Argentina; il 78% svolge un lavoro adeguato o superiore alla propria qualifica professionale; il 50% aveva già legami in Argentina. Per favorire questa osmosi la Farnesina ha promosso l’iniziativa "Turismo delle radici", conducendo una rafforzata azione di promozione culturale che favorisce questo scambio”.
Quanto ai servizi consolari “nel Paese, tutti gli uffici - Ambasciata, Istituti Italiani di Cultura e Consolati – usano nuove tecnologie e strumenti che consentono di fornire servizi nuovi e migliori: Whatsapp per gestire appuntamenti a Buenos Aires; la digitalizzazione; il funzionario "itinerante" per le regioni più lontane del Paese; aumentando del 50% la capacità di processare le richieste di passaporti”.
Ambasciata e Consolati “hanno operato intensamente durante il lockdown scattato, sulla base dell’esperienza europea, immediatamente con una quarantena e un blocco delle frontiere e dei voli che dura da oltre sei mesi. In questi 180 giorni Ambasciata, Consolati e Istituti di Cultura hanno dovuto fronteggiare l’emergenza, ma al tempo stesso gestire l’ordinario, sviluppando metodi di lavoro nuovi, strumenti innovativi. Tutto il lavoro svolto, peraltro, è stato raccolto in un documento, un giornale di bordo sui 180 giorni di quarantena in Argentina, condiviso con la Farnesina e tutta la rete all’estero affinché l’esperienza di adattamento e innovazione sviluppata in queste circostanze eccezionali non vada perduta”.
L'Ambasciatore ha infine sottolineato “i meriti del personale impegnato, soprattutto perché l’azione di assistenza si è rivelata determinante, visto che si è riusciti a rimpatriare migliaia di italiani prima che arrivasse il picco del contagio”. (aise)