Francesco: ricordare è espressione di umanità
ROMA\ aise\ - “Oggi, anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, si celebra la Giornata della memoria. Commemoriamo le vittime della Shoah e tutte le persone perseguitate e deportate dal regime nazista. Ricordare è espressione di umanità”. Così Papa Francesco che, a margine dell’udienza generale, ha voluto ribadire che “ricordare è segno di civiltà”.
“Ricordare – ha aggiunto – è condizione per un futuro migliore di pace e di fraternità. Ricordare anche è stare attenti perché queste cose possono succedere un’altra volta, incominciando da proposte ideologiche che vogliono salvare un popolo e finiscono per distruggere un popolo e l’umanità. State attenti a come è incominciata questa strada di morte, di sterminio, di brutalità”, il monito del Pontefice che ha dedicato la sua meditazione alla preghiera con le Sacre Scritture.
“Le parole della Sacra Scrittura non sono state scritte per restare imprigionate sul papiro, sulla pergamena o sulla carta, ma per essere accolte da una persona che prega, facendole germogliare nel proprio cuore. La parola di Dio va al cuore”, ha esordito Bergoglio. La bibbia “è un dialogo con Dio” scritto per tutti, anche se “secoli e secoli fa”.
“A tutti i credenti capita questa esperienza: un passo della Scrittura, ascoltato già tante volte, un giorno improvvisamente mi parla e illumina una situazione che sto vivendo. Ma bisogna che io, quel giorno, sia lì, all’appuntamento con quella Parola, sia lì, ascoltando la Parola”, ha aggiunto. “Tutti i giorni Dio passa e getta un seme nel terreno della nostra vita. Non sappiamo se oggi troverà un suolo arido, dei rovi, oppure una terra buona, che farà crescere quel germoglio. Dipende da noi, dalla nostra preghiera, dal cuore aperto con cui ci accostiamo alle Scritture perché diventino per noi Parola vivente di Dio”.
“Attraverso la preghiera avviene come una nuova incarnazione del Verbo”, ha detto ancora il Papa. “E siamo noi i “tabernacoli” dove le parole di Dio vogliono essere ospitate e custodite, per poter visitare il mondo. Per questo bisogna accostarsi alla Bibbia senza secondi fini, senza strumentalizzarla. Il credente – ha sottolineato – non cerca nelle Sacre Scritture l’appoggio per la propria visione filosofica o morale, ma perché spera in un incontro; sa che esse, quelle parole, sono state scritte nello Spirito Santo, e che pertanto in quello stesso Spirito vanno accolte, vanno comprese, perché l’incontro si realizzi”.
“A me dà un po’ di fastidio quando sento cristiani che recitano versetti della Bibbia come i pappagalli. “Oh, sì, il Signore dice…, vuole così…”. Ma tu ti sei incontrato con il Signore, con quel versetto? Non è un problema solo di memoria: è un problema della memoria del cuore, quella che ti apre per l’incontro con il Signore”, ha osservato Francesco. “E quella parola, quel versetto, di porta all’incontro con il Signore”.
“Noi, dunque, leggiamo le Scritture perché esse “leggano noi”. Ed è una grazia potersi riconoscere in questo o quel personaggio, in questa o quella situazione” perché “la Bibbia non è scritta per un’umanità generica, ma per noi, per me, per te, per uomini e donne in carne e ossa, uomini e donne che hanno nome e cognome, come me, come te”.
La tradizione cristiana “è ricca di esperienze e di riflessioni sulla preghiera con la Sacra Scrittura” ha ricordato il Santo Padre citando il metodo della “lectio divina”.
“Attraverso la preghiera, la Parola di Dio viene ad abitare in noi e noi abitiamo in essa”, ha sottolineato ancora. “La Parola ispira buoni propositi e sostiene l’azione; ci dà forza, ci dà serenità, e anche quando ci mette in crisi ci dà pace. Nelle giornate “storte” e confuse, assicura al cuore un nucleo di fiducia e di amore che lo protegge dagli attacchi del maligno. Così la Parola di Dio si fa carne – mi permetto di usare questa espressione: si fa carne – in coloro che la accolgono nella preghiera. In qualche testo antico affiora l’intuizione che i cristiani si identificano talmente con la Parola che, se anche bruciassero tutte le Bibbie del mondo, se ne potrebbe ancora salvare il “calco” attraverso l’impronta che ha lasciato nella vita dei santi. È una bella espressione, questa”.
“La vita cristiana è opera, nello stesso tempo, di obbedienza e di creatività. Un buon cristiano – ha rimarcato il Papa – deve essere obbediente, ma deve essere creativo. Obbediente, perché ascolta la Parola di Dio; creativo, perché ha lo Spirito Santo dentro che lo spinge a praticarla, a portarla avanti. Gesù lo dice alla fine di un suo discorso pronunciato in parabole, con questo paragone: “Ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro – il cuore – cose nuove e cose antiche”. Le Sacre Scritture sono un tesoro inesauribile. Il Signore – ha concluso – ci conceda, a tutti noi, di attingervi sempre più, mediante la preghiera”. (aise)