I volti del Made in Italy
ROMA – focus/ aise - Con gran parte delle pizzerie chiuse per l’entrata in vigore delle misure di prevenzione previste dal Dpcm nella nuova mappa di colori nelle regioni, la Giornata internazionale della pizza si è celebrata quest’anno soprattutto nelle case dove oltre 4 italiani su 10 (44%) hanno scelto di prepararsela da soli pur di non rinunciarci. È quanto emerge da un sondaggio condotto sul sito www.coldiretti.it in occasione della giornata dedicata al simbolo della cucina italiana più conosciuta nel mondo celebrata ieri, 17 gennaio, come ormai consuetudine.
Un “compleanno” amaro, sottolinea la Coldiretti, segnato dall’emergenza coronavirus con la grande maggioranza delle pizzerie italiane chiuse per il servizio al tavolo nelle regioni arancioni e rosse e le altre duramente provate dalle limitazioni negli spostamenti e negli orari di apertura, con il coprifuoco, nonostante la debole boccata d‘ossigeno rappresentata dalla possibilità di consegna a domicilio e di asporto.
Le pizzerie, osserva la Coldiretti, sono forse il settore della ristorazione più colpito dall’emergenza Covid per il consumo serale che si scontra con l’obbligo di chiusura in tutto il territorio nazionale alle 18.00, ma pesa molto anche l’assenza totale dei turisti stranieri, da sempre tra i più accaniti consumatori di pizza.
Le vendite nei locali sono praticamente dimezzate con un crack stimato da Coldiretti in almeno 5 miliardi nel 2020, che mette a rischio il futuro di 63mila pizzerie con circa 200mila addetti presenti lungo la Penisola. Le difficoltà, incalza la Coldiretti, si trasferiscono lungo tutta la filiera considerato che a pieno regime nelle pizzerie ogni anno si stima vengano impiegati 400 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.
Senza dimenticare il taglio dei consumi di vino e soprattutto di birra che trovano nelle pizzerie un canale privilegiato di vendita. La chiusura forzata dei locali ha dunque un impatto devastante non solo sulle imprese e sull’occupazione, ma anche, commenta la Coldiretti, sull’intero sistema agroalimentare che ha visto chiudere un importante sbocco di mercato per la fornitura dei prodotti.
Nel tempo della pandemia ad aumentare è dunque solo la spesa domestica, con il lockdown e le altre limitazioni che hanno “riportato” gli italiani ai fornelli. La preparazione casalinga dei piatti tradizionali, a partire dalla pizza, in questo periodo è infatti una attività tornata ad essere gratificante per uomini e donne all’interno delle case anche con il coinvolgimento appassionato dei più piccoli. Non a caso, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Iri, si è registrato un raddoppio delle vendite di preparati per pizze (+101%) nei supermercati.
Gli italiani sono i maggiori consumatori di pizza in Europa, ricorda infine la Coldiretti, con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono la classifica. Ma il Belpaese vanta anche l’iscrizione dell’Arte dei Pizzaiuoli napoletani nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco avvenuto il 7 dicembre 2017.
Si svolgerà dal 17 al 26 settembre 2021 la prossima edizione del Cous Cous Fest, il Festival internazionale dell'integrazione culturale. Organizzata dal Comune di San Vito Lo Capo e dall'agenzia di comunicazione Feedback, producer dell'evento, la manifestazione ha subito uno stop lo scorso anno a causa dell'emergenza Covid. Adesso si pensa a riprogrammare l'evento di punta del territorio, ma anche uno dei maggiori eventi italiani del settore. La prossima edizione sarà nel segno del riconoscimento del cous cous quale Patrimonio culturale immateriale dell'Unesco, annunciata lo scorso dicembre.
La candidatura del piatto maghrebino all'organizzazione delle Nazioni Unite è stata avanzata congiuntamente da 4 paesi africani: Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia.
Il cous cous, per la prima volta, senza dispute sulla paternità di questo piatto comune alle culture dei paesi del Maghreb, ha fatto ritrovare la condivisione e l’armonia tra queste antiche civiltà dove “donne e uomini, giovani e anziani, si identificano in questo piatto considerato il simbolo del vivere insieme”, come si legge nel documento di candidatura.
Il cous cous, insomma, è riuscito ad abbattere i confini geografici, costruire ponti tra i popoli e avvicinarli tra loro attraverso le pratiche e le conoscenze che hanno in comune. La notizia è stata accolta con grande gioia dalla comunità sanvitese.
Il sindaco di San Vito Lo Capo, Giuseppe Peraino, infatti, lo scorso anno aveva scritto sia all'Ente tunisino per il turismo che al Centro nazionale per la ricerca preistorica, antropologica e storica di Algeri, per sostenere la candidatura Unesco.
"Questo riconoscimento mi riempie di gioia - afferma Peraino - perché il cous cous è un piatto storicamente legato a San Vito Lo Capo che fa parte, ormai da secoli, della tradizione gastronomica locale. Dal 1997 il Cous Cous Fest lo celebra a livello internazionale, tanto da essere diventato uno dei simboli di San Vito Lo Capo nel mondo. Il riconoscimento Unesco, che sottolinea la valenza culturale e di integrazione del cous cous, filosofia che da sempre anima il Cous Cous Fest, sarà lo spunto per l'edizione 2021, che mi auguro sia anche quella della ripartenza e della rinascita". (focus\ aise)