Italoamericano.org/ Il Premio oscar italo americano Michael Giacchino torna alla Disney con Zootopia 2 – di Silvia Nittoli

Photo: Evan Mulling

SAN FRANCISCO\ aise\ - “La musica di Michael Giacchino è la colonna sonora di alcuni dei film e delle saghe più amate degli ultimi vent’anni: dalle melodie commoventi di Up, Coco, Gli Incredibili e Ratatouille della Pixar, a quelle più avvincenti di The Batman, Spider-Man: No Way Home e del recente The Fantastic Four: First Steps. Note dietro le quali si nasconde una storia carica di eredità culturale e radici familiari. Giacchino nasce a Riverside Township, nel New Jersey, in una famiglia con profonde radici italiane: il lato paterno proviene dalla Sicilia, mentre la famiglia della madre ha origini abruzzesi. Cresciuto tra tradizioni italiane, pranzi familiari e profumi di cucina casalinga, Giacchino non ha mai nascosto il suo forte senso di identità culturale che continua a influenzare la ricchezza emotiva delle sue composizioni”. Ad intervistarlo è stata Silvia Nittoli per l’ItaloAmericano.org, magazine diretto da Simone Schiavinato.
“Nel 2009 il compositore ha ottenuto la cittadinanza italiana, ufficializzando il legame con il Paese d’origine dei suoi nonni, Caccamo, in provincia di Palermo, il paese da cui proveniva la famiglia del padre (qui nacque il suo bisnonno paterno, Michele Giacchino, nel 1876). Qualche anno dopo ne è stato nominato cittadino onorario. In diverse interviste, Giacchino ha spesso riconosciuto quanto queste radici abbiano plasmato il suo approccio alla narrazione musicale. Legami che rappresentano una fonte d’ispirazione e orgoglio e un richiamo alla tradizione narrativa e alla sensibilità musicale che gli italiani custodiscono da secoli.
Trasferitosi a Los Angeles, Giacchino è diventato una presenza costante nella comunità creativa di Hollywood. Ha collaborato con registi visionari come J.J. Abrams, Brad Bird e Taika Waititi, spaziando dai film d’animazione ai live action. I film animati, ha spiegato, rappresentano una sfida unica: ogni momento deve essere calibrato con precisione, e spesso la colonna sonora comunica ciò che immagini e dialoghi da soli non riescono a trasmettere. Dopo una candidatura all’Oscar per Ratatouille, è stata la colonna sonora di Up a regalargli la sua prima statuetta per la Miglior Colonna Sonora Originale, il primo Oscar assegnato a un film Pixar in quella categoria.
Ora Giacchino ha messo il suo talento al servizio di Zootropolis 2, attesissimo sequel Disney in uscita nelle sale il 26 novembre 2025. “Il progetto è stata un’opportunità per ampliare il linguaggio musicale di Zootropolis, mescolando generi e stili inaspettati per rispecchiare l’energia, il fascino e la profondità emotiva dei personaggi”, ha raccontato a L’Italo Americano durante il nostro incontro ai Walt Disney Studios di Burbank.
D. Come si sente a lavorare sui film d’animazione?
R. L’animazione è una benedizione. Tutto deve essere pianificato in anticipo, ma questo mi dà stabilità per scrivere una musica che vive dentro la storia, invece di limitarsi a farle da sfondo. Il live action può sembrare una corsa a ostacoli, sempre dietro a montaggi e modifiche. L’animazione è più calma, più meditata, e l’amore per il progetto è sempre evidente.
D. In che modo il mondo di Zootropolis l’ha aiutata a comporre la musica?
R. Nel mondo di Zootropolis non ci sono regole, quindi abbiamo usato funk anni ’70, musica d’azione ad alta tensione, brani da scalata alpina, valzer, persino un “valzer malvagio” per i cattivi. Mi piace registrare con i musicisti tutti nella stessa stanza. Alcuni compositori incidono le parti separatamente, ma io preferisco la chimica della collaborazione dal vivo. Se i registi vogliono un passaggio più triste o più funky, posso adattarmi all’istante, e i musicisti sono in grado di suonare qualsiasi cosa venga loro proposta.
D. Come ha affrontato i personaggi?
R. Anche se sono animali, li tratto come esseri umani. Prendiamo Gary, il nostro serpente: aveva bisogno di storia e sentimento. Ho lavorato con un flautista straordinario, Pedro, che suona strumenti insoliti, persino flauti in PVC. L’anima dell’esecutore emerge nell’interpretazione. Nick è furbo, Judy è sincera, e la musica li segue. Tutto ciò che faccio è guidato dai personaggi; la storia viene dopo.
D. Come affronta oggi un film d’animazione?
R. Tutto parte dai personaggi. Il mio compito è mettermi nei loro panni affinché anche il pubblico possa connettersi con loro. Spesso mi chiedono se sia diverso dal live action, ma in realtà non lo è. Che sia tramite dialoghi, sviluppo narrativo o immagini, sono i personaggi a muovere tutto. La musica lavora su un piano più subliminale: ti fa sentire ciò che provano i personaggi. E poiché i film d’animazione durano di solito intorno ai 90 minuti, la musica diventa essenziale per renderli completi, proprio come accade nei film dal vero.
D. In che modo la musica aiuta a trasmettere un’emozione?
R. La musica può cambiare completamente la percezione di un momento. Immagina la macchina da presa che si avvicina a un personaggio: se suono qualcosa di triste, il pubblico capisce subito che è turbato. Ma se suono una polka, li porta in tutt’altra direzione. È per questo che la musica è una parte così delicata del cinema: può guidare lo spettatore alla perfezione o mandare all’aria anni di lavoro. Se non sei in sintonia con il regista, rischi di creare emozioni che non appartengono alla scena.
D. Com’è a livello pratico il processo di composizione?
R. Di solito inizio da solo. Poi i registi vengono nel mio studio e guardiamo insieme le scene. Le preparo in mock-up con i campioni digitali, così possono percepire l’energia e l’atmosfera. È lì che capisco cosa funziona e cosa no. Accolgo volentieri gli errori, meglio farli all’inizio, così quando arriviamo in sala di registrazione, dove il tempo è prezioso, possiamo concentrarci sull’esecuzione perfetta.
D. E se le viene un’idea ma non può annotarla subito?
R. Capita spesso in macchina. Spero solo di ricordarmela più tardi. Non amo leggere i copioni in anticipo: mi fanno immaginare un film diverso. Preferisco aspettare un montaggio, poi riflettere sui personaggi: cosa vogliono, cosa si nasconde dietro l’umorismo, dove stanno i conflitti di fiducia. Poi mi siedo al pianoforte, scrivo una suite di temi basati su quelle sensazioni e la presento ai registi per capire se corrisponde alla loro visione.
D. Qual è l’input più importante che le serve da un regista?
R. Non dobbiamo parlare di musica, ma di emozioni. Come deve sentirsi il pubblico in questa scena? Ecco la chiave. I registi ragionano già così quando lavorano con gli attori o con gli storyboard artistici. A volte discutiamo: magari loro vogliono azione e divertimento, ma io ricordo loro: “No, lei è triste per quello che è appena successo”. Una sola nota può cambiare tutto, quindi quei confronti emotivi sono fondamentali.
D. Che musica ascolta per ispirarsi?
R. Le cose più insolite. Una volta stavo andando a Disneyland con Pete Docter (il direttore creativo di Pixar, con cui ha collaborato per Up, ndr) e avevo in macchina a tutto volume la colonna sonora dello Muppet Show; quello di Marvin Suggs e la sua band, nemmeno una delle versioni cinematografiche. Pete mi guardò e disse: “Ho capito che andremo molto d’accordo”.
D. Qual è la parte che preferisce di tutto il processo?
R. Far parte del film in ogni fase. Da bambino idolatravo gli Imagineers che costruivano Disneyland e Disney World, quindi anche solo intravedere quel mondo è incredibile. Le persone con cui collabori sono le più creative, divertenti e brillanti che tu possa incontrare. Scegliere un film è chiedersi: avrei voluto frequentare queste persone quando avevo 12 anni? Con Disney e Pixar, la risposta è sempre sì”. (aise)