Il 52% dei giovani lavoratori italiani vuole un’azienda che rispecchi i propri ideali

ROMA\ aise\ - Oggi il mondo del lavoro sta assistendo a una rivoluzione tutt’altro che silenziosa, guidata dai più giovani. La Generazione Z, destinata a rappresentare quasi il 30% della forza lavoro globale entro il 2030, non si accontenta più: sta invece riscrivendo le regole proponendo una visione radicalmente diversa da quella delle generazioni precedenti. Una prospettiva del tutto nuova che mette al centro flessibilità, equilibrio tra vita privata e professionale e ascolto autentico. In poche parole, i giovani tra i 18 e i 26 anni, chiedono aziende capaci di prendersi cura delle persone, prima ancora che dei dipendenti. A testimoniare questo significativo cambio di passo un recente report di Checkr, secondo cui ben il 52% dei lavoratori della Gen Z e il 46% dei Millennials sarebbero disposti a rinunciare a parte del proprio stipendio pur di lavorare in un’azienda i cui valori siano coerenti con i propri. È la dimostrazione definitiva che il lavoro non viene più scelto solo in base al ruolo o al compenso, ma anche (e soprattutto) in funzione del significato che porta con sé.
In questo scenario, il ruolo delle aziende cambia radicalmente: dal loro punto di vista infatti il futuro del welfare aziendale non può più essere considerata una mera voce di costo, ma diventa soprattutto una scelta identitaria.
Per i lavoratori più giovani avere un lavoro che riflette la propria cultura valoriale, non è un extra, quindi, bensì una condizione basilare. E non si tratta di pura e semplice filosofia, perché questa generazione sta davvero definendo un nuovo standard per l'ambiente di lavoro moderno all’insegna del coinvolgimento e della trasparenza. Come riporta una recente survey ripresa da Forbes.com, la Gen Z vuole avere la certezza che il proprio lavoro abbia uno scopo, oltre che sentirsi parte integrante di un'azienda fin dal primo giorno. Non manca poi la necessità di trasparenza e chiarezza non solo dai leader, ma anche dai colleghi: comunicazione aperta su retribuzione, benefit, performance, strategie e processi decisionali. Da qui passa anche l’esigenza di avere in azienda un consulente welfare dedicato che possa illustrare l’offerta del pacchetto di servizi aziendali e indirizzare il lavoratore verso quelli le soluzioni più adatte alle sue esigenze. Esigenza testimoniata anche dall’8° Rapporto Eudaimon Censis secondo cui il 42,5% dei lavoratori, quasi uno su due, vorrebbe poter contare su un consulente esperto in cui avere fiducia per suggerimenti, indicazioni in materia di welfare. Una figura professionale che non è solo una risposta a un’esigenza concreta, ma rappresenta anche un’opportunità per rafforzare il rapporto di fiducia tra lavoratori e datori di lavoro, contribuendo a creare un ambiente professionale più sereno e consapevole.
Non stupisce, di conseguenza, che molte delle soluzioni meno note stiano diventando elementi decisivi nella scelta di un nuovo posto di lavoro, per esempio: il rimborso dei prestiti universitari, le app di budgeting o le coperture sanitarie flessibili. (aise)