“La pittura a Bologna nel lungo Ottocento | 1796 - 1915”: una grande mostra diffusa

BOLOGNA\ aise\ - Anticipata da un ricco palinsesto di attività che ha preso avvio nel dicembre scorso, la primavera della stagione espositiva a Bologna ha aperto al pubblico il 21 marzo con l’ampia rassegna espositiva diffusa “La pittura a Bologna nel lungo Ottocento | 1796 - 1915”, dedicata alla pittura felsinea dall'età napoleonica all'inizio della Grande Guerra.
Ideata e coordinata dal Settore Musei Civici Bologna attraverso il Museo civico del Risorgimento e curata da Roberto Martorelli e Isabella Stancari, la rassegna sarà visitabile sino al 30 giugno.
Per ampiezza del percorso delineato, numero delle opere esposte e varietà di soggetti e luoghi coinvolti, si tratta della più ampia ricognizione monografica mai organizzata per presentare le origini e le evoluzioni della modernità artistica in ambito bolognese e in particolare della produzione pittorica la cui presenza è dominante nella cultura figurativa del “lungo Ottocento”.
Sono oltre 500 le opere, di cui circa un centinaio mai esposte prima, provenienti dai depositi di istituzioni museali pubbliche e da collezioni private, di 80 artisti appartenenti a generazioni differenti, a essere visibili in 18 sedi (5 musei, 5 gallerie antiquarie, 3 fondazioni, 2 edifici di culto, un palazzo comunale, un teatro storico e un’associazione culturale) situati tra Bologna, Crespellano e San Giovanni in Persiceto, che spaziano tra tecniche (dal disegno al dipinto su tela e tavola, all’acquerello su carta), contesti di realizzazione (dalle grandi decorazioni pubbliche alle opere da salotto, alle riviste) e generi rappresentati (paesaggi, ritratti, soggetti storici, pale d’altare, vedute urbane).
La prima inaugurazione si è tenuta martedì scorso, 19 marzo, al Museo civico del Risorgimento, con la partecipazione di rievocatori in costume storico di 8cento APS che hanno animato quadri viventi ispirati alle opere esposte nella sezione che dà il titolo all’intera rassegna, “La pittura a Bologna nel lungo Ottocento | 1796 - 1915”.
Partendo dallo spoglio della pregevole collezione dei tre album fotografici che documentano la produzione artistica e architettonica a Bologna nella seconda metà del XIX secolo, raccolta da Raffaele Belluzzi (1839-1903) e da lui donata al Museo civico del Risorgimento di Bologna di cui fu primo direttore, l’iniziativa si prefigge l’ambizioso obiettivo di proporre con nuovo slancio interpretativo una visione complessiva su questa fervida stagione culturale rinnovatrice della città attraverso gli studi più aggiornati, le scoperte recenti e le ricostruzioni biografiche acquisite negli ultimi anni.
Numerosi soggetti pubblici e privati concorrono ad arricchire un’iniziativa corale fondata su una co-progettazione culturale durata oltre due anni, con l’obiettivo di restituire a questo patrimonio artistico una rinnovata visibilità per farne riscoprire a un pubblico non di soli specialisti l’altissimo valore non ancora adeguatamente conosciuto e riconosciuto.
Per queste sue peculiarità, il progetto si configura come opportunità rara per vedere rappresentato l’inquieto alternarsi di nuovi stili e ricerche – dal Neoclassicismo accademico al movimento romantico, passando per le tendenze naturalistiche del Purismo e del Realismo, l’Eclettismo storicista fino alle sperimentazioni dei Simbolisti e dei Divisionisti -, nel periodo storico in cui, dopo la fine del dominio pontificio e l’adesione al Regno d’Italia, Bologna è attraversata da profondi mutamenti politici, sociali e culturali che conducono la città alle soglie dell’epoca contemporanea.
La città felsinea è geograficamente destinata a essere il crocevia d’Italia, luogo d’incontro e confronto della cultura e dell’economia. Questo ruolo viene in parte perdendosi negli anni centrali del Risorgimento, ma con l’Unificazione Bologna può tornare a diventare uno dei centri vitali nazionali. Un'occasione importante per accreditare questo ruolo è certamente l’Esposizione Emiliana del 1888, quando, sotto l’egida di Giosuè Carducci, Bologna di fatto si candida a capitale culturale della Terza Italia. Sede della più antica Università d’Europa, nel corso del “lungo Ottocento” vede un fiorire di nuove istituzioni e circoli artistici che si affiancano all’Accademia Clementina (poi delle Belle Arti), fondata nel 1710. Il Collegio Venturoli inizia l’attività nel 1825 offrendo a studenti in difficoltà economica la possibilità di accedere agli studi, mentre con la nascita della Società Protettrice delle Belle Arti (1853) e in seguito con la società "Francesco Francia" (1894) vengono organizzate mostre-mercato che avvicinano gli artisti a un pubblico borghese. In Accademia, ai Concorsi Curlandesi, riformati nel 1870, si affianca dal 1878 il Premio Baruzzi. Il Comitato per Bologna Storica e Artistica (1899) e il movimento dell'Aemilia Ars, insieme ad altre gilde e cenacoli di minore durata, sono tutte occasioni per sviluppare il gusto contemporaneo. Tutto questo fervore artistico si riflette in un grande numero di giornali e riviste d’arte e nella nascita di una delle più importanti tipografie italiane, la Litografia Chappuis.
L’itinerario espositivo diffuso documenta la ricchezza espressiva e la complessità di questi nuovi orizzonti visivi attraverso i lavori degli artisti locali che si sono confrontati con i movimenti italiani e internazionali, partecipando alle Esposizioni Nazionali, a quelle Universali, alle Biennali di Venezia come alle Secessioni romane, ottenendo commissioni all’estero, viaggiando per il mondo. Accanto ai protagonisti di primo piano, più documentati e studiati - Gaetano Gandolfi, Antonio Basoli, Pelagio Palagi, Ottavio Campedelli, Alessandro Guardassoni, Luigi Bertelli, Luigi Busi, Mario De Maria detto “Marius Pictor”, Fabio Fabbi, Luigi Serra, Coriolano Vighi, Augusto Majani detto “Nasica”, Carlo Corsi, Athos Casarini e Alfredo Protti – sono rappresentati altri artisti dimenticati o oggi quasi del tutto sconosciuti come Giuseppe Bortignoni junior, Achille Frulli, Dina Pagan de’ Paganis. Non mancano poi documenti di artisti “forestieri” che hanno influito sulla cultura artistica locale, o che vi hanno soggiornato, o che hanno insegnato nella locale Accademia delle Belle Arti: Antonio Canova, Felice Giani, Antonio Puccinelli, Leonardo Bistolfi e Giovanni Boldini.
Accanto alle iniziative espositive, grande attenzione è dedicata alle attività di mediazione culturale per adulti, bambine e bambini e a momenti di approfondimento specialistico per il pubblico più appassionato. Durante l’intero periodo di apertura della rassegna sono proposte 70 visite guidate, 22 conferenze, 10 laboratori didattici e attività per famiglie, 4 rievocazioni storiche, oltre a 12 altre iniziative tra passeggiate, momenti musicali e l’esposizione “Bolognesi all’avanguardia - l’esperienza Liberty di Modelli d’Arte Decorativa” allestita dal 16 al 30 maggio presso la Mediateca di San Lazzaro di Savena.
Il calendario completo degli appuntamenti è disponibile sui siti web www.museibologna.it/risorgimento e www.storiaememoriadibologna.it/ottocento.
Matteo Lepore, sindaco di Bologna, si è detto “felice di promuovere e ospitare a Bologna una mostra così importante, che coinvolgerà anche altre città e realtà private dell’area metropolitana. Questa rassegna diffusa racconta un pezzo della nostra storia, ripercorrendo la vivacità artistica e culturale che ha contraddistinto Bologna nel periodo del lungo Ottocento. Molte delle bellezze che oggi ammiriamo sono diretta eredità di quella stagione e se Bologna è oggi una città con una forte vocazione culturale lo si deve anche ai tanti artisti che hanno segnato quel periodo storico, dando vita a esperienze importanti come, ad esempio, l’Accademia delle Belle Arti, punto di riferimento nazionale e luogo di formazione per tanti artisti non solo della città. Questa mostra rappresenta, quindi, un’occasione unica per scoprire o riscoprire alcuni di questi artisti attraverso le loro opere, alcune delle quali inedite e mai esposte prima“.
“La mostra diffusa La pittura a Bologna nel lungo Ottocento | 1796 - 1915 è un progetto culturale corale e di messa in rete del territorio metropolitano che costituisce un contributo fondamentale per la creazione del sistema museale metropolitano”, ha detto Eva Degl’Innocenti, direttrice Settore Musei Civici Bologna. “Grazie a questo ampio percorso monografico mai organizzato prima sulle origini e sulle evoluzioni della modernità artistica in ambito bolognese, pubblico e privato si sono uniti in una co-progettazione culturale durata oltre due anni, con l’obiettivo di restituire e condividere questo patrimonio storico-artistico con le comunità e tutte le varie tipologie di pubblico”.
“La mia avventura con la pittura bolognese dell'Ottocento è cominciata studiando la collezione fotografica che Raffaele Belluzzi, primo direttore del Museo del Risorgimento di Bologna, raccolse pazientemente in vita e lasciò al suo museo in eredità; parte di essa è dedicata proprio alla pittura a Bologna nella seconda metà del secolo”, ha raccontato Isabella Stancari, studiosa e co-curatrice del progetto diffuso. “Grazie alla fiducia che il direttore del museo Otello Sangiorgi, Mirtide Gavelli e Roberto Martorelli hanno avuto in me e nel mio lavoro ne è risultata la pubblicazione di un numero monografico del Bollettino del Museo del Risorgimento (LXII-LV, 2018-20). Successivamente si è presentata come naturale conseguenza delle scoperte fatte il dare conto alla cittadinanza di quanto riemerso e di mostrare per la prima volta tante opere mai viste, o mai studiate, e di rivedere quelle che in genere non sono esposte, rivelando al pubblico un quadro ricco e vivace del panorama artistico bolognese dell'Ottocento”.
LE MOSTRE NEI MUSEI CIVICI DI BOLOGNA
Tre sono le sedi espositive del Settore Musei Civici Bologna coinvolte nel percorso di visita, dove è possibile ammirare il meglio della pittura locale: Collezioni Comunali d’Arte, Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini e Museo civico del Risorgimento.
“Figure e paesaggi dell'Ottocento alle Collezioni Comunali d'Arte”, a cura di Isabella Stancari, si potrà visitare, sino al 30 giugno, in Palazzo d’Accursio, sede centralissima delle Collezioni Comunali d’Arte, in Piazza Maggiore. Qui sono esposti 23 dipinti rivolti a due tematiche principali.
La prima è dedicata all’Accademia delle Belle Arti, luogo di formazione di quasi tutti gli artisti locali e promotore di due concorsi artistici nazionali, il Curlandese e il Baruzzi. Il Premio Curlandese fu Istituito nel 1785 per volontà del duca di Curlandia (regione situata nella parte meridionale dell’attuale Lettonia), mentre i Concorsi Curlandesi (piccolo e grande premio) vennero assegnati dal Senato di Bologna su giudizio di una commissione nominata dall’Accademia, dal 1777 al 1870 e, in seguito, dalla Municipalità fino al 1936. Nel 1878 lo scultore Cincinnato Baruzzi volle che dopo la sua morte venisse istituito un premio nazionale a suo nome. Ogni anno, in alter nanza, un pittore, uno scultore e un musicista venivano premiati per un’opera di cui avevano presentato il bozzetto. Il vincitore poteva realizzarlo in grande, o tradurlo in marmo, o metterla in scena al Teatro Comunale di Bologna. Del Premio Curlandese sono esposte le tele Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria (1875) di Raffaele Faccioli e Giovane signora – Mughetto (1905) di Giuseppe Brugo mentre del Premio Baruzzi sono presentati i due grandi dipinti Senza lavoro e senza pane - Disoccupati (1895) di Augusto Majani “Nasica” e Idillio fugace (1899) di Gian Emanuele Covelli detto Gaele . A corredo della narrazione sono presenti inoltre opere che proposte nell’annuale esposizione che si teneva presso l’Accademia, tra cui l’inedita versione della Linda di Chamounix (1857-1861) di Giulio Cesare Ferrari.
La seconda tematica affronta il paesaggio, con numerose opere inedite: ai noti soggetti eseguiti da Luigi Bertelli delle collezioni storiche del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna sono affiancati straordinari paesaggi. In prestito dalla Galleria de’ Fusari sono visibili la Veduta di Castel Gandolfo (1810-1815) di Giovan Battista Bassi e un Paesaggio (1840-1850) di Ottavio Campedelli. Grazie a due collezionisti, altrettante opere dialogano inoltre con tele di proprietà pubblica. Uno splendido Paesaggio innevato con alberi di Alessandro Gua rdassoni è collocato accanto al suo Autoritratto (1870 ca.) della Fondazione Gualandi a favore dei sordi, dove l’artista si ritrae dipingendo proprio la tela qui esposta al pubblico. Il Ritratto di Petronio Montanari (1815 ca.) di Pelagio Palagi nella versione mai terminata delle Collezioni Comunali d’Arte è affiancato dalla versione completata e donata al committente, ora in collezione privata. Oltre alle opere in mostra si possono ammirare nel percorso museale i due ampi saloni dedicati in permanenza allo stesso Palagi, il più importante pennello neoclassico locale, la cui carriera internazionale come pittore, architetto, decoratore d'interni, scultore e disegnatore di arredi si concluse a Torino come artista della corte Savoia di re Carlo Alberto.
I Musei Civici d’Arte Antica, in collaborazione con La Quadreria di ASP Città di Bologna, espongono presso il Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini due versioni dell’Incredulità di San Tommaso di Gaetano Serra Zanetti (Bologna, 1807 - 1862). L’iniziativa è a cura di Mark Gregory D’Apuzzo.
Entrambi i dipinti sono abitualmente conservati nei depositi, dunque non accessibili al pubblico. L’esposizione offre quindi l’opportunità di conoscere de visu due opere significative nel percorso del pittore, che fu tra i protagonisti dell’Ottocento bolognese, più volte gratificato da premi e riconoscimenti.
Commissionata dal marchese Giuseppe Davia per la cappella di famiglia nella Chiesa di San Francesco (1850), la bella Incredulità di San Tommaso è stata di recente sottoposta a un capillare restauro che ha interessato sia l’intera superficie pittorica, sia la cornice originale, ideata in forme di ispirazione gotica – archiacuta, lobata con colonnine a tortiglione - per meglio adattarsi alla sede ecclesiale. Ne sono riemersi, oltre alla firma e alla data sul retro, “la splendidezza dei toni, la vivacità delle tinte, la leggerezza delle ombre”, notate già dall’anonimo estensore della recensione apparsa nella rivista L’Iniziatore (23 gennaio 1851), che aveva definito il pittore “uno dei migliori artisti che al presente onorino Bologna ”, sottolineandone il debito nei riguardi della “divina scuola degli immortali cinquecenteschi” .
Allievo all’Accademia di Francesco Albéri e Giuseppe Badiali, Serra Zanetti avvia fin a partire dagli anni Trenta un’intensa produzione di soggetto storico, anche di carattere religioso, in cui i modelli dei grandi maestri sono tradotti “con accenti di maggiore verità e naturalezza” (Farioli 1983). Sono infatti da collocarsi in quegli anni i viaggi a Parma, dove approfondisce lo studio di Correggio, da lui molto apprezzato per l’amabilità della pittura e per gli effetti di luce e ombra, a Firenze e a Venezia, dove si reca per vedere Tiziano. Nella città lagunare, in particolare, coadiuvato dall’amico pittore polacco Taddeo Gosetschi, elabora una nuova tecnica pittorica, visibile anche nel nostro dipinto, “che consiste nell’uso di una vernice che formando un glutine trasparente serviva non solo a stemperare i colori ma anche a mantenerli più pastosi e lucidi” (Farioli 1983). Un successivo soggiorno a Roma gli consentirà di meglio focalizzare il portato del “bel dipingere”, nel confronto con la tradizione del classicismo da Raffaello a Guido Reni, di cui esegue alcune copie. L’immersione delle figure “in un gelido e astratto limbo formale di stretta osservanza purista” (Benati 1980) è rivelatrice, tuttavia, delle propensioni del pittore, aperto a tangenze “nazarene, alquanto insolite nell’ambiente bolognese” (Renzo Grandi 1983-1984). Condivide tali intenzioni stilistiche nella stesura levigata e “linda”, quasi “da quattrocentista”, la successiva versione del medesimo soggetto – firmata e datata 1853 (La Quadreria di ASP Città di Bologna) in cui la composizione, accresciuta dalla presenza degli apostoli, appare più “complessa ed evoluta sia per numero di figure che per articolazione e sentimento narrativo” (Masini 1995).
Lungo il percorso del museo sono inoltre segnalati alcuni paesaggi ottocenteschi di età romantica esposti in permanenza: il delizioso quadretto La scalinata di Giuseppe Termanini e alcuni dipinti di Giacomo Savini , entrambi allievi del pittore e scenografo Vincenzo Martinelli, esponente di spicco del paesaggismo bolognese della seconda metà del Settecento.
Infine, come detto, al Museo civico del Risorgimento è allestita la sezione a cura di Roberto Martorelli e Isabella Stancari da cui prende il titolo l’intera rassegna espositiva diffusa.
Tra le opere ispirate ai temi risorgimentali si segnala uno dei capolavori della ritrattistica ottocentesca, il Ritratto di Giovan Maria Damiani in uniforme delle Guide Garibaldine (1872) di Antonio Puccinelli, appartenente alla collezione dello stesso museo e raramente esposto. L’iconica opera è affiancata dalle opere I fatti di Savigno (Passaggio delle truppe pontificie) di Ferdinando Fontana e dal modelletto preparatorio, in collezione privata, della omonima grandiosa tela di Carlo Arienti La cacciata dell'imperatore Barbarossa da Alessandria , voluta dal re Carlo Alberto in chiave antiaustriaca.
Grazie alle opere delle collezioni storiche del MAMbo viene inoltre ripercorso il tema del soggetto storico, tanto caro alla cultura artistica di metà Ottocento, con le opere La morte di Zerbino (1851) del pittore di figura Ippolito Bonaveri e Io mi sedeva in parte… (1873) di Alfonso Savini, mentre il genere del paesaggio bolognese è rappresentato dalle vedute neoclassiche di Giacomo Savini, di età romantica con Ottavio Campedelli e del primo Novecento con Augusto Majani “Nasica” .
Oltre alle c inque piccole opere inedite di Giulio Cesare Ferrari, ritrovate da Isabella Stancari durante il lavoro di ricerca confluito nel Bollettino 2020/2022 del Museo civico del Risorgimento, notevole è inoltre il nucleo di quattro tele dipinte da Alessandro Guardassoni, che si ricollegano idealmente alla mostra monografica visibile nella sede della Fondazione Gualandi a favori dei sordi. Il capolavoro giovanile del pittore bolognese Anna Bolena forsennata, vincitore del piccolo premio Pittura al Concorso Curlandese del 1843 e proveniente dai depositi del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, è esposto insieme a tre opere inedite da collezioni private che testimoniano il lato più sperimentale dell’artista. Si tratta del Giardiniere che annaffia una pianta e due particolari vedute di giardini, eseguite a tempera e chine sui toni del grigio, che mostrano la rielaborazione del reale sulla base di fotografie.
Per la delicata eleganza si distingue infine uno dei rari di ritratti Luigi Serra, Ritratto di signore (Enrica Merlani) eseguito nel 1888, anno della prematura scomparsa del pittore. (aise)