"ECSTASY & ORACLES": JAN FABRE IN SICILIA

La lealtà che tiene sotto controllo il tempo e la morte III della serie Vanitas vanitatum, omnia vanitas - Linda and Guy Pieters Collection, Belgio
AGRIGENTO\ aise\ - Dal 7 luglio scorso e sino al 4 novembre Agrigento e Monreale ospitano l’esposizione “Jan Fabre – Ecstasy & Oracles”, una sorprendente selezione di lavori sia noti sia inediti realizzati dall’artista visivo, creatore teatrale e autore fiammingo, un percorso straordinario che si snoda tra siti archeologici, luoghi di culto, monumenti e biblioteche di queste due splendide città siciliane.
Curato da Joanna De Vos e Melania Rossi in continuo dialogo con il maestro Jan Fabre, il progetto è organizzato da MondoMostre e promosso dalla Regione Siciliana - Assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Dipartimento dei Beni culturali e dell’Identità Siciliana, Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo, Polo Culturale di Agrigento, in collaborazione con la Città di Palermo, l’Arcidiocesi di Monreale, il Comune di Monreale, il Comune di Agrigento e l’Arcidiocesi di Agrigento. La mostra è tra i Manifesta 12/CollateralEvents e si inserisce nel cartellone di eventi di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018, durante il quale, nel corso di tutto l’anno, si svolgerà un ricco programma che coinvolgerà non solo il capoluogo ma tutta l’isola. Il catalogo della mostra è edito da Skira.
Esposti oltre cinquanta lavori realizzati da Jan Fabre tra il 1982 e il 2018: serie di disegni a matita e penna bic; sculture in diversi materiali, dalla cera al bronzo; film che documentano performance e mosaici realizzati con preziose ma solide e cangianti corazze di scarabei.
L’artista presenta anche due opere inedite, pensate appositamente per questa occasione: “Schande übers Ganze Erdenreich!” e “Searching Oracle Stones”. L’esposizione si sviluppa in sinergia con luoghi di eccezionale valore storico e artistico: il Parco della Valle dei Templi e la città di Agrigento, Monreale e gli spazi del complesso monumentale della Cattedrale. Si instaura così una relazione tra l’arte greca dei templi, i mosaici bizantini e il personale vocabolario visuale di Fabre.
Nel Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi, Fabre si cimenta sul tema degli oracoli, in un confronto con la civiltà greca classica. Una serie di opere di varia natura dislocate lungo il percorso della Via Sacra omaggiano la terra che le ospita: l’antica Akragas, nucleo originario della moderna Agrigento. In prossimità dei templi di Giunone e Zeus, due sculture in bronzo a grandezza naturale, “L’uomo che dirige le stelle” (2015) e “L’uomo che dà il fuoco” (2002), stabiliranno un rapporto con gli imponenti resti dei templi dorici dedicati alle divinità elleniche, intesi come metafore del costante tentativo dell’umanità di interagire con il divino e di tendere all’eterno. L’artista si autoritrae come un Prometeo contemporaneo che tenta, nonostante le sue fragilità e l’estrema umanità dei suoi gesti, di proteggere la fiamma dell’arte e dell’ingegno, strumenti che gli permettono di sfidare le leggi della fisica e il trascorrere del tempo, emulando così gli antichi greci che attraverso la costruzione di magnifici templi, riuscirono ad entrare nella storia del mondo.
Nei pressi del Tempio della Concordia si potrà ammirare una performance inedita presentata su cinque schermi, opera che Jan Fabre ha realizzato appositamente per questa esposizione. In “Schande übers Ganze Erdenreich!” la performer/sacerdotessa Stella Höttler si muove tra tartarughe di terra in una sorta di estasi mistica, rievocando il mito della profetessa Cassandra e la pratica oracolare della Pizia. Fabre sceglie di confrontarsi con il significato più viscerale, contemplativo e sciamanico della pratica oracolare, profondamente legata alla natura e ai suoi elementi. All’interno della Villa Aurea sono esposti disegni, film di performance e sculture definite ‘Thinking models’ che sviluppano il tema della tartaruga, animale oracolare per eccellenza, intesa come simbolo di immortalità e saggezza.
Opere sul tema delle tartarughe sono visibili anche nella città di Agrigento, in tre siti di grande valore storico-artistico. “Quattro pietre oracolari trasportano un pianeta sconosciuto” (2008), “Tartaruga in un paese sconosciuto” (2014) e “L’universo trasportato da una tartaruga” (2014) sono esposte nell’antica Biblioteca Lucchesiana, nota per i suoi numerosi volumi di pregio. L’allestimento trova eco perfetta nella riflessione di Fabre secondo la quale questo antico animale si fa carico di condurre il cervello umano, e quindi l’uomo, verso la conoscenza di cui è depositaria ancestrale. “Portatrice di mani per l’armadio d’argento” (1978-79) è allestita all’interno della chiesa di Santa Maria dei Greci, dove i resti dell’antico tempio dorico, su cui si erge la chiesa, sono ancora visibili e quindi idealmente collegati con la sottostante Valle dei Templi. “Tragedia Greca e Vittoria Greca” (2011) si trovano nel Chiostro del Monastero di Santo Spirito, splendido complesso architettonico e monumentale dell’arte chiaramontana, situato esattamente nel cuore del centro storico della città.
Infine, nel cortile esterno del Museo Archeologico Regionale “Pietro Griffo”, un’installazione composta da due busti bronzei posti l’uno di fronte all’altro, appartenenti alla serie “Chapters” (2010), ritraggono Fabre che osserva se stesso con delle corna di capra: bestiali, mitologici poteri che si protendono come improbabili antenne a captare timidi lacerti di bellezza. “L’artista che non può vedere la sua stessa tragedia?” - titolo di questa installazione inedita – ci conduce alle soglie del mistero dell’arte, visibile in questo museo che ospita i reperti che illustrano la storia del territorio, dalla preistoria fino alla fine dell’età greco-romana. Jan Fabre offre qui un ironico richiamo alla particolare specie di capre locali chiamate “girgentane” e allo stesso tempo propone un autoritratto-presenza dell’artista, umile di fronte alla storia antica. Questo lavoro porta inoltre all’eterna questione dell’anelito umano all’immortalità e alla costante reinvenzione di sé stessi che ne consegue.
A Monreale Jan Fabre rappresenta il ciclo continuo di vita, morte e rinascita utilizzando lo scarabeo gioiello, animale sacro e simbolo della resurrezione per moltissime civiltà antiche, molto spesso al centro delle riflessioni artistiche dell’artista. Nell’ex Dormitorio dei Benedettini, adiacente alla Cattedrale di Monreale, una particolare selezione di monumentali mosaici interamente realizzati con corazze cangianti di scarabeo gioiello, dal titolo “Vanitas vanitatum omnia vanitas” (2016), richiama alle originali tessere lucenti dei mosaici bizantini che decorano l’interno della Cattedrale. Nel Chiostro di Santa Maria Nuova svettano i tre scarabei in bronzo che recano sul dorso rispettivamente una croce latina, un albero di alloro e un bastone vescovile. All’interno della straordinaria Cattedrale di Santa Maria Nuova, nella Cappella di San Benedetto (eccezionalmente aperta al pubblico per tutta la durata dell’esposizione), è collocato “L’uomo che porta la croce” (2015), scultura in bronzo a grandezza naturale che ritrae l’artista mentre tiene in bilico una croce di quattro metri sul palmo della mano.
La scultura, prima opera contemporanea acquisita dalla Diocesi di Anversa per la sua Cattedrale di Nostra Signora, vuole prima di tutto “invitare al dialogo”, e lo fa in un luogo ideale, uno spazio sacro, definito il tempio più bello del mondo. Senz’altro la Cattedrale di Monreale con i suoi 102 metri di lunghezza e le sontuose file di colonne ai lati, dove la regalità e la divinità trovano espressione nella profusione di luce dorata che risplende del complesso musivo, appare immediatamente uno tra i più begli esempi di come l’arte riesca ad entrare in sintonia con il cuore dell’uomo. Jan Fabre proprio qui cerca di stabilire un contatto, un dialogo necessario tra diverse ricerche spirituali. (aise)