UNA FINESTRA SUL NOSTRO PASSATO - di Roberto Giardina

ROMA\ aise\ - Quand’ero direttore editoriale della Rusconi ricevevo oltre 1500 romanzi all’anno, le raccolte di poesie erano poche, e i saggi ancor meno. Al contrario di quanto si crede, venivano tutti esaminati, e da me in prima battuta. Naturalmente, non è che avessi molto tempo. Leggevo la prima pagina e l’ultima, e se venivo incuriosito andavo oltre.
Basta per rifiutare una proposta? Sì. Se un autore non riesce a attrarre dalla prima riga, e subito cade in luoghi comuni o rivela una scrittura sciatta, mi dispiace, ma denuncia già i suoi limiti. Nella seconda fase davo il romanzo a un lettore, scegliendo tra quelli a cui prevedevo non sarebbe piaciuto. Una scheda negativa, che sia motivata, è rivelatrice. E le letture erano almeno tre.
Non avrei messo da parte “L’ombra della luna nuova. ‘A storia dô rre ‘e Castiellammare” (Kairós edizioni) di Valeria Marzoli dopo l’incipit. L’autrice inizia in modo classico e elegante. Non vuole stupire, ma riesce a incuriosire. Bisogna diffidare dei colpi ad effetto in apertura. E a chi avrei dato da leggerlo per una conferma? A uno di quanti amano i “noir” grondanti sangue, che non piacciono neanche a me.
È una storia gialla, quella che Marzoli ambienta nella sua Castellamare di Stabia negli Anni Trenta. Una provincia reale senza retorica sullo sfondo del fascismo. Nella notte del 19 gennaio 1931, Filippo Suarato, ‘o malamente, il cattivo, viene ucciso con tre colpi di pistola. Un atto di giustizia, si potrebbe intuire, o è stato un regolamento di conti?
Se si scrive di un giallo non bisogna rivelare troppo, ma il plot, come in tutti i romanzi validi, ha un’importanza relativa. Chi è stato e il perché può essere intuito da un lettore esperto, ma quel che conta è appunto lo sfondo, e l’ambiente. La dittatura che sta in secondo piano, ma opprimente. La nave “Amerigo Vespucci” sta per essere varata, Italo Balbo compirà la sua traversata oceanica.
Un’Italia in movimento, tra speranze e inevitabili delusioni, imprese dell’aria, e la miseria orgogliosa del sud, la storia e le storie private. I personaggi non sono macchiette, dalla vittima al poliziotto che indaga.
L’autrice resiste alla tentazione dell’effetto facile, e non cerca la sorpresa a tutti i costi, a scapito della verosimiglianza della trama. E la storia, quella dell’Italia di quasi un secolo fa, è documentata con rigore, con riferimenti che giungono naturali, senza forzature. E non è facile: “M”, il romanzone di Scurati, sulla vita di Mussolini, che ha vinto lo “Strega”, è zeppo di strafalcioni imperdonabili. La marcia su Roma annunciata sulle telescriventi? È come scrivere che Mussolini avesse un telefonino.
Se mi fosse finito tra le mani quando potevo decidere, avrei pubblicato il romanzo di Valeria Marzoli, e allora mi capitò non più di due o tre volte, di accettare un libro giunto per posta. I pochi rilievi, marginali, sono rivolti all’editore e non all’autrice. Sarebbe stato opportuno per orientarsi meglio pubblicare una cartina di Castellamare, che non conosco, e che il libro mi ha fatto venire voglia di visitare. E sarebbe stato utile un breve glossario per capire le espressioni dialettali. Se i personaggi sono “veri” a Castellamare non possono certo esprimersi in un italiano letterario. A Valeria Marzoli il compito di continuare con un’altra storia. (roberto giardina\aise)