GUIDO PETTARIN: “ALLA VIGILIA DELLA BREXIT, IL FRIULANO E I FRIULANI DEVONO ESSERE TUTELATI IN ITALIA E IN EUROPA”

BRUXELLES\ aise\ - "Temo che ricorderemo a lungo, e non senza amari rimpianti, la notte tra il 31 gennaio e il primo febbraio 2020", ha dichiarato oggi il deputato Guido Germano Pettarin (FI), pensando anche al suo Friuli Venezia-Giulia. “Appartenere alla UE, come ci ha ricordato anche la presidente von der Leyen, è importante. Su temi così delicati non possiamo permetterci il lusso della speculazione politica e delle decisioni prese senza guardare al futuro dell'Unione e del mondo. Se ne sono accorti, purtroppo in ritardo, anche gli stessi cittadini inglesi, che con un referendum su cui avrebbero volentieri cambiato idea già all'indomani del voto, hanno autorizzato questo divorzio. Da questa lezione dobbiamo imparare tanto. Non possiamo giocare con i sentimenti dei cittadini e approfittare di loro per mettere in campo azioni sbagliate. Mi auguro che ciò possa accadere anche, nel nostro paese, per il voto sul taglio dei parlamentari, una azione doverosa ma profondamente dannosa per gli italiani nel modo in cui ci viene proposta".
Pettarin da tempo combatte la sua battaglia a tutela della lingua e della rappresentanza dei friulani a livello nazionale ed europeo.
In questi giorni è impegnato nel sensibilizzare tutti i friulani del mondo a difesa della loro rappresentanza in Parlamento e della loro lingua.
Lo scorso anno ha presentato alla Camera dei Deputati una proposta di legge per dare attuazione alla Costituzione ed ai princìpi affermati nella Carta europea delle lingue regionali e minoritarie.
Pettarin inserisce la protezione dei friulani, compresa la loro lingua, anche nella sua posizione di firmatario del comitato “Noi no” che, creato su iniziativa della Fondazione Luigi Einaudi, si oppone alla riduzione dei parlamentari, e secondo il quale “l’integrità della Costituzione non è un dogma ed è possibile cambiarla ma con un progetto e una visione ampia e organica. Perché ridurre gli sprechi della politica e le inefficienze dei procedimenti legislativi è possibile anche senza indebolire la democrazia rappresentativa e il rapporto tra elettori e eletti”.
“Tra i diversi principi ispiratori che ci vengono trasmessi attraversi la nostra Carta Costituzionale la Carta Europea vi è il riconoscimento delle lingue regionali o minoritarie come espressione di ricchezza culturale e identitaria, all’interno della inscindibilità dello Stato italiano”, ci ha dichiarato Pettarin, secondo il quale la sua proposta di legge trova il proprio fondamento su ragioni storiche, geografiche, linguistiche e persino giuridiche e costituzionali “di una parte d’Italia che devono essere ben considerate da parte del Parlamento”.
Va ricordato infatti che il 5 novembre del 1992 gli Stati membri del Consiglio d’Europa, tra i quali l’Italia, hanno firmato la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Trattato, che, dopo quasi 30 anni, non è stato ancora ratificato dal Parlamento italiano, e che prevede la protezione e la promozione delle lingue storiche regionali e di minoranza, quale appunto il friulano. La sua elaborazione è dovuta, da un lato, alla conservazione ed allo sviluppo delle tradizioni e del patrimonio culturale europeo, d’altra parte, al rispetto del diritto imprescrittibile e universalmente riconosciuto di usare una lingua regionale o di una minoranza nella vita privata e pubblica.
"Il mio doppio impegno sul fronte contro la riduzione di parlamentari e quello a tutela della lingua friulana, sono entrambi a tutela di una regione come il Friuli Venezia Giulia, che non deve essere penalizzata”, ci ha dichiarato Pettarin. Secondo il quale “valorizzare la conoscenza e la tutela della minoranza linguistica friulana, ma anche della storia e della cultura del Friuli Venezia Giulia è il mio principale obiettivo per la tutela della minoranza linguistica friulana e di tutti gli operatori attivi in Friuli Venezia Giulia, ma anche per valorizzare e divulgare la storia e la cultura regionale”.
"Spero che la proposta di legge sarà inserita presto nel calendario dei lavori delle commissioni parlamentari e della Camera dei deputati – insiste - perchè confido che nessuno vorrà ritardare ancora l'iter per evitare di dare al friulano una tutela finalmente moderna".
“Per il rispetto che nutro nei confronti della mia Regione e dei cittadini che rappresento” – ha poi precisato – “non posso accettare la proposta di riduzione dei parlamentari, perché ne uscirebbero penalizzati e umiliati. È un progetto di legge costituzionale, infatti, da respingere, perché ha come unico risultato quello di condizionare la democrazia nel nostro Paese, violando gravemente i principi e gli equilibri democratici della rappresentanza del corpo elettorale e dei territori nei quali questo si esprime”.
“Spero che l’opinione pubblica, compresi i tanti friulani residenti all’estero – ha concluso Pettarin - si svegli dal torpore in cui è stata precipitata e riconosca la violenza che viene fatta alla rappresentatività. Piccole Regioni in crisi gravissima di rappresentanza e, per il Friuli Venezia Giulia, il territorio da cui provengo, la necessità di circa 305 mila elettori friulani per un senatore, mentre per lo stesso senatore bastano circa 170 mila elettori dell’Alto Adige, allo stesso modo Regione a Statuto Speciale. Ci si fa beffe degli art. 3, 5 e 6 della Costituzione e di fronte a ciò non di grida allo scandalo, anzi si festeggia”.
Va ricordato che la specificità storica del Friuli Venezia Giulia trae origine dalla fondazione della città romana di Aquileia, nel 181 a.C., città che ha celebrato il ventiduesimo secolo dalla propria fondazione.
La lingua friulana, in tempi recenti, è risorta assieme alla gente friulana, dalle macerie del terremoto che devastò il Friuli nel 1976, risorta assieme alla Università degli Studi di Udine, unica università italiana nata per volere popolare con oltre 125 mila firme raccolte sotto le tende dei terremotati nell’autunno e nell’inverno del 1976 e istituita con l'articolo 26 della legge 546 dell'8 agosto 1977.
Il Friuli Venezia Giulia per tutto il Novecento è stato protagonista della storia d’Italia: i principali campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale sono stati le pietraie del Carso, la Valle dell’Isonzo e poi ancora la Carnia e ancora, dopo la rotta di Caporetto, tutto il Friuli che venne occupato dalle forze imperiali.
Dal primo Dopoguerra, fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale e ancora fino ai Trattati di Londra del 1954 e di Osimo del 1975, il confine orientale d’Italia, interamente in Friuli Venezia Giulia si trovò ad essere non solo confine di stato, ma confine tra due blocchi non solo linguistici, ma anche economici e politici distinti e contrapposti, popolazioni con lingue diverse ma comuni costumi e simili tradizioni che da secoli convivevano pacificamente si trovarono d’un tratto contrapposte. Una situazione che ebbe termine solo con la caduta dei regimi totalitari del 1989, a cui seguì la indipendenza della Repubblica di Slovenia nel 1991 e il successivo ingresso di quel paese, nel 2004, nella Unione Europea. (alessandro butticé\aise)