I passi della cooperazione

ROMA – focus/ aise - Andrea Senatori è il nuovo titolare della sede di Tunisi dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, un incarico che lo “onora”, come ha riferito lo stesso Senatori nel messaggio diramato non appena preso servizio.
Di nuovo “sul terreno dopo un intervallo di quattro anni trascorsi come coordinatore dell’ufficio “Emergenza e Stati Fragili” della sede centrale a Roma”, Senatori succede a “l’amico e collega Flavio Lovisolo, uno dei volti storici della Cooperazione Italiana”, e sarà affiancato da Annamaria Meligrana, “arabista di origine” e “stimata professionista di cooperazione internazionale con quasi 20 anni di esperienza della regione del Nord Africa e Medio Oriente, che ha maturato nella convinzione che non possa esserci uno sviluppo sostenibile senza pace”, che a Tunisi avrà funzioni di vice titolare della sede.
“Da oggi e durante i prossimi anni del mio mandato, mi propongo di dare continuità al lavoro finora svolto in questa sede”, ha assicurato Senatori, “seguendo princìpi d’azione solidaristici e umanitari che sono alla base di un mondo più equo, in cui ciascuno/a possa avere l’opportunità di sviluppare il proprio potenziale, accedere a risorse comuni e servizi di base, vedere i propri diritti rispettati. So di potermi avvalere di uno staff appassionato, che possiede competenze e conoscenze contestuali derivanti da una consolidata presenza sul territorio. Insieme continueremo a rispondere ai bisogni delle comunità locali con azioni concrete e mirate a migliorarne le condizioni di vita e a rafforzarne le opportunità di crescita. Faremo passi in avanti per rispondere alle sfide globali dell’Agenda 2030, allineandoci agli sforzi di altri attori internazionali in tema di mobilità umana, di sicurezza alimentare, protezione, salute e educazione come beni essenziali, di transizione ecologica e del rafforzamento della democrazia e della pace”.
“I tempi che viviamo e le nuove sfide che dobbiamo affrontare”, ha osservato il nuovo direttore, “richiedono sempre più efficienza al nostro lavoro, ma anche dialogo, inclusione e collaborazione nel modus operandi. La pandemia di COVID-19 ci ha colto impreparati, quasi smarriti tra cifre che di giorno in giorno raffiguravano un panorama sempre più drammatico. Eppure abbiamo reagito, riaggiustato i nostri piani d’azione, ricomposta la scala delle priorità. Abbiamo compreso quanto i Paesi siano strettamente interconnessi tra di loro, i confini sociali allargati oltre le frontiere geografiche e i popoli responsabili, qui ed ora, del futuro delle prossime generazioni”.
“Sarà mia premura rafforzare il dialogo con la società civile, con il mondo del profit e universitario, con partner istituzionali e internazionali”, ha aggiunto Senatori, “conscio che dialogare in maniera strutturata significhi mettersi in gioco, analizzare da una pluralità di prospettive e cogliere più rapidamente i segnali di crisi per agire con efficacia e tempestività”, ha concluso.
I rapporti di cooperazione della Toscana con la Tunisia sono stati al centro di un seminario svoltosi ieri, 21 gennaio, a Firenze e che è servito per analizzare gli esiti del progetto “Futur Proche – Sviluppo locale e servizi decentrati per la sostenibilità e la cittadinanza attiva in Tunisia” iniziato nel 2017 e cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo.
Il progetto Futur Proche ha visto il coinvolgimento di un ampio partenariato toscano e tunisino ed ha potuto contare su un budget complessivo di circa 1.400.000 euro, destinato ad attività da realizzare nei territori dei comuni tunisini coinvolti: Tunisi, Sidi Bouzid, Tataouine, Jandouba e Kasserine.
“L’esperienza di Futur Proche - ha evidenziato l’assessora regionale alla cooperazione, Serena Spinelli - ha dato ai partner una preziosa occasione per lavorare insieme con profitto su varie tematiche dal rafforzamento istituzionale, con particolare attenzione ai temi dell’economia circolare e della rigenerazione urbana, alla gestione dei servizi sanitari, alla crescita di quelle forme di economia solidale. È stato un percorso che ha portato risultati significativi come oggi ci hanno dimostrato tutti i protagonisti di questa esperienza di partenariato”.
Accanto al capofila Regione Toscana, numerosi i partner toscani che hanno messo a disposizione le loro conoscenze ed esperienze nei temi trattati: il Centro di salute globale, COSPE onlus, Anci Toscana, il Comune di Firenze, il Comune di Capannori, l’Università di Siena.
Al seminario hanno partecipato i partner italiani e tunisini protagonisti di questi 3 anni di progetto, che ne hanno illustrato i principali risultati: la costituzione di un polo per l’economia circolare, il supporto alle istituzioni locali nella definizione di interventi di rigenerazione urbana, la promozione di start up giovanili centrate su attività sostenibili sul piano ambientale. Di forte rilievo è stata anche la collaborazione sul fronte sanitario, grazie alla quale sono state potenziate strutture per la sanità di base ed è stato rafforzato il processo di decentramento del sistema sanitario tunisino. Infine, e nel quadro di un percorso iniziato ormai da alcuni anni dalla ong Cospe, sono stati rafforzati i poli territoriali per l’economia sociale e solidale, che hanno offerto spazi e possibilità di crescita a molti piccoli imprenditori di Sidi Bouzid e Jandouba.
La cooperazione della Toscana con la Tunisia è iniziata ormai quasi 10 anni fa con interventi di sostegno al processo di decentramento, focalizzati in particolare nell’area di Kasserine, tra le più svantaggiate del paese, e si è poi estesa ad altre zone e ad altri temi con l’apporto di attori del territorio toscano, istituzionali e non.
“L’emigrazione è un male endemico dell’Albania. Ne fanno le spese in primo luogo le aree rurali che registrano lo spopolamento dei villaggi, l’invecchiamento della popolazione residente, l’allentamento delle reti sociali e l’abbandono del territorio. Il Paese delle Aquile, che ha addirittura un Ministero per la Diaspora, cerca da anni di creare un ponte con gli albanesi emigrati, offrendo loro delle opportunità per contribuire allo sviluppo della terra di origine, trasferendovi, per un periodo più o meno lungo, parte delle conoscenze e competenze acquisite. In questo contesto si colloca una ricerca realizzata dal Dipartimento di Architettura e dal Florence Accessibility Lab, unità di ricerca interdipartimentale dell’Ateneo che studia l’accessibilità al patrimonio culturale come risorsa per lo sviluppo umano”. Così scrive Duccio Di Bari che ha intervistato il responsabile scientifico della ricerca, Antonio Laurìa, per il magazine dell’Università di Firenze. Riportiamo di seguito la versione integrale dell’articolo.
“Svoltasi dal maggio 2019 al luglio 2020, la ricerca “The Diaspora as a Resource for the Knowledge, Preservation and Enhancement of the Lesser Known Cultural Sites in Albania” si è posta l’obiettivo di formulare un modello di intervento per lo sviluppo turistico sostenibile di cinque villaggi albanesi, partendo dal patrimonio culturale.
Ne parliamo con il responsabile scientifico della ricerca, Antonio Laurìa, docente di Tecnologia dell’Architettura e coordinatore del Florence Accessibility Lab, che ha guidato il team insieme a Leonardo Chiesi, Pietro Matracchi e Ugo Tonietti.
D. Come è nato il progetto di ricerca?
R. Nell’autunno del 2018 vincemmo un bando dell’International Organization for Migration (IOM), l’Agenzia delle Nazioni Unite per le migrazioni. Il progetto, finanziato dall’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo di Tirana si è svolto nell’ambito del programma del governo albanese “Engage the Albanian Diaspora to the Social and Economic Development of Albania”, che coinvolge ben tre ministeri, e in stretto rapporto con l’Ambasciata italiana a Tirana. Ma la particolarità della ricerca è un’altra.
D. Quale?
R. È stata una esperienza di formazione alla ricerca per coloro che vi hanno preso parte: studenti, giovani professionisti e ricercatori della diaspora albanese che si sono formati nella nostra Università e che, grazie alla guida dei docenti, hanno trasferito verso il loro Paese le competenze acquisite in Italia nel settore della conoscenza, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale. Hanno lavorato insieme a studenti di Architettura dell’Università Cattolica “Nostra Signora del Buon Consiglio” di Tirana e a giovani ricercatori italiani.
D. Come si è sviluppato il progetto?
R. Una parte della ricerca si è svolta in Albania, presso i villaggi eletti casi di studio: la presenza di persone di madre lingua è stata fondamentale per intervistare gli abitanti, ricostruire le tradizioni, riscoprire ricchezze culturali. Alcuni dei partecipanti avevano avuto un rapporto difficile con il Paese d’origine: questa esperienza è stata anche un’occasione per fare pace con la propria storia, con le proprie vicende personali. Un risultato sorprendente, che mi ha colpito molto.
D. L’idea forte del vostro progetto è utilizzare la cultura come vettore di uno sviluppo sostenibile…
R. Sì, cultura materiale e immateriale. Da una parte un paesaggio bellissimo, l’edilizia minuta e i monumenti che dialogano con la natura; dall’altra, le tradizioni artigianali e alimentari, uno stile di vita semplice ed autentico basato sul concetto di ospitalità verso lo straniero. Per i cinque villaggi che abbiamo studiato – Bënjë, Kosinë e Lëuse, nel comune di Përmet; Zvërnec, un villaggio costiero nel Comune di Valona; Razëm, un villaggio montano ai piedi delle Alpi Albanesi – abbiamo elaborato delle linee guida e dei progetti per avviare forme di turismo sostenibile con il coinvolgimento delle comunità locali, che devono acquisire consapevolezza del proprio patrimonio culturale.
I contenuti della ricerca sono confluiti nel libro della Firenze University Press “Five Albanian Villages. Guidelines for a sustainable tourism development through the enhancement of the cultural heritage”. L’ho scritto insieme a Kamela Guza e Valbona Flora, ricercatrici di talento e membri della diaspora albanese in Italia, ma è il risultato di un grande lavoro collettivo.
D. La ricerca ha avuto un bel riscontro anche in Albania.
R. Sì. Il progetto prevedeva diverse fasi e occasioni di disseminazione. Ricordo qui solo il seminario svoltosi a Përmet nella primavera dell’anno scorso, finalizzato al rilievo di tre beni culturali mediante laser scanner e fotogrammetria. I lavori realizzati dagli studenti sono stati presentati a Tirana nel dicembre scorso nell’ambito della mostra “Through the Eyes of Diaspora”, a cui hanno partecipato il Presidente della Repubblica Ilir Meta, il primo ministro Edi Rama, il ministro per la diaspora Pandelj Maiko e altre autorità”. (focus\ aise)