Cgie/ Prodi sotto attacco: i consiglieri del centrodestra mettono in discussione la governance della segretaria generale
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ROMA\ aise\ - Una “gestione personalistica” del Comitato di Presidenza; Commissioni utilizzate per le sue “mire politiche”; un Cgie “bloccato” per “insipienza metodologica”. Sono solo alcune delle accuse che i consiglieri di Centrodestra – Bocaletti, Papandrea, Stabile e Arcobelli – hanno lanciato oggi pomeriggio contro Maria Chiara Prodi, segretaria generale del Cgie, che li ha pazientemente ascoltati per un’ora e mezza prima di replicare scegliendo di non entrare nel merito delle accuse alla sua persona, ma rispondendo punto su punto a ciò che le veniva eccepito.
Ci si aspettava un dibattito sulla Governance del Consiglio generale, con proposte per migliorare il lavoro dei consiglieri e delle Commissioni, e invece la seconda giornata di assemblea plenaria del Consiglio generale degli italiani all’estero si è conclusa con due ore di fuoco incrociato durante le quali sono stati evocati loghi e patrocini mai concessi, comunicati non pubblicati, mancate comunicazioni e presunte violazioni. Sotto accusa il ruolo predominante del Comitato di Presidenza che minerebbe la “sacralità” della plenaria.
Primo a parlare è stato Alessandro Bocaletti (Lega) che ha accusato la segretaria generale di aver tessuto una “rete di protezione politica” e di “utilizzare le commissioni per le sue politiche”. Non solo. Stigmatizzata la “sovra rappresentazione delle Acli” nel Consiglio generale, il consigliere ha affermato che Prodi “protegge i consiglieri amici per giustificare la improduttività delle Commissioni”. La “gestione a due velocità” imputata a Prodi “ha portato – secondo Bocaletti - ad una rottura di fiducia con le istituzioni” come dimostrato dal fatto che “il sottosegretario Silli a marzo ha richiamato il Cgie che si è fatto trovare impreparato sulla cittadinanza nonostante le sue sollecitazioni”. A conferma di ciò Bocaletti ha citato tutte le sue richieste sui dati delle pratiche disaggregati per sede consolare che non hanno avuto risposta. Un altro silenzio, questa volta “non neutro, ma politico”, imputato alla segretaria generale è stato quello che non l’ha fatta intervenire in difesa di Giuseppe Stabile colpito dal “tentativo di delegittimazione operato dal consigliere Conte”. Bocaletti ha infine invitato la segretaria generale ad “assumersi le sue responsabilità”.
Francesco Papandrea (Australia) si è detto “preoccupato per la disfunzionalità del Cgie” che “a due anni dall’insediamento e a metà mandato non ha un piano di lavoro strategico e strutturato”. I lavori suddivisi su tre temi prioritari “non sono seguiti da frutti concreti”; le relazioni del Cdp sono “tante ma vuote di contenuti”. “Non si arriva mai a una decisione”, ha aggiunto, accusando la segretaria generale di “distribuire incarichi agli amici” in un Cgie “ostaggio di interessi politici”. Serve una “governance trasparente, partecipativa e responsabile” per “restituire al Cgie il ruolo che gli spetta” e “ristabilire la sovranità della plenaria”.
Per Vincenzo Arcobelli (Usa) serve una “profonda riforma del Cgie” che “non può andare avanti in queste condizioni”. Servono “Law and order”, ordine e rispetto della legge istitutiva”, ha aggiunto citando due casi in particolare: il mancato coinvolgimento della plenaria sul parere emesso dal Cdp sul decreto sulla cittadinanza – nel frattempo divenuto legge – e il mancato via libera all’uso del logo del Cgie per una manifestazione da lui promossa in memoria della tragedia di Monongah, quando invece lo stesso è stato utilizzato in maniera impropria dai consiglieri della Germania nella loro campagna contro il Governo che non ha previsto la perequazione delle pensioni all’estero. prova di un “atteggiamento discriminatorio verso chi non appartiene a certe aree politiche e dell’incapacità di separare il ruolo politico dalla rappresentanza istituzionale”. Imputata a Prodi anche la mancata citazione dell’emigrazione in Sud Africa nel Museo nazionale dell’Emigrazione di Genova con cui il Cgie ha firmato un accordo di cui, ha detto Arcobelli, “io non sapevo niente”.
Sul logo usato dai colleghi tedeschi è tornato pure Paolo Dussich (Ctim): è stato “un attacco grave al Governo con un logo istituzionale che avrebbe richiesto una presa di distanza” e invece “Prodi è rimasta in silenzio”. Questo Cgie è “vulnerabile e indifeso”, “non deve essere un paravento per le ambizioni personali” perché il segretario generale deve “guidare l’istituzione non nascondersi dietro di essa”.
Critico, ma non accusatorio l’intervento di Massimo Romagnoli (Belgio) secondo cui il Cgie ha una “struttura unica” e deve avere “una governance moderna e inclusiva, all’altezza delle sfide che affrontano gli italiani all’estero”. I lavori del consiglio generale, ha aggiunto, sono stati “bloccati da difficoltà organizzative, dimissioni e liti”. Colpisce, ha proseguito, che “il Cdp non abbia mai letto con attenzione i verbali della quinta commissione tematica” né che “si levi una voce quando ci lamentiamo che gli Ambasciatori non ci considerano”. Occorrono “stabilità istituzionale, chiarezza dei ruoli e dei processi decisionali, partecipazione e rappresentatività, non l’autoreferenzialità”.
Contrari a questa narrazione diversi altri consiglieri: Iachini (Venezuela) ha invitato ai colleghi a “fare ciascuno il proprio lavoro”, prima di assicurare il suo appoggio a prodi; Vaccaro (Svizzera) ha stigmatizzato l’atteggiamento dei colleghi che hanno preparato “un attacco diretto e programmato. Non siamo qui per litigare ma per rappresentare, e l’immagine che diamo non è quello che merita il Cgie”. D’accordo sulla necessità di riformare il Cgie, il consigliere ha rilanciato: “i politici che voi avete dietro (la maggioranza di governo - ndr) sono d’accordo? Noi siamo rappresentanza, la Governance viene dopo”.
A ricordare che i consiglieri del Cgie sono stati eletti e che quindi, sì, è anche “una questione di numeri” è stato Giangi Cretti (Svizzera). “Nessuno è qui dentro per un imbroglio. Alcuni sono stati designati. Tutti rappresentiamo l’Italia che ci ha votato. Siamo il prodotto di una elezione”, ha ribadito, prima di osservare che “il dissenso è un valore, se è rispettoso”. Quanto al rapporto tra plenaria e Cdp, il Comitato di presidenza “fa da cerotto ad una situazione” prodotta dalla mancanza di fondi, cosa che lo costringe “ad assumersi competenze che non ha” perché il Cgie “non è messo in condizione di fare quello che la lege gli impone”. I consiglieri “possono dialogare o cercare tutti gli artifizi possibili per creare pretesti”.
Ha quindi preso la parola il vicesegretario per l’Europa e il Nord Africa Giuseppe Stabile (Spagna) che ha assicurato di voler fare un intervento “per rafforzare il Cgie non per dividerlo” prima di lanciarsi in un lunghissimo e dettagliato elenco di mancanze, tutte da imputare alla segretaria generale, senza dimenticare di accusare i colleghi d’area di avergli teso un “attacco preparato che ha impedito di votare la relazione. Mi hanno detto che non li rappresento perché mi hanno votato gli argentini”, ha spiegato prima di lanciarsi nelle tante accuse a Prodi che è “divisiva e getta discredito sui colleghi. Ha comunicato scelte politiche prese in accordo con la segretaria esecutiva invece che con il Cdp”. È seguita l’accusa di aver portato il Cgie “all’anarchia” e di ostacolare “chi come me ha messo la sua competenza al servizio del Cgie. Ha condannato pubblicamente le mie comunicazioni ai colleghi. Mi ha screditato di fronte alla continentale. Non si focalizza mai sulle soluzioni pratiche”. Un “controllo e comando che prescinde dal risultato” accompagnato da una “estrema insipienza metodologica”.
Lidia Campanale (Austria) ha evidenziato la difficoltà nelle comunicazioni tra Cdp e commissioni tematiche, chiedendo “tempestività” nella comunicazione delle informazioni per “lavorare meglio” e una certa “equidistanza”. “Non va bene che invece di usare un approccio costruttivo mirato alla crescita di ognuno si arrivi a spettacoli da tribunale”.
A Stabile, Nello Gargiulo (Cile) ha detto che “ha la capacità di mettersi tutti contro”. Il Cgie deve “trasformare questo momento di autocritica in fiducia costruittiva”. Io, ha aggiunto, “mi sono sentito rappresentato da Prodi”. Sulla cittadinanza, “ieri abbiamo ritrovato unanimità. Ora è il momento della ricomposizione”.
Silvestro Gurrieri (Germania) si è detto “basito” dalle parole di Stabile, “una resa dei conti con Prodi, che non lo merita”. Ha quindi accusato il vicesegretario di aver detto “bugie e fesserie” avendogli imputato “parole che non ho mai detto”.
Mariano Gazzola, vicesegretario per l’America Latina, ha prima ironizzato sulla “colpa degli argentini” nell’elezione di Stabile come vicesegretario d’area per poi dirsi “grato con chi ha voluto questo dibattito, perché in 21 anni che sto al Cgie è la prima volta che si fa autocritica sincera. Condivido tanto di quanto è stato detto. Facciamo tesoro di questa autocritica, la collegialità va attuata, è difficile ma siamo costretti”.
La segretaria generale ha quindi replicato alle critiche ricevute senza entrare nel merito delle accuse personali, rinviando in altra sede il confronto con Stabile.
Dai dati sulla cittadinanza chiesti e non ricevuti da Bocaletti ai loghi negati ad Arcobelli, dai documenti pubblicati online alle metodologie di comunicazione attuate in questo primo “complesso” anno durante il quale ha dovuto imparare tanto come segretaria generale, dalle difficoltà di rispondere subito su questioni complicate e dai molteplici risvolti, perché “tutto è connesso, quindi spesso non è mancanza di trasparenza è che è complicato”, da modalità da rivedere, come l’uso dei google doc, alle incomprensioni sui comunicati e sulla disponibilità dell’ufficio stampa del Cgie, Prodi ha contestualizzato tempi e modi che l’hanno portata a prendere le decisioni che poco sono piaciute ai colleghi.
È stato “un anno complesso anche per me. Ieri, all’inizio del mio intervento ho ringraziato i colleghi del Comitato di presidenza per il loro aiuto”, ha ricordato. D’altra parte “collegialità significa che siamo corresponsabili di quanto facciamo e tutte le decisioni che ho preso le ho prese col Cdp. Stabilizzando il nostro lavoro possiamo fare uno scatto in avanti nel prossimo anno”. La questione, ha assicurato, “non politica, ma organizzativa”. (m.cipollone\aise)