Gli italiani di Rio de Janeiro celebrano Teresa Ciristina di Borbone

RIO DE JANEIRO\ aise\ - Il 4 maggio scorso, nel piazzale antistante la chiesa dedicata a San Francesco di Paola, si è svolta una breve ma toccante cerimonia, con l’inaugurazione di un busto dedicata all’ultima imperatrice del Brasile, Teresa Ciristina di Borbone, figlia del re delle Due Sicilie, Francesco I, moglie dell’ultimo imperatore brasiliano, Don Pedro II. La cerimonia è stata organizzata dall’associazione UNITALIA, che unisce le famiglie italiane e di origine italiana, di Rio de Janeiro. Una associazione che, a differenza di altre, ha voluto e vuole rimarcare l'italianità, avulsa dall'appartenenza alle varie regioni.
Promotore dell’iniziativa è stato il presidente dell'associazione, senatore Ney Suassuna, che ha voluto rendere omaggio alla figura dell’imperatrice, la quale ha aperto le porte di questo grande paese agli emigranti italiani. Con lei e tramite lei, infatti, sono giunti in Brasile medici, artisti, uomini di cultura, commercianti oltre ai primi coloni, che hanno fatto progredire la nuova terra. Il vicepresidente, Santino Ceraldi, ha sottolineato il fatto che non è per caso che questo omaggio sia avvenuto quando si sono festeggiati, su tutto il territorio brasiliano, i 150 anni della immigrazione italiana.
Sulla colonna, che fa da base al busto, sono state collocate le lastre in acciaio inox, per ricordare l’evento e la lista, in ordine alfabetico, dei cognomi delle famiglie italiane che vivono a Rio de Janeiro.
Nel discorso inaugurale, il direttore Luiz Santoro ha voluto ricordare la figura dell’imperatrice e il significato della sua importanza per la comunità italiana, mentre altri componenti della direzione hanno ricordato come la grande famiglia degli oriundi italiani, in Brasile, costituisca la maggiore comunità italiana fuori del paese: gli oriundi sono 37 milioni, il 15% della popolazione brasiliana, che contribuisce alla creazione del 32% del prodotto interno lordo! È stato inoltre denunciato il malessere provocato dal recente decreto Tajani, che, praticamente, rende quasi nulla la possibilità di accedere alla certificazione del diritto alla cittadinanza italiana da parte di molti dei suoi figli, emigrati tanti anni fa.
Dentro un piccolo capannone si legge un “cafezal” dal titolo "Famiglia", scritto da un nostro compatriota, Demetrio Pellegrini, nel 1895, dedicato ai figli e ai loro discendenti: “Noi siamo come rami di un albero, protesi in varie direzioni, ma la nostra radice continua ad essere la stessa”.
E gli oriundi che vivono al di fuori dell’Italia, continuano a far parte di una unica e grande Famiglia. (edoardo pacelli\aise)