A Firenze il convegno sulla cittadinanza italiana iure sanguinis di Agis e Auci

FIRENZE\ aise\ - Venerdì scorso Firenze ha ospitato il convegno “La cittadinanza italiana: aspetti di legittimità costituzionale”, promosso da AGIS – Associazione Giuristi Iure Sanguinis e AUCI – Avvocati Uniti per la Cittadinanza Italiana. L’evento ha visto la partecipazione di avvocati, giuristi, giudici e rappresentanti istituzionali, impegnati in un confronto approfondito sulla legittimità del principio iure sanguinis e sul recente aumento a 600 euro per ciascuna pratica di riconoscimento.
I lavori si sono aperti con l’intervento del Presidente del Tribunale di Firenze, Roberto Monteverde, che ha denunciato il sovraccarico dei tribunali per i ricorsi sulla cittadinanza ed annunciato un giudizio di costituzionalità simile a quello di Bologna.
A seguire, le rappresentanti di Natitaliani, la nuova associazione nata per dar voce ai milioni di italo discendenti nel mondo, che hanno denunciato la narrazione mediatica distorta che riduce la cittadinanza iure sanguinis a una mera opportunità economica, ignorandone le radici storiche e il valore identitario.
L’avvocato Maristella Urbini, Vicepresidente di Natitaliani, ha denunciato con fermezza l’informazione a senso unico veicolata dai media che di fatto ha rimosso il dramma della diaspora italiana e il sacrificio di oltre 30 milioni di emigrati. Ha sottolineato la necessità di un cambio di prospettiva: riconoscere gli italo discendenti come una risorsa strategica per il soft power dell’Italia, parte di una vera e propria “Nazione Estesa”.
Avvocato ed esperta in Comunicazione Sociale, Claudia Antonini, altra vicepresidente di Natitaliani, ha portato la sua testimonianza di italiana nata all’estero, evidenziando il paradosso per cui, pur cresciuta con valori e cultura italiani, si ritrova doppiamente discriminata - sia nella patria del suolo che in quella del sangue - a causa di pregiudizi radicati. Ha richiamato il concetto di luogo della parola, della filosofa Djamila Ribeiro, ed ha reclamato il diritto di avere una voce propria per rivendicare la propria identità e appartenenza.
È stato poi il turno dell’avvocato Monica Restanio, Presidente di AUCI e italiana nata in Argentina, che con il suo intervento ha smontato con rigore giuridico la narrazione che, ha detto, da circa un anno ha messo sotto attacco il diritto alla cittadinanza iure sanguinis. Citando alcuni esempi, Restanio ha dimostrato come il linguaggio sia stato spesso utilizzato in modo manipolatorio soprattutto dall'amministrazione per delegittimare gli italo discendenti.
Dopo questi interventi, il dibattito si è focalizzato più sugli aspetti tecnici e giuridici.
Gianluca Scarchillo, professore associato in Sistemi Giuridici Comparati e Diritto Privato Comparato all’Università La Sapienza di Roma, ha sottolineato come lo ius sanguinis abbia anticipato profeticamente lo spirito del motto europeo: l’unità delle diversità.
Per Nicola Brutti, professore associato in Diritto comparato all’Università di Padova, la cittadinanza ius sanguinis, radicata nella storia della diaspora, non è in contrasto con le trasformazioni sociali in atto e non dovrebbe essere limitata. Quasi ad anticipare un responso, Brutti ritiene improbabile che la Corte Costituzionale ammetta quanto sollevato dal Tribunale di Bologna e crede sia necessario integrare i diversi criteri di acquisizione della cittadinanza senza snaturarne il valore storico e giuridico della legge 91/92, garantendo i diritti degli italiani all’estero.
Avvocato e Giudice onorario di pace presso il Tribunale di Firenze, Luca Mangini ha analizzato le criticità nell’accertamento della cittadinanza iure sanguinis, evidenziando i problemi di competenza territoriale, di accesso alla giustizia, le difficoltà burocratiche e tempi di attesa lunghissimi nei consolati, le restrizioni sull’"interesse ad agire" spesso soggetto a valutazioni restrittive. Ha infine esaminato l’orientamento giurisprudenziale sulla compensazione delle spese legali e la necessità di procedure uniformi.
L’avvocato Arturo Grasso ha spiegato che il riconoscimento della cittadinanza non è un procedimento amministrativo, ma una semplice trascrizione di un atto di nascita che certifica un fatto già avvenuto. Pertanto, non serve attendere due anni né provare l’impossibilità della richiesta consolare: in caso di mancata cooperazione del Consolato, ha sostenuto, si può ricorrere subito al giudice in Italia.
Giovanni Bonato, professore associato in Diritto processuale e comparato all’Università di Paris Nanterre, ha duramente criticato l’aumento del contributo unificato a 600 euro per ricorrente, introdotto dalla legge di bilancio 2025, definendolo “incostituzionale” in quanto viola principi di uguaglianza, diritto di difesa, capacità contributiva e giusto processo, discriminando gli italo-discendenti con un calcolo ad personam invece che per procedimento. Ha inoltre denunciato l’ingiustizia di applicare lo stesso importo al procedimento consolare e al processo giurisdizionale, auspicando una rapida dichiarazione di illegittimità costituzionale di tale norma.
Salvatore Laganà, già Presidente del Tribunale di Venezia, nel suo intervento ha segnalato l’aumento dell’organico per le cause di cittadinanza a Venezia, criticando la circolare che ne vieta l’assegnazione ai giudici onorari. Quanto al tema delle spese giudiziarie nei procedimenti di cittadinanza, ha evidenziato l’aumento del contributo unificato e i rischi legati al gratuito patrocinio in caso di soccombenza del Ministero.
Per la Presidente di Sezione del Tar Lazio - Latina, Irene Pisano, il contributo unificato di 600 euro per l’accertamento del diritto alla cittadinanza è ingiusto e ingiustificato, avendo un evidente scopo dissuasivo. “È scandaloso che tale costo sia il doppio rispetto al ricorso contro il diniego di cittadinanza”, ha affermato, aggiungendo che questo solleva dubbi sulla disparità di trattamento e possibili profili di illegittimità costituzionale del tributo.
L’avvocato Marco Mellone ha sottolineato l’importanza della sentenza Cassazione n. 2281/2025, che semplifica il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis eliminando l’obbligo del certificato di passaggio in giudicato. Ha annunciato che anche il Tribunale di Milano ha sollevato una questione di legittimità costituzionale, in linea con il Tribunale di Bologna. Ha infine espresso fiducia nella Corte Costituzionale, presso cui rappresenterà i ricorrenti.
In chiusura, il giudice Giovanni Calasso ha criticato l’uso del procedimento di cognizione semplificato per i giudizi di cittadinanza, ritenendolo lungo e costoso. Ha proposto invece la volontaria giurisdizione, con decreto in 15 giorni e trascrizione in un mese, riservando il giudizio ordinario solo in caso di opposizione del Ministero. Questa soluzione, ha sostenuto, ridurrebbe tempi, costi e spreco di risorse nei tribunali. Ha infine osservato che i discendenti non ricorrono al gratuito patrocinio, a differenza degli stranieri, le cui spese gravano sullo Stato.
In collegamento da remoto, il Viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha evidenziato la complessità della materia, sottolineando la necessità di un approccio che vada oltre gli automatismi giuridici, per arrivare a valutazioni di merito che tengano conto dei cambiamenti in atto nella società. Ha illustrato poi il disegno di legge Ius Italiae, presentato da Forza Italia il 6 ottobre 2024, che prevede l’introduzione di un taglio generazionale per i discendenti iure sanguinis (la proposta di Forza Italia limita la trasmissione della cittadinanza agli oriundi, prevedendo che lo straniero di sangue italiano nato all'estero per essere riconosciuto italiano debba avere almeno il bisnonno nato in Italia. Se i genitori, i nonni e i bisnonni sono tutti nati all'estero non si può ottenere la cittadinanza - ndr) e la possibilità per i minori stranieri di acquistare la cittadinanza a 16 anni dopo un percorso di studi di 10. Soddisfatti gli organizzatori del convegno che, sottolineano, “ha rappresentato un momento di riflessione fondamentale su un tema troppo spesso semplificato dai media. Il messaggio unanime dei relatori è stato chiaro: contrastare l’informazione parziale e distorta e promuovere un dibattito serio e autorevole sulla cittadinanza”. (aise)