La 194 non si tocca! L’appello di ReteDonne - coordinamento donne italiane all'estero

AMBURGO\ aise\ - “Mentre in Germania una commissione istituita dal Governo consiglia di rendere legali le interruzioni di gravidanza nelle prime dodici settimane, aprendo un nuovo dibattito per la totale depenalizzazione dell’aborto, e i Paesi Bassi restano una delle nazioni tra le più virtuose in Europa nella difesa del diritto all'aborto fornendo alle donne tutta l'assistenza prima e dopo l'intervento, in Italia il Governo vuole permettere alle associazioni Pro vita di avere un ruolo attivo nei consultori, mettendo così in pericolo l’essenza della legge 194”. Inizia così l’appello “La 194 non si tocca!” firmato dalla presidente di ReteDonne e.V. - coordinamento donne italiane all’estero, Luciana Mella, e la coordinatrice di ReteDonne – Paesi Bassi, Letizia Maulà, all’indomani del voto di un emendamento al PNRR targato Fratelli d’Italia, in cui si prevede che “i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, componente 1, del PNRR e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche della collaborazione di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel campo del sostegno alla maternità”.
La legge 194, “fondamentale per la salute e l’autodeterminazione delle donne, - ricordano Mella e Maulà – venne scritta per legalizzare l’accesso all’aborto, ma anche per accompagnare e affiancare le donne verso una maternità consapevole, attraverso informazioni neutre e scientifiche. L’associazione ReteDonne - coordinamento donne italiane all’estero considera la norma approvata dal Governo una chiara limitazione della libertà delle donne. La presenza e l’operatività presso i consultori di associazioni dichiaratamente antiabortiste va a minare proprio il principio di imparzialità su cui si fonda la legge. L’Italia, anziché mettersi al passo con il diritto fondamentale di autodeterminazione delle donne, espresso di recente anche dal Parlamento europeo con il voto a favore dell'inserimento dell'interruzione di gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali dell'Ue, prova a fermarne il cammino”.
“Questo – sottolineano – è ancora più grave in un Paese che ha ridotto notevolmente i consultori per le donne, soprattutto al Sud, e vede una media di medici antiabortisti del 70%, 80% al Sud, che costringe le donne del meridione a lunghe trasferte interregionali per vedersi garantire un diritto, che a norma della 194, deve essere usufruibile in ogni struttura ospedaliera del Paese”. Per questo, concludono, “ReteDonne chiede che il Governo italiano ci ripensi e, al contrario, si impegni perché i diritti delle donne vengano rispettati, attuati e ampliati”. (aise)