Milei insulta la moglie di Sanchez e la Spagna ritira l'ambasciatrice a Buenos Aires - di Livio Zanotti

BUENOS AIRES\ aise\ - La più risonante è l’ultima - in ordine di tempo -: l’aggressione verbale a Bergoña Gomez, sposa del primo ministro spagnolo, il socialista Pedro Sanchez, ha provocato il ritiro dell’ambasciatrice spagnola a Buenos Aires. Milei l’ha chiamata corrotta, di fronte all’effervescente assemblea dell’estrema destra europea organizzata a Madrid dagli ultràs di Vox. Il clima di tifoseria da stadio non dispiace al presidente argentino, che insulta volentieri chiunque ritiene che contrasti i suoi punti di vista. Anche quando sono prestigiosi colleghi di mestiere e politicamente affini, come gli economisti liberisti Melconìan, Cavallo, Broda, Prat Gay e altri ancora che manifestano dubbi quando non aperta contrarietà alle sue manovre finanziarie, per scansare coinvolgimenti nel loro temuto fallimento. Così s’è fatto una fama da iracondo. E un po' anche quella di opportunista, quando più o meno esplicitamente deve fare marcia indietro, come gli è accaduto con papa Francisco, per ricordarne una clamorosa. Questa di Madrid presenta, però, aspetti di particolare gravità per il delicato momento in cui avviene, i riflessi internazionali e le concrete conseguenze politiche ed economiche nei rapporti tra i due paesi.
La Spagna è la diretta matrice culturale dell’Argentina e il suo primo partner in Europa. Da Iberia a Telefonica, alle banche Bilbao-Viscaya e Santander, alla multinazionale dei trasporti e telecomunicazioni Abertis, tutte le maggiori firme del paese sono storicamente presenti a Buenos Aires. Alcune lo erano anche al meeting di Vox. E convocate dal presidente che intanto si era rivolto al governo di Bruxelles per chiedere una reazione a livello dell’Unione, si sono associate al ripudio di Sanchez. Né avrebbe potuto essere diversamente, poiché la guardia civil ha notificato all’autorità giudiziaria la totale assenza di prove a carico di Bergoña Gomez e la procura non potrà che chiudere l’indagine avviata per un presunto conflitto d’interesse. Per Milei non si tratta certo d’un risultato brillante. Considerato che alle critiche di usare un viaggio di Stato per andare a partecipare ad un evento politico di parte, si era giustificato con l’urgenza di trovare crediti e investimenti a sostegno della crisi argentina. Mentre il presidente Sanchez ha già scontato politicamente l’inconveniente circostanza ottenendo una piena conferma per la sua maggioranza di governo.
Milei è senz’altro un temperamentale: lo rappresenta in questa versione anche l’ex fidanzata-lampo, la soubrette Fatima Flores (truccata con tanto di fascia presidenziale a strisce biancazzurre e parrucca scarmigliata) nello show che porta in giro per il paese e in cui imita con non minori irriverenze anche l’ex vicepresidentessa Christina Kirchner. Ma prevale ormai pubblicamente l’idea che quella vocazione all’iperbole attribuita da Jorge Luis Borges all’animo argentino, nell’attuale presidente non vada disgiunta da un certo calcolo. Non sarebbe pura coincidenza quel suo allontanarsi dal paese ogni volta che il suo governo s’impantana nelle aule parlamentari, nelle quali non ha una propria maggioranza e ogni volta deve metterne insieme una negoziandola strenuamente e finora invano. Così che il super-decreto è ancora lì che aspetta e sebbene ridotta da 630 a meno di 200 articoli non sfugge alla stessa sorte la Ley-omnibus, ribattezzata Legge-base. Questo mese è entrato nella sua ultima decina e il denominato patto di maggio con i governatori delle regioni più importanti, che dovrebbe assicurare la governabilità, appare ben più lontano.
Questo il bilancio politico-parlamentare del primo semestre di Milei. Quello economico è a dir poco controverso. Anche tralasciando per un istante le sofferenze provocate a gran parte della popolazione, i miglioramenti su inflazione e deficit fiscale sono momentanei. Non tengono conto di una serie di pagamenti dilazionati e di risparmi insostenibili nel tempo, ad esempio il blocco delle opere pubbliche e la sospensione del mantenimento della rete ferroviaria che ha già portato a vari incidenti, miracolosamente senza ulteriori perdite di vite. Per il dipartimento economico dell’università cattolica (UCA) il potere d’acquisto di salari e pensioni è diminuito del 14,9%, la loro perdita sale al 32,1 se misurata sui soli prezzi dei beni alimentari indispensabili. Un calcolo molto significativo rivela inoltre che il deprezzamento degli stessi redditi fissi sale di ben 10 punti, al 24,2%, se calcolato dalla fine della presidenza di Mauricio Macri, novembre 2019. Vuol dire che lavoro dipendente e pensioni sono stati pesantemente decurtati già nel periodo del governo peronista di Alberto Fernandez e Christina Kirchner. E aiuta a capire il voto che ha portato Milei alla Casa Rosada.
Il milione di giovani tranquilli ma decisi scesi sulle strade a protestare in tutto il paese (almeno 500mila solo a Buenos Aires) contro i tagli all’istruzione pubblica che minacciano di chiusura le maggiori università del paese, lo straordinario successo di due scioperi generali in pochi mesi, hanno smentito che la vittoria elettorale di Milei fosse un’adesione maggioritaria ai suoi enfatici programmi di governo. “Una società risentita vota in modo risentito… risultato: il caos!”, spiega Elisa Carriò, separandosi con la sua Coaliciòn Civica dal gruppo dei moderati del senatore Miguel Pichetto che negozia con il governo. Avvocata, docente universitaria, a suo tempo alleata del conservatore Mauricio Macri, Carriò, 67, è famosa per le sue battaglie contro la corruzione: "Un patrimonialismo corrotto è il vizio che avvelena lo stato argentino”. Hannah Arendt e papa Francisco sono i suoi riferimenti etico-culturali. “Gli argentini devono sapere come votano i loro parlamentari. Niente che aiuti la piccola e media impresa. Nessun controllo sull’amnistia fiscale: laviamo i miliardi del narcotraffico. Non viene toccata la corruzione, c’è accordo con le mafie…”, grida sbattendo la porta. (aise)