Meloni: no a militari italiani in Ucraina

ROMA\ aise\ - L’Italia è “convintamente” al fianco dell’Ucraina, ma non invierà militari a Kiev. A ribadirlo oggi è la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che questa mattina è intervenuta alla camera in vista del Consiglio Europeo di domani e venerdì, 18 e 19 dicembre. Nell’intervento – consegnato anche al Senato, dove il dibattito inizierà tra poco meno di un'ora – Meloni ha richiamato il vertice di lunedì a Berlino, dal clima “costruttivo e unitario”, e l’incontro con Zelensky a Roma.
“Il cammino verso la pace, dal nostro punto di vista, non può prescindere da quattro fattori fondamentali”, ha elencato Meloni. “Lo stretto legame tra Europa e Stati Uniti, che non sono competitor in questa vicenda, atteso che condividono lo stesso obiettivo, ma hanno sicuramente angoli di visuale non sovrapponibili, dati soprattutto dalla loro differente posizione geografica; il rafforzamento della posizione negoziale ucraina, che si ottiene soprattutto mantenendo chiaro che non intendiamo abbandonare l’Ucraina al suo destino nella fase più delicata degli ultimi anni; la tutela degli interessi dell’Europa, che per il sostegno garantito dall’inizio del conflitto, e per i rischi che correrebbe se la Russia ne uscisse rafforzata, non possono essere ignorati”, e, infine, “il mantenimento della pressione sulla Russia, ovvero la nostra capacità di costruire deterrenza, di rendere cioè la guerra non vantaggiosa per Mosca”. “L’unica cosa” che può “costringere Mosca ad un accordo” è la difficoltà a portare avanti una “durissima guerra di posizione” con cui “dalla fine del 2022 ad oggi, è riuscita a conquistare appena l’1,45% del territorio ucraino, peraltro a costo di enormi sacrifici in termini di uomini e mezzi”.
La trattativa è “estremamente complessa” e “non può prescindere dalla volontà della Russia di contribuire al percorso negoziale in maniera equa, credibile e costruttiva. Purtroppo, ad oggi, tutto sembra raccontare che questa volontà non sia ancora maturata”.
Lo “scoglio più difficile” è il ritiro ucraino dal Donbass. “Sul tema dei territori, abbiamo detto e ribadiamo che ogni decisione dovrà essere presa tra le parti e nessuno può imporre da fuori la sua volontà”, ha ribadito Meloni.
Quanto alle “garanzie di sicurezza per l’Ucraina”, sono “tre gli elementi dei quali si sta discutendo: la garanzia di un solido esercito ucraino; l’ipotesi di dispiegamento di una forza multinazionale, in Ucraina, per la rigenerazione delle forze armate, guidata dalla cosiddetta Coalizione dei volenterosi, ma con partecipazione volontaria di ciascun Paese. E approfitto per ribadire che l'Italia non intende inviare soldati in Ucraina”, ha sottolineato. È, infine, “garanzie da parte degli alleati internazionali – a partire dagli Stati Uniti – sul modello dell’articolo 5 del Patto Atlantico, opzione che tutti ricordate essere stata proposta proprio dall'Italia, a dimostrazione del contributo fattivo della nostra Nazione all’obiettivo di una pace giusta e duratura”.
Quanto alle risorse, assicurato che “stiamo vigilando attentamente e incoraggiando ogni sforzo per assicurare il rispetto degli impegni che Kiev ha assunto in termini di riforme e di contrasto alla corruzione”, l’obiettivo è trovarle “evitando il collasso”. “Siamo chiamati a scelte politiche che richiedono visione e responsabilità, e che vanno ben oltre il dibattito su come trovare le risorse per sostenere l’Ucraina. Perché in gioco non ci sono solo la dignità, la libertà e l’indipendenza dell’Ucraina, ma anche la sicurezza dell’Europa nel senso più ampio del termine”.
L’Italia, ha ricordato Meloni, “ha deciso, venerdì scorso, di non far mancare il proprio appoggio al Regolamento che ha fissato l’immobilizzazione dei beni russi senza, tuttavia - lo voglio sottolineare con chiarezza – avallare, ancora, alcuna decisione sul loro utilizzo. Lo abbiamo fatto – pur non condividendo il metodo utilizzato – perché non vi siano, ancora una volta, dubbi sulla linea coerente di sostegno che il Governo ha sempre mantenuto nei confronti dell’Ucraina. Nell’approvare il regolamento abbiamo, infatti, voluto ribadire un principio che consideriamo fondamentale: decisioni di questa portata giuridica, finanziaria e istituzionale – come anche quella dell'eventuale utilizzo degli asset congelati – non possono che essere prese al livello dei Leader”.
Per il Governo è “sacrosanto il principio secondo cui debba essere prioritariamente la Russia a pagare per la ricostruzione della Nazione che ha aggredito, ma questo risultato deve essere raggiunto con una base legale solida. Intendiamo, inoltre, chiedere chiarezza rispetto ai possibili rischi connessi alla proposta di utilizzo della liquidità generata dall’immobilizzazione degli asset, particolarmente quelli reputazionali, di ritorsione o legati a nuovi, pesanti, fardelli per i bilanci nazionali”.
“La nostra volontà di aiutare il popolo ucraino non è mai stata, e non sarà mai, in discussione”, ha sottolineato Meloni, secondo cui “abbiamo il dovere cercare la soluzione più efficace per preservare l’equilibrio tra la fornitura di un’assistenza concreta all’Ucraina da un lato, e il rispetto dei principi di legalità, sostenibilità e stabilità finanziaria, e monetaria, dall’altro”.
Quanto al Medio Oriente, anche qui “l’Italia è determinata a fare la propria parte”. Ricordato l’attentato di Bondi Beach e la necessità di “rafforzare le misure di sicurezza e di protezione delle comunità ebraiche”, Meloni ha sostenuto che “è tempo di non ammettere più distinguo o reticenze nella condanna ad ogni forma di antisemitismo” e che “alla politica e alle Istituzioni spetterebbe anche il compito di preservare la Repubblica dai rischi per la propria sicurezza, inclusi quelli derivanti dalle predicazioni violente di autoproclamati imam che, come nel caso di Shahim, fanno addirittura apologia dei pogrom del 7 ottobre”.
La premier ha quindi citato la sua partecipazione al Vertice del Consiglio di Cooperazione del Golfo in Bahrein - da dove ha lanciato l’idea di “creare un nuovo forum di dialogo e cooperazione” che “unisca due spazi geografici, il Mediterraneo e il Golfo, non soltanto geograficamente vicini, ma potenzialmente in grado di condividere una vocazione globale” – e l’incontro con il Presidente palestinese Abu Mazen che “ha chiesto, con convinzione, un impegno italiano, forte e ambizioso, nei passaggi necessari a fissare il Piano di pace proposto dagli Stati Uniti e sottoscritto da tutti i protagonisti. E io credo che l’Italia non si debba sottrarre a questo impegno, che le viene richiesto appunto da più parti, in un momento tanto decisivo”.
Gli Stati Uniti, ha aggiunto, “ci hanno chiesto di contribuire ad un progetto pilota per l’addestramento di cinquanta unità della Polizia palestinese da dispiegare a Gaza in tempi rapidi. È un’attività in linea con l’impegno già in atto, e che quindi siamo pronti a realizzare. Ma guardiamo con attenzione anche al contributo che potremmo assicurare alla Forza Internazionale di Stabilizzazione, che sarà dispiegata sulla base della Risoluzione 2803 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Una forza il cui ruolo a sostegno della stabilizzazione e della ricostruzione di Gaza è ritenuto fondamentale – come dicevo - anche dall’Autorità nazionale. Ma su questo, a tempo debito, se sarà necessario, ne discuteremo con questo Parlamento”.
Al centro del Consiglio Europeo anche “una prima discussione a livello Leader sulla proposta avanzata dalla Commissione Europea, il 16 luglio scorso, sul prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, ovvero il bilancio dell’Unione Europa, per il periodo 2028-2034”. La proposta della Commissione “si fonda su due assi principali: cambiare in modo radicale la struttura e le modalità di erogazione dei fondi, con lo scopo di semplificare e rendere più flessibile il bilancio; aumentare le dimensioni del bilancio, soprattutto per far fronte alle nuove priorità, legate alla sicurezza e alla competitività”.
“Dovremo anzitutto evitare che un bilancio europeo più grande pesi eccessivamente sulle nostre finanze”, ha detto Meloni. Quanto alla proposta della Commissione che “prevede, da un lato, maggiori contributi, e dall’altro minori allocazioni a politiche tradizionali e per noi fondamentali, come la Politica Agricola Comune e la Coesione, veri e propri pilastri dell’Unione Europea e dei suoi Trattati”, la Premier ha affermato: “non accetteremo di pagare di più per ottenere di meno”.
L’Italia “è ovviamente pronta a discutere con spirito costruttivo, ma le politiche che toccano direttamente il benessere dei nostri territori, dei nostri agricoltori, dei nostri pescatori e delle nostre imprese non possono essere sacrificate. Da loro dipende la coesione della nostra società, la manutenzione dei nostri territori, la nostra stessa sovranità alimentare in tempi di minacce ibride che coinvolgono anche il cibo. In poche parole, non il nostro passato, ma il nostro futuro”, ha aggiunto, spiegando che “potremo accettare una nuova architettura solo a fronte di chiare garanzie per la PAC e la Coesione, così come qualsiasi riforma della struttura del bilancio dovrà garantire la prevedibilità, la trasparenza e un adeguato coinvolgimento degli Stati Membri”.
Sul fronte-immigrazione, anche questa volta, a margine del Consiglio, si “riuniremo i Leader degli Stati Membri più interessati alle soluzioni innovative nella gestione del fenomeno migratorio. Un tema che, come sapete, ha visto l’Italia fare da apripista, ma che raccoglie sempre più interesse”, ha detto Meloni, citando la lettera sottoscritta recentemente dai Ministri degli Esteri e dell’Interno di 19 Stati Membri UE, ma anche la posizione comune adottata dai Ministri dell’Interno UE sulle proposte di nuovo concetto di Paese terzo sicuro, di lista UE di Paesi sicuri di origine e di nuovo Regolamento “rimpatri”; una posizione, ha evidenziato, “che prevede proprio la possibilità di istituire nei Paesi terzi dei cosiddetti “return hubs”. Scelte nelle quali abbiamo creduto fin dall’inizio, perché siamo convinti che garantiranno procedure più rapide e certe, oltre che rappresentare un efficace strumento di deterrenza nei confronti di chi ha fatto della tratta di esseri umani un business ignobile”.
“Un quadro giuridico europeo più solido ci consentirà di mettere a riparo iniziative nazionali di grande importanza, come i centri in Albania, da pronunce ideologiche di una certa magistratura politicizzata che ne hanno bloccato l’attuazione, ostacolando l’azione di contrasto, da parte del Governo, all’immigrazione illegale di massa. La normativa italiana – ha sostenuto la Presidente del consiglio – è stata disapplicata interpretando in modo forzato quella europea. Ebbene, stiamo risolvendo, intervenendo direttamente sulla normativa europea”.
“Un ulteriore ambito su cui l’Italia ha fatto da apripista. Mi piace condividerlo con voi: è la riflessione sulla capacità delle Convenzioni internazionali, scritte molti decenni or sono, di affrontare le sfide della moderna migrazione irregolare e della sicurezza. L’appello lanciato insieme alla Danimarca – ha riportato Meloni – ha man mano raccolto adesioni, fino ad arrivare, pochi giorni fa, ad una dichiarazione politica, che fa seguito alla lettera aperta dello scorso maggio, sottoscritta da 27 Stati Membri del Consiglio d’Europa, cioè dalla maggioranza dei suoi Paesi membri. Questo amplissimo sostegno, ci ha ora consentito di avviare, in piena collaborazione con il Segretario Generale dello stesso Consiglio d’Europa, un processo che dovrebbe portare ad una applicazione della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo più efficace e più in linea con il contesto attuale”.
Nella “dimensione esterna delle politiche migratorie”, il Piano Mattei per l’Africa “non è più un’iniziativa solo italiana, ma, come avevamo immaginato, è diventata una strategia europea e internazionale, che può contare su sinergie strutturate a vario livello”.
Fuori dall’odg del Consiglio l’accordo Ue – Mercosur: l’Italia, ha ricordato Meloni, “ha sempre guardato con interesse a questa intesa, sia per il significato politico di ponte tra l’Europa e l’America Latina, sia per quello commerciale, con importanti e positive ricadute attese sul fronte delle esportazioni italiane, sia nel settore industriale che in quello alimentare, dato che l'accordo prevede la tutela di oltre 50 denominazioni di origine geografica italiane”. Ma, ha precisato, il Governo “è sempre stato chiaro nel dire che l’accordo dovrà essere positivo per tutti i settori e che quindi è necessario rispondere, in particolare, alle preoccupazioni dei nostri agricoltori”. Per questo “riteniamo che firmare l'accordo nei prossimi giorni, come è stato ipotizzato, sia ancora prematuro. Per noi è necessario attendere che il pacchetto di misure aggiuntive a tutela del settore agricolo sia perfezionato, e - allo stesso tempo - illustrarlo e discuterlo con i nostri agricoltori”.
Al centro del Consiglio anche il processo di allargamento dell’Ue, il punto sulla competitività europea - “l’approccio italiano continua a fondarsi sul principio di neutralità tecnologica e su una visione pragmatica” – e la neutralità tecnologica, la semplificazione.
Un Consiglio Europeo “denso di temi delicati, denso di sfide, che approcceremo come sempre con grande responsabilità e allo stesso tempo con grande determinazione, come si conviene al governo di una grande Nazione, che sta in Europa non da comprimaria ma da protagonista”. (aise)