L’Aquila si prepara alla 731^ Perdonanza: il primo Giubileo della storia – di Goffredo Palmerini

L’AQUILA\ aise\ – Sarà il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, ad aprire la Porta Santa della Basilica di Santa Maria di Collemaggio, battendovi tre colpi con il bastone d’ulivo del Getsemani, come prescrive il suggestivo rito d’apertura della Perdonanza, il primo Giubileo della storia della Cristianità.
La Perdonanza fu concessa vivae vocis oraculo da Papa Celestino V all’atto della sua incoronazione a pontefice, avvenuta a L’Aquila il 29 agosto 1294, e un mese dopo sancita con la Bolla Inter Sanctorum solemnia. Una vera rivoluzione la concessione dell’indulgenza plenaria a chiunque, sinceramente pentito e confessato, ogni anno avesse varcato la soglia della Basilica di Collemaggio dai Vespri del 28 agosto a quelli del 29.
Da quel 29 agosto 1294, in virtù della Bolla che la istituì, il cui originale è conservato dalla Municipalità aquilana e custodito, fino al 6 aprile 2009, nella Cappella blindata della Torre civica – dove tornerà dopo il restauro dai danni inferti dal terremoto –, a L’Aquila ogni anno si vive questo speciale giubileo di un giorno, giunto alla sua 731.ma edizione, culmine d’una settimana di grandi eventi religiosi, artistici e culturali e d’un imponente Corteo che dal Palazzo municipale reca la Bolla della Perdonanza alla Basilica di Collemaggio. Tra gli eventi che si terranno dal 23 agosto, con l’accensione del tripode con il Fuoco giunto dall’eremo del Morrone, al 29 agosto a chiusura della Porta Santa e fino al giorno successivo, tutti di notevole valenza e con artisti di fama internazionale, spiccano anche convegni ed incontri che richiamano e approfondiscono il valore dell’universale messaggio di perdono che Celestino V ha donato all’umanità.
Il lascito spirituale che papa Celestino affidò 731 anni fa alla città dell’Aquila ne fanno una singolare “Capitale del Perdono, della Riconciliazione e della Pace”, come papa Francesco la definì nella sua storica visita pastorale alla Perdonanza, il 28 agosto 2022 - primo pontefice dal 1294 -, aprendo la Porta Santa di Collemaggio. Come si diceva, ci saranno diversi convegni e incontri sul tema del Perdono, coniugato a quello della Speranza caratterizzante il grande Giubileo 2025. Si inizia già dal 23 agosto, giorno inaugurale della Perdonanza n. 731. Nella mattinata, presso la Sala ipogea del Consiglio Regionale d’Abruzzo, il Convegno Storico e Pastorale “Il cammino della vita cristiana in un intreccio di Speranza e Pazienza – Celestino V e la cultura del Perdono”, promosso dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Aquila.
Nel pomeriggio, alle ore 16:30, presso l’Auditorium del Parco - Renzo Piano, si terrà il 3° Summit nazionale “Il Perdono nutre il mondo” con tema “La Speranza dà coraggio e apre al futuro”. Presenze istituzionali e relatori di notevole caratura, quali Michelangelo Tagliaferri (sociologo e fondatore dell’Accademia di Comunicazione), Carmina Gallucci (Avvocato), Fra’ Giulio Cesareo (responsabile Comunicazione Sacro Convento di Assisi), Luciano Gualzetti (Direttore Caritas Ambrosiana), Maria Stella Gelmini (Senatrice), Serena Porciani (Fondazione Daniel Lumera), Ernesto Albanello (Psicoterapeuta), Marina Scipione (Psicoterapeuta e mediatrice familiare), Marcello Balestra (Produttore discografico e scrittore). L’evento, aperto dai saluti del Sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, dal Prefetto dell’Aquila, Giancarlo Di Vincenzo, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dall’Assessore Regionale alla Cultura, Roberto Santangelo, dal Rettore dell’Università dell’Aquila, Edoardo Alesse, e del Presidente di L’Aquila Made In, Goffredo Palmerini, sarà introdotto dal giornalista e scrittore Angelo De Nicola e moderato da Francesca Pompa, Presidente One Group.
Altri incontri di riflessione sono contemplati nel programma della 19ma edizione della Cordata per l’Africa, organizzato dall’associazione Amici di San Basilio presso lo stupendo Monastero celestiniano di San Basilio. Ma ora torniamo Pietro del Morrone, dopo la notizia della sua elezione a Papa, avvenuta a Perugia il 5 luglio 1294 dove il Conclave era riunito da ben 27 mesi…
Il vegliardo monaco, Pietro Angelerio, arrivò all’Aquila il 27 luglio 1294 dall’eremo sul monte Morrone. Un asino la sua cavalcatura, come Gesù entrando a Gerusalemme. Lo accompagnava un lungo corteo festante: due sovrani, Carlo II d’Angiò e suo figlio Carlo Martello, re d’Ungheria, alti prelati e dignitari, e tanta popolo che man mano si era aggiunto, durante il viaggio che da Sulmona lungo la Valle Subequana lo conduceva all’Aquila. Dal 5 luglio l’umile religioso era stato eletto al soglio pontificio, dopo 27 mesi di conclave a Perugia. Pietro del Morrone sarebbe dunque diventato Papa Celestino V. Giungeva finalmente all’Aquila, la città che tanto amava e dove, di ritorno da Lione, egli aveva fatto edificare la splendida abbazia gotica di Santa Maria di Collemaggio. Aveva scelto L’Aquila, malgrado i cardinali secondo prassi lo esortassero a raggiungere Perugia, per la solenne incoronazione, fissata al 29 agosto, festività di San Giovanni Battista.
La sua elezione era stata salutata da grande entusiasmo, interpretata come un segno profetico per la Chiesa da coloro che attendevano la venuta d’un Pastore angelico. Era stata infatti vaticinata un’Era dello Spirito per restituire all’umanità tormentata di quel secolo una spiritualità nuova e per redimerla dalla decadenza e dal disordine. La Chiesa si sarebbe finalmente liberata dei vincoli con il potere terreno, come avevano predicato l’abate calabrese Gioacchino da Fiore nella seconda metà del XII secolo, e qualche anno dopo Francesco d’Assisi, scegliendo la povertà. Il carisma del nuovo Pontefice, l’aura di santità che lo accompagnava, il prestigio morale che gli aveva permesso di fondare e far riconoscere l’Ordine dei Celestini, secondo la regola di San Benedetto, sembravano proprio i segni dell’avverarsi di quella profezia. I suoi monaci dall’Abruzzo s’erano diffusi in Molise, Puglia e Campania. Edificavano monasteri, eremi su aspre montagne e grandi abbazie. Erano solleciti verso poveri e bisognosi, con una perfetta organizzazione sul territorio che ricordava i Cistercensi dei secoli addietro.
Al tramonto, dunque, il Papa giunse all’Aquila. Da Sulmona, lungo il percorso, era stata un tripudio d’entusiasmo. Il popolo l’amava. Si era arrivati nella “città nuova”, fondata nel 1254 anche per volere degli Svevi, come certifica il decreto emesso da re Corrado IV, figlio dell’imperatore di Federico II. La città, sul colle, era veramente bella. L’Aquila era nata non a caso, ma per un preciso ed armonico progetto, ad opera dei castelli confederati, 99 secondo la tradizione, una settantina in verità. Ciascuno di essi, in una gara d’ingegno e di perizia costruttiva, in base al piano della città aveva edificato il proprio quartiere, con chiesa piazza e fontana, di splendide architetture. I legami con i villaggi d’origine erano saldi e vitali, i cittadini dentro le superbe mura e quelli restati nei castelli d’origine vantavano eguali diritti civili nella nuova città-territorio. E tuttavia i primi quarant’anni dell’Aquila non erano stati semplici, persistevano fazioni e dispute intestine, talvolta con esiti cruenti, il governo civico spesso aveva fatto ricorso agli abati Celestini.
Eppure la città, ricostruita dopo la distruzione operata nel 1259 da Manfredi, era cresciuta presto e bene. In quei giorni che precedettero l’investitura pontificia, Celestino avviava il suo straordinario papato riportando pace tra le parti in lotta, ottenendo da Re Carlo privilegi e clemenza per gli Aquilani. La cerimonia d’incoronazione, in quel 29 di agosto, fu un evento memorabile, come raccontano le cronache dell’epoca. Sulla spianata antistante la Basilica un’immensa folla di duecentomila pellegrini, giunti d’ogni dove, assisteva al rito. Tra loro anche Dante Alighieri, secondo qualche cronaca. L’anziano Papa apriva subito orizzonti nuovi alla Chiesa. Richiamava il popolo di Dio al dovere del perdono e della riconciliazione. Invocava pace per ogni uomo e per l’umanità. Ammonizione che egli non lasciava all’inerzia delle parole, ma che aveva applicato alla concretezza dei suoi primi atti dal soglio pontificio, iniziando il suo papato con gesti esemplari e profetici per quel tempo che richiamavano la misericordia, il perdono e la pace.
Ancor più, il 29 settembre, un mese dopo aver assunto la tiara, Papa Celestino stupiva emanando la Bolla con la quale concedeva ai sinceramente pentiti che visitavano Collemaggio nella festività della Perdonanza, dai Vespri del 28 agosto a quelli del 29, l’indulgenza plenaria ed universale, gratuita e senza distinzioni. Un grande privilegio per la città dell’Aquila e per il suo Primo Magistrato (il sindaco dell’epoca) che della Bolla ricevette l’originale, custodito gelosamente per sette secoli, fino ad oggi. Il 13 dicembre 1294, a Napoli, aveva termine quello straordinario pontificato, con la volontaria rinuncia alla tiara e le dimissioni dal papato di Celestino V. Anch’esso gesto profetico d’umiltà, unico nella storia della Chiesa, fin quando Benedetto XVI non l’ha ripetuto nel febbraio 2013. Pochi giorni dopo, la vigilia di Natale, i porporati in conclave eleggevano papa il cardinale Benedetto Caetani con il nome di Bonifacio VIII. I primi atti furono rivolti a cancellare ogni disposizione del papato celestiniano. A cominciare dalla Perdonanza. E quantunque Bonifacio ogni mezzo di pressione e di persuasione, persino minacciando la scomunica, mise in essere per ottenere la restituzione del documento onde consentirne l’annullamento, mai ebbe indietro la Bolla custodita dal governo civico.
Ripreso il nome Pietro e le umili vesti del monaco, dopo qualche mese Celestino veniva rinchiuso nella fortezza di Fumone, poiché Bonifacio ne temeva il carisma e la grande aura di santità che lo accompagnava. In quella dura prigione il 19 maggio 1296 Pietro Celestino transitò a miglior vita, nella diffusa convinzione della sua santità che, difatti, papa Clemente V proclamò nel 1313, con il processo di canonizzazione. Proprio Bonifacio, cui non era riuscito sopprimere l’annuale Perdonanza celestiniana, nel 1300 ne copiava il senso, istituendo per la basilica di San Pietro in Roma il Grande Giubileo d’un anno ogni mezzo secolo, poi modificato nell’attuale cadenza venticinquennale.
Da Collemaggio, dove San Pietro Celestino riposa nello stupendo mausoleo scultoreo di Girolamo da Vicenza – fatto anch’esso singolare, un papa sepolto fuori la basilica vaticana – ogni anno l’universale messaggio celestiniano di pace e di perdono si rinnova. Da secoli migliaia di fedeli e pellegrini raggiungono L’Aquila da tutto il mondo per beneficiare, dal tramonto del 28 alla sera del 29 agosto, dell’indulgenza plenaria. Secondo la storica tradizione della festività, sancita negli antichi Statuti della città, anche oggi la Perdonanza è indetta dall’autorità civica e preparata da una settimana di grandi eventi, che culminano nel Corteo della Bolla del 28 agosto e nell’apertura della Porta Santa. La suggestiva sfilata dal Palazzo civico, con gli antichi i costumi, accompagna la Bolla che viene traslata a Collemaggio. Lì, accanto al torrione della basilica, secondo il rituale il Sindaco della città ne dà lettura, quindi il Cardinale delegato dal Papa può iniziare il rito di apertura della Porta Santa e il solenne pontificale che avvia il giubileo aquilano.
La sera del 29 agosto, richiusa la Porta Santa, il Corteo riconduce la Bolla in Municipio, dove viene riposta nel suo forziere nella cappella della Torre civica, fino all’anno successivo. Uno speciale messaggio di pace, nel 731° anno della Perdonanza, s’eleverà da Collemaggio per richiamare fortemente la fine delle guerre che assillano l’umanità, a cominciare dall’Ucraina e fino a Gaza, massacrata con oltre 60 mila morti palestinesi, vittime dei bombardamenti e delle truppe d’occupazione israeliane, con una violenza brutale che ha portato la Corte penale internazionale all’emissione dell’ordine d’arresto per il capo del governo israeliano Benjamin Nietanyahu per crimini di guerra, ormai latamente definiti come genocidio.
La Perdonanza è patrimonio rilevante della storia civile e spirituale dell’Aquila, ma è ancor più patrimonio universale per i valori che richiama, come sancito dall’Unesco nel 2019 che l’ha riconosciuta Patrimonio immateriale dell’Umanità. S’eleverà dunque, ancora una volta, dalla Basilica di Collemaggio il forte appello alla tolleranza, alla riconciliazione, al perdono e alla pace, per un’umanità sfibrata dal terrorismo e dalla guerra. Ma anche un richiamo alle potenze del mondo perché operino davvero per far tacere le armi e i conflitti che lacerano il mondo. Sia pace vera e duratura per tutti i popoli, San Pietro Celestino è profeta di pace anche nel nostro tempo, con il messaggio universale della sua Perdonanza. Questo è l’autentico magistero celestiniano. (aise)