Sigot: Alzheimer "emergenza sociale" per il Paese

ROMA\ aise\ - Il 21 settembre è la Giornata Mondiale dell’Alzheimer. Promossa dall’OMS, la giornata vuole essere un'occasione per sensibilizzare la cittadinanza e le istituzioni su una patologia che coinvolge più di 4 milioni di persone tra pazienti e caregiver e che secondo la Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio rappresenta una vera e propria "emergenza sociale" che dovrebbe prevedere un piano strategico.
Ai circa 1,1 milioni di pazienti con demenza si aggiungono infatti almeno 3 milioni di caregiver familiari, spesso lasciati soli ad affrontare un peso enorme, con gravi ripercussioni sulla salute psicologica, fisica ed economica. Per questo, in occasione della Giornata, la SIGOT ha voluto richiamare l’attenzione sul coinvolgimento, spesso ignorato, dei caregiver.
La malattia di Alzheimer non colpisce solo chi ne è diagnosticato, ma travolge intere famiglie. Secondo gli studi internazionali, il 40% dei caregiver sviluppa sintomi di ansia o depressione: applicato alla realtà italiana significa oltre 1,2 milioni di persone a rischio di ammalarsi perché curano un familiare. Alla sofferenza quotidiana si aggiunge lo stigma sociale: molte famiglie vivono la diagnosi come una condanna da nascondere, restando isolate e prive di sostegno. L’Alzheimer è oggi la settima causa di morte nel mondo e in Italia assorbe circa 15 miliardi di euro l’anno, un costo che grava quasi esclusivamente sulle famiglie.
La ricerca scientifica sta facendo progressi importanti, ma ancora non risolutivi. L’immunoterapia con anticorpi monoclonali anti-amiloide ha mostrato la capacità di rallentare – in misura contenuta – il declino cognitivo in alcuni pazienti.
La FDA americana ha già approvato tre molecole di nuova generazione - aducanumab, donanemab e lecanemab, con quest’ultima riconosciuta anche dall’EMA in Europa. Accanto ai farmaci, la ricerca sta esplorando soluzioni alternative come la modulazione del microbiota intestinale per contrastare i processi neuro-infiammatori, l’uso di microRNA per regolare i meccanismi cellulari e perfino la nanoterapia per una somministrazione mirata dei farmaci al sistema nervoso centrale. Tuttavia, prevale la prudenza: la progressione della malattia può rallentare di circa il 20–30%, ma non è ancora chiaro se questo effetto si mantenga negli anni. Inoltre, solo una minoranza di pazienti (circa il 10%) potrà beneficiarne, e restano aperti interrogativi su costi, somministrazione endovenosa, monitoraggio degli effetti collaterali e disparità regionali nell’accesso alle cure.
La SIGOT ha quindi ribadito che le innovazioni farmacologiche non devono far dimenticare il ruolo determinante della stimolazione cognitiva, fisica e sociale, che resta oggi uno strumento fondamentale per migliorare la qualità di vita e ridurre i disturbi del comportamento nei pazienti. Tuttavia, in Italia le strutture di sostegno sono ancora poche, frammentate e distribuite in modo diseguale. I servizi psicologici per caregiver sono quasi assenti. Troppo spesso la diagnosi precoce non viene intercettata, e la gestione rimane affidata al coraggio solitario delle famiglie.
“La speranza nei farmaci innovativi è importante, ma non sufficiente. Serve una visione più ampia e integrata – sottolinea Lorenzo Palleschi, Presidente SIGOT –. Le priorità sono da individuarsi nella diagnosi precoce e in reti territoriali dedicate, con centri cognitivi diffusi; nella prevenzione attraverso stili di vita sani, attività fisica, alimentazione equilibrata e stimolazione cognitiva; comunità dementia-friendly, capaci di accogliere e non isolare; sostegno psicologico e servizi domiciliari strutturati per i caregiver”.
“Mai dimenticare i pazienti e massima attenzione a chi presta le cure. È questo il nostro credo e la nostra missione all’interno di un universo socio-economico complesso – commenta Virginia Boccardi, del Direttivo nazionale SIGOT –. L’Alzheimer non è solo una sfida medica, ma un problema sociale, culturale ed economico che riguarda tutti. Un Paese civile si misura sulla capacità di proteggere i suoi cittadini più fragili. La sfida non si vince nell’isolamento delle famiglie, ma con la forza di una comunità che sceglie di non lasciare nessuno indietro”. (aise)