“Giuseppe Salvatori. Centuria” al Mattatoio di Roma

Giuseppe Salvatori. Centuria | L'allestimento della mostra

ROMA\ aise\ - Il Padiglione 9a del Mattatoio di Roma ospita dal 19 febbraio scorso e sino al 21 aprile la mostra “Giuseppe Salvatori. Centuria”, promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e Azienda Speciale Palaexpo, che l’ha anche organizzata in collaborazione con Associazione Palatina.
La mostra, a cura di Matteo Di Stefano, ripercorre il lavoro degli ultimi trent’anni di Giuseppe Salvatori (Roma, 1955).
In questi tre decenni l'artista ha privilegiato la formula del ciclo per scongiurare la frammentazione dispersiva di opere la cui peculiarità spesso consiste nello stretto rapporto con la narrazione letteraria, di natura classica e contemporanea. Opere, quindi, sempre ancorate a un dato di realtà culturale ma anche pervase da un vissuto personale che ne trasfigura la visione in rappresentazioni singolari.
Il percorso inizia proprio con il ciclo inedito Centuria, che dà il titolo alla mostra, composto da centocinque ritratti - profili delle diverse e inesauribili figure della vita dell’artista: un lavoro in progress in cui i motivi floreali si trasformano in volti, portandoci in un territorio di incanti metafisici sospeso tra il reale e il fantastico.
A fronteggiare Centuria l’opera Il Fiore (2024), allegoria rivolta alla seduzione amorosa, continuo contrasto tra movimento e immobilità, tra miracolo della conquista e tristezza per la perdita.
Attraversando la sala dedicata ai Toreri, guardiani silenti, profili di simboli e colore, si entra nello spazio principale della mostra, nel quale sono visibili le diverse tecniche sperimentate dall’artista: 13 opere, non esposte in ordine cronologico, vanno a comporre un panorama complessivo di questo trentennale, dalla tempera e acrilico su tela de La Gazza Ladra (1990) agli spessori della tempera vinilica su tavola di Volo Nuziale (2023).
Il percorso continua nelle sale retrostanti: due installazioni quelle di Settimo Cielo e Libro Mago, che ci riportano all’inizio dell’ultimo decennio, nelle gallerie La Nuova Pesa (2011) e De Crescenzo & Viesti (2013), dove le opere sono state presentate per la prima volta.
Proseguendo attraverso i cicli inediti dedicati ai costumi per Fedra e a San Gaudenzio, si conclude l’esposizione nella sala dedicata a Perdere l’amore, videoinstallazione del 2024.
L’esposizione si pone in stretto dialogo con la mostra che ha luogo nello stesso periodo presso il Padiglione 9b del Mattatoio, Progettare il Caos di Felice Levini, l’artista e amico con cui Salvatori ha condiviso non solo una lunga carriera, ma anche un linguaggio artistico e poetico. Nel 1978 Salvatori e Levini, insieme ad altri artisti e scrittori del panorama romano, fondano il gruppo di S. Agata de’ Goti, successivamente Renato Barilli li inserisce all’interno del movimento artistico dei Nuovi-Nuovi, in occasione della mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Bologna nella primavera del 1980. Un legame, dunque, che ha resistito al tempo, dagli esordi degli anni Settanta, alla condivisione di progetti più recenti, come il ciclo di mostre Realia della galleria La Nuova Pesa, fino alle attuali mostre presso il Mattatoio di Roma.
La mostra di Giuseppe Salvatori sarà accompagnata da un catalogo, edito da Silvana Editoriale, a cura di Matteo Di Stefano, con un testo critico di Giuseppe Appella e contributi di autori cari all’artista tra cui Edoardo Albinati, Arnaldo Colasanti, Claudio Damiani, Alice Rubbini. (aise)