“Luce che affiora”: a Urbino il confine tra visibile e invisibile nel confronto tra Riccardo Guarneri e Rembrandt

URBINO\ aise\ - Sino al 25 gennaio 2026, la Galleria Albani dei Musei Civici di Urbino accoglie la mostra “Luce che affiora. Riccardo Guarneri in dialogo con Rembrandt”, promossa dal Comune di Urbino e realizzato in collaborazione con la Rete Museale Marche Nord, la Gallery Rosenfeld di Londra e l'associazione culturale L'Arte in Arte e il sostegno di Next Srl.
I curatori Riccardo Freddo e Luca Baroni accostano insieme per la prima volta a Urbino una selezione di 20 incisioni originali di Rembrandt van Rijn, maestro assoluto della luce e del chiaroscuro, e un nucleo significativo di opere di Riccardo Guarneri, considerato il maestro della pittura analitica italiana: un'occasione di dare continuità al dialogo fra patrimonio storico e ricerca artistica contemporanea, tra presente e passato, nel segno della ricerca interiore.
Il percorso espositivo nasce da un episodio fondativo della biografia di Guarneri: l'incontro giovanile, negli Anni '50, con le opere di Rembrandt durante un viaggio nei Paesi Bassi, esperienza che ne ha orientato in modo decisivo l'indagine sulla luce, sulla rarefazione del colore e sulla costruzione percettiva della superficie pittorica. Le venti incisioni del maestro olandese, provenienti da una collezione privata del territorio urbinate, offrono un quadro eloquente dell'evoluzione dell'incisore nell'uso del chiaroscuro e costituiscono un riferimento imprescindibile nel contesto europeo. Tra i fogli esposti figurano alcuni dei titoli più celebri della grafica rembrandtiana, come Inno di Simeone (Presentazione al tempio) (ca. 1640), La négresse couchée (1658), Autoritratto con Saskia (1636), Autoritratto con cappello di piume (1638), L'angelo appare ai pastori (1634), Donna che bagna i piedi in un ruscello (1646), Erudito nello studio (1652).
Ma “Luce che affiora” non è solo una mostra: è un invito a rallentare. A Urbino – città dove la luce del Rinascimento ha scritto alcune tra le pagine più alte della storia dell’arte – si incontrano due sguardi lontani nel tempo ma sorprendentemente vicini nel modo di interrogare ciò che accade tra ciò che si mostra e ciò che si cela.
Da un lato Rembrandt, che ha fatto della luce una presenza drammatica, capace di scolpire volti, emozioni, atmosfere come nessun altro nel Seicento europeo, dove le incisioni, piccole e densissime, sono schegge di rivelazioni che emergono dall'ombra racchiudendo mondi interi. Dall'altro Guarneri, che in quella stessa luce ha trovato non una scena da illuminare, ma un ritmo da ascoltare composto da vibrazioni minime, trasparenze sottilissime, movimenti che sfuggono alla fretta dello sguardo quotidiano. Tra la luce che irrompe di Rembrandt e il quasi impercettibile di Guarneri, in mezzo c'è il visitatore, chiama per completare questo racconto silenzioso.
Urbino diventa allora il luogo perfetto per questo incontro: una città che ha inventato la prospettiva moderna e che oggi invita di nuovo a guardare in modo diverso, a fermarsi e lasciare che l'occhio si abitua al quasi impercettibile. E il dialogo che nasce tra il chiaroscuro teatrale di Rembrandt e la luce rarefatta di Guarneri è un viaggio attraverso due modi radicali di immaginare cosa significa vedere.
Riccardo Guarneri (Firenze, 1933) è tra le figure più importanti della pittura analitica italiana. Dopo gli esordi segnati dalla musica e dall'influenza dell'Informale europeo, dagli anni Sessanta sviluppa una ricerca personale centrata sulla luce, trattata come struttura della superficie pittorica. Le sue opere, costruite attraverso trasparenze, ritmi geometrici e minime variazioni cromatiche, hanno ricevuto grande attenzione dalla critica e dalle istituzioni internazionali. Ha esposto, tra gli altri, alla Biennale di Venezia, alla Kunsthalle di Berna e al Centre Pompidou, affermandosi come riferimento fondamentale per la riflessione contemporanea sulla pittura intesa come spazio percettivo e mentale. (aise)