“Il cavallo bianco, gravido”: a Napoli la prima personale in Italia dell’artista cilena Patricia Domínguez

Patricia Domínguez, il cavallo gravido, 2025. Crediti fotografici Francesco Squeglia. Courtesy the artist e Fondazione Made in Cloister
NAPOLI\ aise\ - Sino al 20 dicembre prossimo la Fondazione Made in Cloister di Napoli ospiterà la prima personale in Italia dell’artista cilena Patricia Domínguez, riconosciuta a livello internazionale per la sua ricerca al confine tra etnobotanica, spiritualità andina e l’avanzata della tecnologia. La mostra, intitolata “Il cavallo bianco, gravido”, è un viaggio tra spiritualità, crisi ecologica e nuove possibili relazioni tra le specie.
Sono la Fondazione Made in Cloister e nonlineare, iniziativa curatoriale indipendente, a presentare il progetto che conclude il primo anno del programma “Rinascita”, dedicato all’esplorazione della trasformazione, del rinnovamento e della resistenza delle specie, sullo sfondo delle molteplici crisi contemporanee.
Allestita nel chiostro cinquecentesco della Chiesa di Santa Caterina a Formiello, sede della Fondazione Made in Cloister e gioiello del Rinascimento napoletano, Il cavallo bianco, gravido rappresenta il debutto espositivo dell’artista in Italia e raccoglie opere realizzate nell’arco di un decennio. Sei video creano altrettanti altari cibernetici all’interno di santuari dedicati all’Acqua, alla Terra, agli Animali, alle Piante e all’Invisibile, dando vita a un compendio di miti e di riti nei quali si intrecciano cosmologie radicalmente differenti. Serpenti e tucani, rose e droni, manufatti precolombiani e iconografie corporate popolano il paesaggio sacro dell’artista, che oggi abita il chiostro della Chiesa di Santa Caterina a Formiello.
“In questa mostra abbiamo scelto di esporre sei video che ho realizzato negli ultimi 10 anni”, spiega l’artista. “È la prima volta che vengono mostrati contemporaneamente nello stesso spazio, formando una sorta di treccia planetaria, in cui ogni video è un nodo, una trance onirica attraverso la realtà del Sud America, dove la spiritualità, la vicinanza agli animali, la siccità causata dalla privatizzazione dell’acqua e la digitalizzazione della vita, coesistono in una ballata di lutto ecologico, ma anche di speranza e di rituale artistico, per attivare legami emotivi con questi esseri terrestri”.
“Questi video”, prosegue Patricia Domínguez, “sono i miei rituali artistici per connettermi e rieducarmi su come entrare in relazione con animali, piante e macchine in un modo spirituale che onori la memoria planetaria, la compassione e le alleanze interspecie, vivendo in Sud America e in tempi di estinzione di massa e di digitalizzazione della vita. Nel chiostro abbiamo costruito santuari artistici fatti di luce, suono, sculture, ex voto e acquerelli, così che i visitatori possano viverli come altari e connettersi con le entità dei video”.
Il titolo della mostra prende ispirazione da un frammento dell’affresco emerso dal restauro del chiostro: un cavallo bianco che, grazie al prezioso intervento di restauro, è tornato a vivere dopo l’abbandono e la rovina dello spazio. In passato, capitato per caso dentro la narrazione della martire egizia Caterina d’Alessandria, questo splendido compagno di viaggio, si fa oggi simbolo di liberazione, gravido di nuove possibilità di resistenza e di dissenso.
“Con il programma Rinascita la Fondazione riafferma la propria missione: operare a ché arte, comunità e memoria possano radicarsi e trasformare il territorio. Abbiamo scelto di dare tempo: tempo ai processi artistici, al dialogo con la comunità, al radicarsi delle idee”, afferma Eleonora De Blasio, direttrice della Fondazione Made in Cloister. “Il programma, nato in collaborazione con nonlineare, iniziativa curatoriale indipendente, parte dalla convinzione che l’arte possa attivare pratiche di rigenerazione, intrecciandosi con la vita quotidiana e con il tessuto della città. Ogni progetto di Rinascita è un invito a pensare il cambiamento come processo collettivo, dove spazio, artisti e persone si trasformano insieme”.
“Il chiostro stesso”, prosegue la direttrice, “rinato più volte nei secoli, è la metafora di ciò che intendiamo per rinascita: la capacità di accogliere nuove forme senza perdere memoria. Ogni nuova produzione qui non solo trasforma lo spazio, ma ne rivela anche la dimensione sacra: la possibilità che dalle pietre del passato germoglino visioni del futuro. In questo orizzonte si inserisce Il cavallo bianco, gravido, di Patricia Domínguez, interamente prodotta a Napoli in dialogo con artigiani locali. Un incontro che intreccia tradizione e immaginazione di futuri possibili, rafforzando la vocazione della Fondazione: mettere in dialogo il patrimonio della città e l’energia creativa contemporanea”.
“Accogliere artisti internazionali significa aprire il chiostro a mondi diversi, riconfermandolo come luogo di scambio e di rinascita. Con la collaborazione di Patricia Domínguez, la Fondazione rinnova la propria missione: dare voce a pratiche artistiche che sanno unire immaginazione e cura, visione e comunità”, conclude la direttrice.
“nonlineare è nata con l’obiettivo di resistere alla frammentazione del mondo, riaffermando una mentalità cooperativa, coltivando un pensiero e una creatività genuini per superare le divisioni disciplinari, epistemiche e geostrategiche”, spiega per l’associazione Teresa Iarocci Mavica. “Dopo la mostra collettiva Il Sol dell’Avvenir e il Sunposium, questo nuovo capitolo del programma Rinascita indaga la dissoluzione dei confini tra le forme di vita, mettendo in dialogo i saperi ancestrali indigeni con le logiche di appropriazione e sfruttamento del tardo capitalismo e il degrado ambientale che ne consegue. Il cavallo bianco di Patricia Domínguez è un monito per ricordare che la rinascita è possibile senza rifiutare la contaminazione, bensì imparando a metabolizzarla, ripensando e ricodificando la tossicità in nutrimento, attraverso la paziente alchimia della resistenza delle specie”.
Il chiostro, punto di partenza del progetto di riconversione Made in Cloister, è trasformato in uno spazio di produzione culturale, aperto alla città. Le residenze per artisti costituiscono una parte fondamentale del programma e consentono un'immersione ponderata nel contesto locale, creando una complessa rete di significati che collegano luogo, ambiente, architettura, storia e comunità.
Patricia Domínguez (Santiago del Cile, 1984), dopo essersi formata in America, oggi vive e lavora a Puchuncaví, in Cile. Tra video, sculture e installazioni simili a santuari, le sue opere intrecciano etnobotanica, rituale e immaginari tecnologici, trasformando lo spazio in un luogo di guarigione e visione. La sua pratica è un esercizio di hacking materiale: se il digitale riduce ciò che è vivo a pixel senza memoria, Domínguez compie il gesto opposto, restituendo materia al virtuale e collegandolo alle memorie ancestrali — come pixel che cadono dal cielo. Ha esposto in istituzioni di altissimo livello (MoMA, Hammer Museum, Gropius Bau, New Museum, Wellcome Collection, Gasworks, Frieze London, TBA21, ecc). (aise)