L’esperienza umana di Margaret Bourke-White ai Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia

REGGIO EMILIA\ aise\ - Le sale affrescate dei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia sono la straordinaria sede della mostra “Margaret Bourke-White. L’opera 1930-1960”, promossa dalla Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia in collaborazione con CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia. L’esposizione, a cura di Monica Poggi, si è aperta sabato, 25 ottobre, ed è in programma sino all’8 febbraio 2026.
Un percorso affascinante che attraverso oltre 150 fotografie ripercorre il lavoro, la vita e l’esperienza umana di Margaret Bourke-White (New York, 14 giugno 1904 – Stamford, 27 agosto 1971), testimone instancabile del suo tempo e pioniera capace di superare barriere e confini di genere.
Dalla copertina del primo numero della leggendaria rivista Life (1936), agli iconici ritratti a Stalin e a Gandhi, dai reportage sull’industria americana ai servizi realizzati durante la Seconda guerra mondiale in Unione Sovietica, Nord Africa, Italia e Germania, dove documenta l’entrata delle truppe statunitensi a Berlino e gli orrori dei campi di concentramento. Costretta ad abbandonare la fotografia a causa del morbo di Parkinson, dal 1957 Bourke-White si dedicherà alla sua autobiografia, Portrait of Myself, pubblicata nel 1963. Morirà nel 1971 a causa delle complicazioni della malattia.
Suddivisa in 6 sezioni tematiche, l’esposizione ripercorre, oltre alle tappe salienti della carriera di Margaret Bourke-White, anche la profonda umanità e l’incredibile forza del suo carattere. Donna libera e anticonformista Bourke-White seppe imporsi in un mondo dominato dagli uomini, diventando negli anni Trenta una delle figure femminili più celebri d’America. Con uno sguardo capace di passare dall’imponenza industriale alla vulnerabilità dell’essere umano, l’artista ha saputo coniugare sensibilità artistica e coraggio civile, lasciando un segno profondo nella storia della fotografia del Novecento.
LA MOSTRA
Il percorso espositivo si apre con uno dei momenti iconici della carriera di Bourke-White, quello de I primi servizi di ‘Life’, inaugurati il 23 novembre 1936 quando la celebre rivista americana, per il suo numero d’esordio, scelse un suo scatto della diga di Fort Peck, di cui erano appena stati ultimati i lavori. La fotografia, espressione dello sguardo poetico con cui l’autrice guardava agli edifici industriali, segnava una celebrazione degli ideali di rilancio economico del New Deal e insieme marcava un punto di svolta professionale per il genere femminile, in precedenza sottovalutato.
L’incarico arrivò in seguito all’esperienza maturata negli anni Venti, in cui l’artista, muovendosi tra New York e Cleveland, realizzò diversi reportage sulle industrie americane, di cui una selezione è esposta nella sezione L’incanto delle fabbriche e dei grattacieli. Se ancora studentessa (di biologia) alla Columbia University vendeva gli scatti ai compagni per mantenersi gli studi, la svolta vera e propria risale al 1929, quando l'editore Henry Luce la invitò a contribuire alla nascita della rivista illustrata Fortune.
Il suo stile, dove riecheggiano visioni cubiste, espressioniste e romantiche, è paradossalmente racchiuso in una foto del 1935 che le scattò il collega Oscar Graubner, che la vede accovacciata su uno dei grandi gargoyle del Chrysler Building di New York, dove viveva e lavorava, mentre senza alcuna protezione fotografa dall’alto la città sottostante.
Ritrarre l’utopia in Russia espone invece un distillato dei reportage che Bourke-White, in qualità di prima fotografa straniera ammessa in Unione Sovietica, dedicò ai piani quinquennali di Stalin (1929-1933) e lo sviluppo industriale dell’URSS, con le immagini delle fabbriche e dei lavoratori che avrebbero dovuto rendere il Paese una potenza mondiale, oltre a un ritratto del leader comunista. Da qui a Cielo e fango, le fotografie della guerra, sezione che ripercorre gli anni del conflitto: dai fronti europei, sovietici e africani ai campi di concentramento nazisti, su tutti Buchenwald, dove la fotografa entrò il giorno dopo la liberazione dei prigionieri, fino alla testimonianza dell’avanzata americana in Italia, con le immagini scattate sugli Appennini emiliani.
Ormai tra le donne più famose degli Stati Uniti e punto di riferimento per il fotogiornalismo, è in prima linea nel testimoniare i maggiori conflitti degli anni Quaranta-Cinquanta, come raccontato nella sezione Il mondo senza confini: i reportage in India, Pakistan e Corea. Prediligendo la posa alla presa diretta, più cara ad autori come per esempio Robert Capa, Bourke-White riusciva a trasformare anche le persone più umili in attori universali, celebrando così non solo personaggi iconici come Gandhi, che pure ritrasse intento nella lettura.
L’ultima parte della mostra, Oro, diamanti e Coca-Cola, dove dal bianco e nero si passa al colore, si concentra sul tema delle diseguaglianze e del razzismo, che l’artista ha denunciato dagli Stati Uniti al Sudafrica, dando voce ai soggetti più poveri ed emarginati, che si tratti delle comunità segregate nella Carolina del Sud negli anni Cinquanta o delle vittime della crudeltà dell’apartheid, come i minatori sfruttati per l’estrazione delle pietre preziose. Scatti resi ancora più drammatici dal confronto con le immagini che arrivano dall’altra parte di mondo, dove le persone iniziavano a godere dell’abbondanza determinata dalla società consumistica, rappresentata da tavole imbandite e dalla bevanda americana per eccellenza, la Coca-Cola, senza che il benessere economico riuscisse però a cambiare davvero la struttura segregazionista di gran parte della società.
Per entrare nel mondo di Margaret Bourke-White e approfondire i molteplici aspetti della storia che la sua fotografia racconta, la Fondazione Palazzo Magnani propone anche un ciclo di incontri pubblici da novembre a febbraio, con alcuni tra i più autorevoli specialisti del cosiddetto “Secolo americano”. Un’occasione per esplorare i caratteri storici, culturali, ideologici, economici e sociologici che hanno segnato il Novecento e che ancora oggi influenzano profondamente la cultura e la società contemporanea. (aise)