Vinitaly.USA: vino italiano pilastro economico nei rapporti tra Italia e USA

CHICAGO\ aise\ - Il vino italiano come pilastro economico nei rapporti tra Italia e Stati Uniti. Questo uno dei temi chiave dell'incontro avvenuto oggi, 6 ottobre, a Vinitaly.Usa, nel corso del wine2wine Business Forum. All'evento vi hanno preso parte le istituzioni italiane, le imprese tricolori del vino ma anche del trade americano che si oppone alle nuove tariffe, a partire dai distributori Usa della Wswa fino alla U.S. Wine Trade Alliance.
Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, infatti, le imprese italiane registrano un fatturato annuo di oltre 2,2 miliardi di dollari dalle vendite negli Stati Uniti, ma per i partner commerciali USA il bottino sale a più di 10 miliardi di dollari.
Per questo il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, ha spiegato di aver puntato su una piattaforma come Vinitaly.USA "pensata per mettere al centro business, dialogo e confronto per proteggere e rilanciare questo patrimonio in un contesto di mercato e commerciale difficile".
Secondo i dati dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly (base Sipsource), nonostante la gran parte dei consumi di vino negli Stati Uniti sia rappresentata da prodotti domestici (pari al 70% dei volumi consumati), le etichette italiane si posizionano al primo posto tra le bottiglie estere stappate con una quota di mercato pari al 38%, seguite a distanza dai vini australiani, neozelandesi, francesi e cileni. Ma questo primato tricolore non produce fatturato solo in Italia. Ogni dollaro speso in vino italiano ed europeo, infatti, genera 4,5 dollari di valore per l’economia statunitense.
Un effetto moltiplicatore che testimonia la profondità di un legame costruito in oltre 50 anni di storia commerciale. Secondo i dati forniti dalla piattaforma internazionale per la ricerca di importatori e distributori di vino Vinaty, attualmente negli Stati Uniti operano oltre 1.000 aziende registrate come importatori di vino, molte delle quali impegnate nell’importazione di vini italiani ed europei. A queste si aggiungono altrettanti distributori e grossisti, oltre a 2.000 rivenditori. Sul fronte della ristorazione, la sola industria di ristoranti italiani negli Usa vale, secondo IBISWorld, 95 miliardi di dollari l'anno e conta oltre 62 mila imprese.
E, secondo lo studio, i vini italiani sono decisivi anche per l’economia di tutti i ristoranti degli Stati Uniti, sia in termini di presenza che di apprezzamento da parte dei consumatori. Per fare alcuni esempi, il Prosecco, oggi il prodotto di punta per il made in Italy enologico, è presente nel 41% dei menu americani (analisi di Italian Wine Podcast in collaborazione con Somm.ai), ma anche i rossi toscani sono molto richiesti. Nel 2024 le importazioni di vino italiano dagli Stati Uniti hanno sfiorato quota 2,3 miliardi di dollari, con 354 milioni di litri venduti, l’equivalente di oltre 470 milioni di bottiglie da 0,75 litri. Numeri che fanno della piazza statunitense il primo mercato di sbocco per l’ecosistema del vino italiano (530mila aziende e 800mila addetti), con una quota a valore pari al 24% sull’export totale tricolore.
Secondo il “2025 Economic Impact Report” di Wine America, infine, l’impatto annuale (diretto, indiretto e indotto) del vino negli Stati Uniti è di 144,4 miliardi di dollari, di questi – stando alla stima elaborata dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly – quasi 19 miliardi di dollari sono generati dal vino italiano.
E in chiusura della prima giornata di Vinitaly.USA e di wine2wine Vinitaly Business Forum, sono state annunciate centocinquanta cantine per tre categorie inedite di Operawine.
Da quest’anno, infatti, la storica testata di riferimento mondiale per il comparto ha potenziato l’attesa lista (che conta 20 produttori in più rispetto al 2025 e 25 new entry assolute nella selezione) introducendo una nuova classificazione tra “Legacy Icon”, “Classic” e una terza categoria riservata per il 2026 alle “New Voices”. Questa rivoluzione nei criteri di selezione e nei 150 produttori partecipanti è stata annunciata per la prima volta negli Stati Uniti.
A riservarsi la menzione tra le “Legacy Icon”, annunciate dalla senior editor e tasting director della rivista, Alison Napjus, sono le 31 cantine che hanno partecipato a tutte le edizioni di OperaWine. Si tratta di produttori che, grazie ad una costante attenzione all’eccellenza qualitativa dei loro prodotti, hanno avuto un impatto storico sul vino italiano. Seguono nella lista 69 “Classic”, produttori leader nelle loro regioni, con un curriculum qualitativo importante. Tra le “New Voices” spiccano infine 50 cantine fondate a partire dal 1990, selezionate per la loro capacità di garantire qualità, innovazione e una continua evoluzione del vino italiano. Complessivamente, si contano 45 nuove cantine rispetto all’edizione 2025. Sul fronte della rappresentatività, è la Toscana la regione a detenere il primato degli ambasciatori del vino italiano (quasi un terzo, a quota 48), seguita da Piemonte (24), Sicilia (15) e Veneto (12).
“OperaWine è un evento simbolo e rappresenta la nostra unica degustazione internazionale – ha dichiarato Alison Napjus nel corso della presentazione della lista delle aziende di OperaWine 2026 a Chicago -. Per me e per Bruce Sanderson, senior editor, le cantine protagoniste a Verona sono sempre fonte di ispirazione ed esplorazione dei vini italiani, selezionati nei nostri blind tasting. Per l’anno prossimo - ha proseguito - abbiamo ampliato la rappresentatività dell’eccellenza qualitativa del vino italiano, introducendo solo per il 2026 le “New Voices”, con l’obiettivo di individuare nuove categorie tematiche per le successive edizioni. Ringraziamo Veronafiere-Vinitaly per la fiducia accordata a Wine Spectator. Da parte nostra, siamo felici di poter mettere in luce questi produttori straordinari durante l’evento a Verona e di presentarli ai 3,5 milioni di lettori della nostra rivista in tutto il mondo”. (aise)